Il costruttore può vendere gli appartamenti a prezzi differenti?
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Il costruttore può vendere gli appartamenti a prezzi differenti?

22 Aprile 2024 | Autore:
Il costruttore può vendere gli appartamenti a prezzi differenti?

Chi decide il prezzo di una vendita immobiliare? Come fare se il prezzo di vendita si abbassa dopo la firma del compromesso?

Dopo aver firmato un compromesso per l’acquisto di un appartamento in un edificio in costruzione, ti accorgi che, una volta terminati i lavori, il costruttore ha abbassato i prezzi. Le nuove unità abitative vengono ora vendute a un corrispettivo “per metro quadro” inferiore rispetto a quello concordato inizialmente con te. Questa situazione solleva dubbi sulla liceità di tale pratica e ti fa interrogare sulla possibilità di annullare il compromesso a causa di questa variazione. Ti domandi se il costruttore può variare i prezzi degli appartamenti dopo aver già definito alcune delle condizioni, come appunto il prezzo, in precedenti contratti. Inoltre, consideri la possibilità di rifiutare di sottoscrivere il rogito, ovvero il passaggio definitivo di proprietà mediante atto notarile, evitando così la compravendita. Cerchiamo di fare chiarezza su tale interessante questione.

Prima di tutto, è importante chiarire cosa si intende per “compromesso”. Tecnicamente, quest’ultimo è il cosiddetto “contratto preliminare”, ossia l’accordo con cui le parti si impegnano a stipulare la successiva compravendita, della quale hanno già fissato in esso le principali condizioni (bene, prezzo, modalità di pagamento, ecc.).

Scopo del compromesso è vincolare le parti, ossia obbligarle a stipulare la successiva compravendita dinanzi al notaio, anche chiamata “contratto definitivo” o più semplicemente “rogito”. Il suo fine è quindi di “bloccare l’affare” e impedire al venditore e all’acquirente un eventuale ripensamento. Difatti, una volta firmato il contratto preliminare, non si può più tornare indietro salvo in caso di grave inadempimento di una delle due parti (ad esempio, qualora il venditore abbia taciuto la presenza di un abuso insanabile).

Il compromesso deve essere redatto necessariamente per iscritto: con scrittura privata nella generalità dei casi o tramite atto notarile per gli immobili in costruzione. Va poi registrato. La sua trascrizione è facoltativa e serve a tutelarsi da eventuali fallimenti del venditore o dalla vendita dello stesso immobile a terzi (in questi casi prevale chi ha trascritto per primo l’atto).

Detto atto, inoltre, non va confuso con la proposta di acquisto, che di solito viene formalizzata su un modulo standard proposto dall’agente immobiliare o dal costruttore stesso.

Un elemento essenziale del compromesso è il prezzo. Ma che succede se l’acquirente dovesse ritenerlo, in un momento successivo alla firma di tale atto, eccessivo e fuori mercato? Ebbene, come anticipato sopra, uno degli scopi del compromesso è fissare il prezzo di vendita, evitando appunto, in attesa della stipula del contratto definitivo, l’alea correlata all’andamento del mercato.

L’articolo 1467 del Codice civile stabilisce che un contraente può richiedere la risoluzione del contratto se la sua prestazione diventa eccessivamente onerosa a causa di eventi eccezionali e imprevisti. La risoluzione ha effetto retroattivo: essa cioè, ai sensi dell’art. 1458 del Codice civile, annulla il contratto come se non fosse mai stato stipulato.

Tuttavia, per ottenere la risoluzione per “eccessiva onerosità sopravvenuta” (questo è il termine tecnico), è necessario che si verifichino contemporaneamente due condizioni:

  • un significativo squilibrio tra le prestazioni originariamente concordate tra le parti e da queste non prevedibile in precedenza;
  • l’aggravarsi dell’onere a seguito di circostanze straordinarie e impreviste, che vanno oltre il rischio normale associato a qualsiasi contratto.

Ebbene, le normali fluttuazioni di mercato o una riduzione dei prezzi nelle offerte successive di vendita di unità immobiliari simili non costituiscono circostanze che rendono la prestazione eccessivamente onerosa per l’acquirente, ovvero il prezzo di vendita precedentemente concordato. Queste sono da considerarsi come tipiche variazioni del mercato immobiliare, che le parti intendono anticipare e gestire attraverso la firma del compromesso.

Nonostante ciò, nulla impedisce che durante la stipula del contratto definitivo, le parti possano concordare un prezzo diverso, anche inferiore, rispetto a quello fissato nel compromesso, poiché il contratto definitivo è l’unico strumento che stabilisce i diritti e gli obblighi relativi all’accordo. In definitiva, il compromesso impegna le parti, ma è il contratto definitivo che concretizza la compravendita, come sottolineato dalla Cassazione nella sentenza n. 20541 del 2017.

Esiste tuttavia una sola eccezione: quella per le “vendite a corpo”. Nella vendita a corpo il prezzo viene determinato in modo unitario, indipendentemente dalla sua estensione o misura. In altre parole, l’acquirente non acquista il bene in base a una specifica unità di misura (ad esempio, il prezzo a metro quadrato), ma lo compra nella sua interezza, indipendentemente dalle sue dimensioni effettive.

Ebbene, l’articolo 1358 del Codice civile stabilisce che, nelle vendite a corpo, se dovesse risultare una differenza tra la misura reale del bene e quella indicata nel contratto superiore a un ventesimo, il compratore ha diritto a una riduzione del prezzo proporzionale all’eccedenza o a recedere dal contratto.

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