13 Maggio 2024
Da Dinamo Press
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L’idea di realizzare un ponte che unisse la Sicilia alle coste della Calabria venne per primo al re Ferdinando II delle Due Sicilie. Restò solo un’idea, della quale si continuò a parlare anche dopo l’unità d’Italia, quando si valutò anche la possibilità di un collegamento sottomarino, analogo a quello che Napoleone immaginava di realizzare sotto la Manica per unire la Francia all’Inghilterra.

Il primo vero progetto di ponte sospeso fu presentato da un gruppo di ingegneri delle ferrovie nel 1883, ma le condizioni sismiche della zona, testimoniate dal terremoto che si era verificato in Calabria nel 1783 e confermate da quello di Messina del 1908, costrinsero tutti a valutare i rischi della costruzione di un ponte.

Così per decenni si alternarono le proposte di ponti e tunnel sottomarini, fino al 1955 quando alcune imprese di costruzioni (Fiat, Pirelli, Italcementi, Finsider, Italstrade) costituirono il Gruppo Ponte di Messina S.p.A. per realizzare studi per la costruzione di un collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia e il continente. Nel 1981 il gruppo diventerà la società concessionaria Stretto di Messina S.p.A. (Italstat e IRI con il 51%, Ferrovie dello Stato, ANAS, Regione Sicilia e Regione Calabria con il 12,25% ciascuno) con la competenza esclusiva della progettazione dell’opera, della realizzazione e dell’esercizio.

Cgioco da Commons.wikimedia.org

Intanto nel 1969 il Ministero dei Lavori Pubblici aveva bandito un “Concorso internazionale di idee” per un progetto di attraversamento dello Stretto, stanziando un fondo di 3,2 miliardi di lire per gli studi preliminari. Furono presentati 143 progetti da studi di progettazione di tutto il mondo. La commissione giudicatrice composta da esperti di ogni disciplina assegnò 12 premi, 6 primi premi e 6 secondi premi ex aequo.

Fra i progetti vincitori c’era quello presentato da un gruppo inglese diretto da Alan Grant, che proponeva un tunnel immerso nell’acqua a venti metri sotto la superficie ancorato al fondo con cavi di acciaio e libero di rispondere a eventuali scosse sismiche. Ipotesi molto più economica delle altre e di minore impatto ambientale.

Altre soluzioni proposte prevedevano ponti sospesi a campata unica, a due, tre e quattro campate. Gli esiti del concorso furono ignorati, mentre il progetto redatto dal Gruppo Ponte di Messina S.p.A. che prevedeva una campata unica di 3.300 metri diventò la base per sviluppare negli anni ’80 e ’90 il progetto preliminare per la gara d’appalto.

La campagna elettorale del 2001, che vedeva contrapposti Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli, fu segnata dalla posizione di entrambi favorevole alla costruzione del ponte sullo Stretto. Fu il terzo governo Berlusconi ad assegnare nel 2006 la costruzione del ponte a Eurolink, capitanata da Impregilo S.p.A. che aveva presentato un’offerta per 3,88 miliardi di euro.

L’anno dopo il nuovo governo guidato da Prodi bloccò di nuovo tutto l’iter, che ripartì con il nuovo governo Berlusconi, il quale dichiarò che i lavori sarebbero iniziati nel 2010 per concludersi nel 2016. Il costo previsto per l’opera era intanto diventato di 6,1 miliardi di euro.

Non successe quanto previsto perché a febbraio 2013 il governo Monti dichiarò il progetto chiuso per mancanza di fondi e avviò la proceduta di liquidazione della società Stretto di Messina che si sarebbe dovuta completare nel 2014. Ancora oggi la procedura non si è conclusa, per la pendenza di questioni irrisolte. La società chiede 300 milioni allo Stato per le attività che ha svolto, mentre in tribunale di deve difendere dalle richieste dei fornitori non pagati. Adesso per riavviare la realizzazione del ponte decisa dal governo Meloni è prevista la riattivazione della società.

Intanto in tutti questi anni la società non ha lavorato gratis. Il personale incaricato di gestire la procedura di liquidazione è costato 214mila euro l’anno di stipendi, al quale vanno aggiunti i costi per il compenso del commissario nominato, per il collegio sindacale, per la società di revisione, per le spese legali…

Il 16 marzo del 2023 il governo Meloni con decreto legge ha stabilito la realizzazione del Ponte sullo Stretto, il MIT stima un costo per la realizzazione dell’opera e di tutte le opere complementari di 15 miliardi di euro. L’inizio dei lavori è fissato nel 2024.

