Si torna a parlare di Dimona: il cuore del segreto nucleare di Israele - InsideOver

Nelle ultime settimane, la centrale nucleare di Dimona, in Israele, ha riacceso il dibattito sulla capacità atomica dello Stato ebraico. A fine giugno, con la crescente tensione con l’Iran in Siria, le autorità israeliane hanno dato il via al rafforzamento della difesa delle strutture nucleari, in particolare i reattori di Dimona e di Nahal Sorek.

Paura di un attacco

La Difesa teme che un attacco iraniano o di Hezbollah possa andare a colpire proprio queste centrali. Non per creare un disastro nucleare, ma per colpire uno dei punti nevralgici dell’infrastruttura energetica e del presunto arsenale nucleare israeliano. Presunto, poiché, fino a oggi, Israele non ha mai confermato di avere armi atomiche. Anche se le stime parlano di circa 80 testate presenti negli arsenali della Stella di Davide.

La Commissione per l’energia atomica israeliana ha condotto una serie di esercitazioni che avevano come scenario un attacco missilistico. Un’idea da tempo paventata in seno all’amministrazione e che si ritiene possa essere uno scenario plausibile in casi di escalation militare con Hezbollah. Lo stesso leader Hassan Nasrallah aveva più volte ipotizzato un attacco contro la centra di Dimona.

Sempre a giugno, la conferenza degli scienziati nucleari israeliani aveva posto l’accento sulla difesa di Dimona, nel deserto del Negev, considerata un facile obiettivo in caso di guerra contro Teheran. A proposito di questo sito, una ricerca aveva in particolare posto l’attenzione sulla capacità di un missile Scud di danneggiare il reattore anche cadendo in un’area di alcune decine di metri vicino al bersaglio. Lo scudo protettivo costruito interno alle parti più sensibili potrebbe non essere in grado di reggere l’urto.

In questo caso si era parlato di energia nucleare, ma nessuno aveva posto l’accento sulla possibilità che questi siti fossero sensibili in questo parte del presunto programma nucleare israeliano. Ma il dubbio resta. E molti ritengono che, dietro questa fortificazione, vi sia in realtà la paura che venga alla luce la verità su questo arsenale.

Il parlamento respinge l’arrivo degli osservatori

Una verità scomoda per Israele che ha da sempre fondato la sua strategia sul fatto che fosse solo lo Stato ebraico a detenere armi nucleari. La dottrina Begin, il cui scopo è appunto quello di evitare che altri Stati limitrofi posseggano le capacità di arricchire uranio, è stata la base per molte operazioni clandestine. Iraq e Siria sono state colpite proprio al cuore dei loro programmi nucleari nel momento in cui il Mossad ha avuto la prova che vi fosse il rischio di armi atomiche in mano a governi nemici.

Ma Israele ha qualcosa da nascondere? La domanda è stata riportata in auge da una proposta del parlamentare Jamal Zahalka per un monitoraggio internazionale sull’impianto nucleare di Dimona. La Knesset, il parlamento israeliano, ha respinto in blocco la proposta con una maggioranza schiacciante: 73 a 8.

Come scrive il Jerusalem Post, solo i parlamentari della Joint List di Zahalka, la fazione palestinese, hanno votato a favore del disegno di legge. Una proposta che, se approvata, avrebbe costretto Israele a firmare il Trattato sulla non proliferazione nucleare entro un mese per poi sottoporre la struttura di Dimona alla supervisione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica.

“Finché Israele avrà armi nucleari, anche altri Paesi della regione cercheranno di acquisirli, e prima o poi li prenderanno”, ha detto Zahalka. “L’unico modo per evitare che ciò accada è di denuclearizzare l’intero Medio Oriente, incluso Israele”.

La proposta aveva un chiaro valore simbolico. Nessuno, in Israele, si sogna di interrompere un meccanismo politico e strategico come quello che circonda l’arsenale nucleare. Da sempre Israele non conferma di possedere testate anche solo per provocare tensione nell’area e mostrarsi in grado di distruggere qualsiasi nemico. Gli stessi presidenti degli Stati Uniti, come scrisse il New Yorker, hanno un patto con i governi israeliani per evitare di sollevare la questione in sede pubblica.

Lo stesso ministro dell’Energia, Yuval Steinitz, ha risposto alla proposta di Zahalka dicendo che Israele si è assicurato che non ci sarebbero state armi nucleari in Iraq e in Siria e avrebbe assicurato che l’Iran non avrebbe avuto una capacità nucleare. E che la proposta della fazione palestinese non riguardava la sicurezza della popolazione ma solo un valore politico.

I dubbi rimangono

Da un punto di vista politico, è chiaro che la proposta di legge pone dei dubbi su tutta la questione nucleare in Medio Oriente. Israele ha piena legittimità a sviluppare un proprio arsenale nucleare. Ma è difficile giustificare la politica volta a evitare che altri Stati abbiano la stessa capacità quando non si permette agli osservatori internazionali di accedere ai siti nel proprio territorio o quando non si firma il Trattato sulla non proliferazione.

Questo fa parte di una strategia specifica, che è appunto quella dell’ambiguità sul fronte nucleare. Tutti sanno che Israele ha l’atomica, ma nessuno può dirlo con certezza. Tutti ritengono che Dimona sia il cuore del programma atomico israeliano, ma non esiste nessuno in grado di confermarlo.

Una proposta come quella di Zahalka e una bocciatura in massa come quella da parte della Knesset inducono a credere che lo Stato di Israele abbia qualcosa da nascondere: ma se fosse anche questo parte di una strategia? La verità, dopo decenni, rimane ancora sepolta nel deserto del Negev.

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