Michele Alboreto: biografia e carriera in Formula 1 | Quattroruote.it
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Michele Alboreto


Michele Alboreto
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Michele Alboreto è stato il più grande pilota italiano degli ultimi decenni. Un ragazzo gentile ed educato, capace però di trasformarsi totalmente una volta abbassata la visiera del casco, tanto da arrivare anche in Ferrari in un periodo in cui le Rosse sembravano un sogno proibito per i piloti italiani.

La scalata verso la F1. La storia del campione gentiluomo inizia nel 1976: Michele ha già vent'anni, un diploma di perito industriale in tasca e un lavoro da dipendente. Ha anche un'età piuttosto insolita per iniziare a correre, rispetto a quanto accade solitamente. Soldi pochi, quasi niente, ma passione tanta. Frequenta la pista di Monza ed è lì che la Scuderia Salvati - squadra dedita alla formazione di giovani piloti - vede in lui un talento genuino, tanto da mettere mani al portafogli per portarlo a competere nella Formula Italia nel 1978 dopo le prime esperienze avute in Formula Monza. Dopo una vittoria e il quarto posto in classifica generale, per Michele Alboreto si aprono le porte della Formula 3 dove gareggia negli anni seguenti, conquistando il titolo di campione d'Europa nel 1979 nonostante una vettura scarsamente competitiva. Su di lui mette gli occhi Cesare Fiorio che riesce a portarlo alla Lancia Corse, nel programma endurance: Alboreto disputa quattro gare conquistando il secondo posto alla 1000 km di Brands Hatch in coppia a Eddie Cheever e ripetendosi anche alla 6 Ore del Mugello e alla 6 Ore di Watkins Glen. Pur continuando nell'endurance anche per il 1981, Alboreto non si fa scappare l'occasione di fare capolino contemporaneamente in Formula 2 e Formula 1.

Pupillo di Ken Tyrrell. A Michele Alboreto è bastato davvero poco per farsi apprezzare come pilota ed entrare nel professionismo sportivo, ma è con l'arrivo in Formula 1 che si conquista anche l'amore del grande pubblico. Nel 1981 debutta al Gran Premio di San Marino a bordo della Tyrrell, dove ritrova Eddie Cheever come compagno di squadra. La vettura non è competitiva e Michele riesce a tirare fuori solo un piazzamento al nono posto al GP d'Olanda, chiudendo la stagione senza punti, ma guadagnandosi la fiducia della squadra anche per il 1982. Questa volta le cose girano per il meglio: nelle prime quattro gare si porta a casa due quarti posti e la soddisfazione del primo podio al Gran Premio di San Marino. Dopo una buona serie di risultati, la ciliegina sulla torta arriva all'ultimo appuntamento stagionale, al GP di Las Vegas, dove Michele Alboreto ottiene la sua prima vittoria in carriera, confermando con i risultati quanto di buono si raccontava di lui nel paddock. Per la stagione 1983, Alboreto fatica per colpa di un motore Cosworth poco potente, ma il milanese riesce comunque a tornare sul gradino più alto del podio nell'appuntamento di Detroit, a metà stagione, rilanciando le proprie quote sul mercato piloti. Per il 1984, Enzo Ferrari gli offre l'opportunità di diventare un pilota del Cavallino Rampante e Michele Alboreto non perde l'occasione.

Gli anni a Maranello. Nonostante le grandi aspettative e i buoni risultati dei test invernali, la Ferrari 126 C4 non è all’altezza della situazione. Al terzo appuntamento stagionale in Belgio, però, Alboreto si toglie la soddisfazione di portare la Rossa sul gradino più alto del podio, tributato da tifosi e dalla stampa italiana. Al netto dei problemi di affidabilità, il milenese mette insieme altri tre piazzamenti a podio: un terzo posto in Austria e due secondi posti al GP d'Italia e a quello d'Europa. Al termine della stagione chiude quarto nel Mondiale. Il Mondiale 1985 è quello della svolta per il riservato ragazzo milanese alla guida della Ferrari. La 156-85 è una vettura completamente nuova rispetto alle ultime del Cavallino, in controtendenza con le scelte fatte nel recente passato su motore e aerodinamica. La stagione inizia bene: Alboreto è secondo in Brasile e Portogallo, mentre a San Marino è costretto al ritiro per un problema tecnico. Si rifà a Monaco, dove è nuovamente secondo, mentre al Gran Premio del Canada sbaraglia la concorrenza e alza il trofeo del vincitore. Alboreto sembra essere un serio candidato per la vittoria del campionato e i successivi risultati lo consacrano per la lotta finale. Vince anche il Gran Premio di Germania - e sarà il suo ultimo successo in F1 - ed è proprio dopo questo evento che inspiegabilmente iniziano a rompersi pezzi delle turbine provenienti dalla stessa azienda tedesca che fornisce la rivale McLaren-Porsche. Enzo Ferrari si insospettisce e fa analizzare quei pezzi: non riscontrando difetti, si convince siano però qualitativamente inferiori. Così, anche contro il parere dei suoi tecnici, decide di cambiare fornitore in favore delle turbine americane Garrett. Il risultato, com’era prevedibile, è devastante: Alboreto non riesce a fare punti nelle ultime cinque gare, collezionando un filotto di quattro ritiri consecutivi: il sogno del titolo iridato va in fumo, a favore di Alain Prost.  Probabilmente, quella decisione discutibile di Enzo Ferrari segna le sorti del suo pilota in una sorta di effetto sliding doors. La parentesi ferrarista si conclude nel 1988, proprio nell’anno della morte di Enzo Ferrari.

Poche altre soddisfazioni. Alboreto resta in Formula 1 gareggiando nuovamente con la Tyrrell, con la Lola, la Footwork e la Minardi, senza però ottenere mai risultati degni del suo talento. Nei 194 GP di F1 disputati ottiene solo cinque vittorie, due pole, nove secondi posti e nove terzi posti: molto meno di quanto avrebbe meritato.

Il ritorno all’endurance. Dopo la lunga esperienza in Formula 1, Michele Alboreto torna a correre con vetture a ruote coperte. Dopo una breve parentesi senza soddisfazioni nel DTM insieme all'Alfa Romeo, il milanese prende parte nel 1995 anche al campionato IMSA dove ottiene due pole, una alla 24 Ore di Daytona e l'altra alla 12 ore di Sebring. Nel 1996 debutta nella Formula Indy dove chiude la sua prima gara al quarto posto. Negli anni successivi prende parte a poche gare: nel 1997 si concentra esclusivamente sulla 24 Ore di Le Mans e conquista la vittoria insieme a Stefan Johansoon e Tom Kristensen con la TWR-Porsche del team Joest Racing. Nel 1999 diventa un punto di riferimento per Audi Sport e il team Joest, con cui partecipa a diverse gare fino al 2001. L'ultima vittoria alla 12 Ore di Sebring, insieme a Capello e Aiello.

Il triste epilogo. Alboreto se ne va senza far rumore, in un pomeriggio d'aprile del 2001. Il 25 aprile, per l'esattezza. Mentre si trova al volante della nuova Audi R8 Sport in preparazione della 24 Ore di Le Mans, la vettura scarta improvvisamente lungo il rettilineo del Lausitzring, esce di strada e si capovolge. Un incidente terribile causato - si accerterà più avanti - dallo scoppio della ruota anteriore sinistra. Michele Alboreto muore sul colpo. All’ultimo commosso saluto prendono parte oltre duemila persone, tra cui diversi suoi colleghi e amici.