Le nuove norme hanno previsto adeguamenti sulla compagine azionaria, sulla governance nonché sul riavvio delle attività progettuali.

Quest’opera, definita eccezionale, per la quale si sono accumulate soluzioni e proposte e per la quale sono stati spesi fondi immensi non ha mai visto la luce. Contemporaneamente in altre parti del mondo venivano realizzati collegamenti fra sponde limitrofe in pochi anni e con costi sicuramente più contenuti.

L’Euro Tunnel sotto la Manica lungo 50 chilometri che consente un collegamento ferroviario fra la Francia e il Regno Unito è costato 11 miliardi di euro, i lavori sono iniziati nel 1987 e l’inaugurazione è avvenuta il 6 maggio del 1994, con la presenza della Regina Elisabetta e del presidente François Mitterand .

Il ponte dei Dardanelli in Turchia lungo 5 chilometri e con una luce di 2 chilometri fra le due torri portanti è stato iniziato nel 2017 e finito nel 2022.

Il ponte sullo stretto di Akashi in Giappone è lungo 3,9 chilometri, e la sua campata principale è lunga 1.991 metri. È stato inaugurato il 5 aprile 1998 dopo dieci anni impiegati per la costruzione con un costo 3,6 miliardi di dollari.

Il “nostro” Ponte sullo Stretto invece non c’è, ma è costato finora 300 milioni di euro. Alla sua realizzazione si oppongono da sempre le realtà locali. Il movimento #No Ponte, costituito da comitati, singoli cittadini e movimenti della Sicilia nasce negli anni 2000, per opporsi alla devastazione ambientale e alle attività speculative legate a questa grande opera.

Nell’ultimo anno l’opposizione al Ponte si è rianimata, intorno a richieste più ampie che riguardano non solo la salvaguardia del territorio, ma anche la contrarietà a un modello di sviluppo che spaccia per progresso ogni grande opera. Ad agosto del 2023 una grande manifestazione ha chiesto di potenziare le infrastrutture del tutto carenti in Sicilia, la messa in sicurezza della rete idrogeologica e il potenziamento del servizio sanitario, rifiutando la definizione di “ponte green” per quella infrastruttura che distruggerà gli ecosistemi e la biodiversità su un’area di straordinaria importanza ecologica e paesaggistica.

Anche sull’altra sponda dello Stretto si è formata la rete No Ponte Calabria, per opporsi agli espropri che partiranno appena sarà approvato il progetto definitivo, per il quale il comitato scientifico ha espresso parere positivo, ma segnalando ben 68 punti critici. Ha chiesto maggiori verifiche sugli effetti del vento e della resistenza sismica, insieme alle analisi sui materiali che saranno utilizzati. Non proprio dettagli irrilevanti!

Intanto chi si oppone si organizza. Per il 18 maggio è stata convocata una grande manifestazione che partirà alle 9,30 dalla stazione di Villa San Giovanni con lo slogan che unifica le due sponde: “Difendiamo lo Stretto, difendiamo il nostro futuro”.

La contestazione al Ponte sullo Stretto di Messina rappresenta non solo un’opposizione a un singolo progetto, ma una sfida più ampia a una visione di sviluppo che trascura le esigenze reali delle persone e dell’ambiente. È un invito a ripensare i modelli di sviluppo, a privilegiare le soluzioni che promuovono la giustizia sociale e la sostenibilità.

Nel manifesto di convocazione scrivono: «Dopo decenni di depredazione del meridione e della Calabria in cui è stata smantellata la sanità, i servizi sono stati ridotti al di sotto del livello di sopravvivenza e l’economia è stata impoverita determinando l’emigrazione forzata di intere generazioni, adesso vorrebbero realizzare un’opera priva di qualsiasi utilità pubblica, il tanto famigerato Ponte sullo Stretto che, quand’anche fosse realizzabile, non servirebbe né alla Calabria né alla Sicilia».

L’immagine di copertina è di Giordano Pennisi – Scatto Mancino

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Fonte: Dinamopress.it