Rembrandt e i maestri fiamminghi in mostra alla Galleria Sabauda di Torino - La Stampa

Le cornici dorate barocche su fondo blu rendono più auliche le opere: nature morte, paesaggi, soggetti religiosi. Da sabato 11 maggio i Musei Reali di Torino, nella Galleria Sabauda, aprono al pubblico il nuovo allestimento della collezione del principe Eugenio di Savoia Soissons, insieme ai capolavori dei maestri primitivi nordici, alle raccolte di pittura fiamminga e olandese provenienti dagli acquisti effettuati a più riprese dai Savoia tra il XVII e il XIX secolo.

È una delle collezioni di pittura fiamminga e olandese più importanti d’Italia per cronologia e varietà: fin dal Quattrocento il ducato sabaudo arricchisce le sue raccolte con opere di artisti nordici, spesso attivi a corte. L’allestimento, curato da Annamaria Bava e Sofia Villano, progettato da Loredana Iacopino architettura, presenta oltre 180 opere. Si inizia con due sale dedicate alla pittura fiamminga del XV e XVI secolo. Il nucleo dei Primitivi comprende capolavori come “Le stigmate di san Francesco” di Jan van Eyck con luce limpidissima. Il corridoio è riservato alle nature morte. Si entra nel gusto figurativo di Eugenio di Savoia Soissons (Parigi, 1663-Vienna, 1736), stratega geniale e comandante dell’esercito asburgico.

«Raggiunse la fama – racconta Villano – fermando l’avanzata dei Turchi in Europa, come documentano le 10 grandi battaglie che lo ritraggono da Zenta (1697) a Torino (1706) al fianco del cugino Vittorio Amedeo II contro l’assedio francese, fino a Belgrado (1717), dipinte da Jan van Huchtenburg, pittore di corte di Luigi XIV». In ognuna il principe è in basso su un destriero bianco col bastone del comando. Raffinato e colto, radunò una straordinaria collezione d’arte nelle dimore viennesi, Palazzo di Città e Belvedere, immortalate nelle incisioni “Residences memorables de l’incomparable heros de nôtre siècle”, su disegni di Salomon Kleiner. Morì a Vienna nel 1736, lasciando tutto alla nipote Vittoria di Savoia Soissons. Il re di Sardegna Carlo Emanuele III riuscì ad acquistare Nicolas Poussin, Guido Reni e Francesco Albani, capolavori di Antoon van Dyck, Jan Brueghel il Vecchio, Paul Bril, Gerrit Dou, Jan Griffier, Paulus Potter e David Teniers.

«L’eccezionale collezione di pittura del principe Eugenio – spiega Bava – ornava ambienti di rappresentanza, gallerie e cabinet con opere a coprire tutti muri. La presentazione in Galleria Sabauda tiene conto delle scelte d’arredo fra cui anche il colore delle pareti originali rivestite di damasco blu».

Qui trovano posto dipinti di David Teniers II e del gruppo dei “Fijnschilder”, “pittori raffinati” di Leida tra cui Gerrit Dou, Frans van Mieris, Godfried Schalken e Caspar Netscher. Gioca fra sensualità e innocenza “La ragazza alla finestra” di Dou. Apprezzato dal principe Jan Griffier, autore di paesaggi montani e fluviali e vita quotidiana come nell’“Inverno”. Da non perdere il Vecchio dormiente di Rembrandt van Rijn, capolavoro giovanile del maestro, uno dei rari dipinti autografi del pittore olandese nei musei pubblici italiani. Per questa e altre opere sono disposte lenti di ingrandimento.

Una sala è dedicata alla cultura artistica del ducato sabaudo. Il duca Vittorio Amedeo I chiamò a corte Francesco Cairo, autore del “Ritrovamento di Mosè da parte della figlia del faraone”, in cui si riconosce la Madama Reale Cristina di Francia. Andrea Pozzo realizzò pale d’altare per i centri del territorio.

La sala conclusiva è dedicata alla pittura al femminile tra Cinque e Seicento. Sono esposti il “Ritratto dell’Infanta Isabella Clara Eugenia”, sorella della duchessa di Savoia Caterina Micaela di Sofonisba Anguissola, per molti anni al servizio del re di Spagna Filippo II; il “Ritratto di Carlo Emanuele I” di Giovanna Garzoni, su pergamena con la tecnica del puntinato; la “Giuditta con la testa di Oloferne” di Fede Galizia.

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