Joker - Recensione

Joker e il suo impatto su immaginario collettivo e sul cinema della super-tutina.

La recensione di Joker: il (pericoloso?) fascino della follia

Due ore di film, due ore di primi piani di Joaquin Phoenix e della sua dolorosa risata da iena. Di denti storti, di lacrime, di un corpo magrissimo che si contorce in un ballo alla Renato Zero Pierrot o che davanti a quella tenda sembra compiere una trasformazione. Quell'uomo sta mutando in qualcos'altro, sta letteralmente cambiando pelle. Arthur Fleck sta diventando Joker. Non un Joker, ma il Joker, la nemesi di Batman che tutti conosciamo, lo psicopatico pagliaccio assassino di Gotham City, capace di trasformare un omicidio in una gag alla Looney Tunes. Perché "questa è la vita" e questo è pure tutto, gente. Solo che Arthur è un Bugs Bunny che viene dall'inferno e attorno al quale è costruito un film nero e a tratti disturbante.

C'è una tensione continua nel film diretto e scritto (con Scott Silver) da Todd Phillips. Ci sono le musiche dell'ìslandese Hildur Guðnadóttir (Soldado di Sollima) che continuano a grattare metaforicamente unghie sulla lavagna al centro del petto dello spettatore, mentre il protagonista, un povero reietto lasciato ai margini dalla società e calpestato, fisicamente e/o psicologicamente, da quasi chiunque gli stia attorno, completa la sua trasformazione cronenberghiana senza che sia necessario l'intervento di una mosca impicciona.

 
Ridi, pagliaccio. Vestita la giubba, Phoenix fa incamminare Arthur sulla strada che porta a Joker. Ok, basta con i giochi di parole su Pagliacci di Leoncavallo.


È proprio questo il bello e l'intimamente pericoloso del Joker di Todd Phillips, sta tutto nella descrizione che abbiamo appena dato del suo protagonista. Tutte le discussioni sul pericolo emulazione, il timore di sparatorie in sala nel paese in cui le armi automatiche le trovi in omaggio nei sacchetti di patatine, vanno necessariamente inquadrate in una premessa e una considerazione. La premessa è che qualsiasi cosa può esercitare un'influenza pericolosa su una mente squilibrata, da una certa canzone dei Beatles, metti, alla Bibbia o alle palline di mais al formaggio. E non puoi censurare per questo l'arte, per la semplice ragione che altrimenti dovresti eliminare le favole e praticamente qualsiasi altra forma di narrazione. Ma qui si è nel clubbino del videoludo, sapete bene di cosa parlo.

La considerazione, data la premessona da mani avanti qui sopra, è che un soggetto che si senta ai bordi dell'esistenza, rifiutato dal sistema, possa trovare facile in Arthur un simbolo, tanto quanto avviene nel film per chi indossa le maschere da clown. Questo perché la pellicola di Phillips ti porta ad empatizzare con il personaggio, sottolinea come ogni data azione violenta di Arthur sia rivolta a chi gli ha fatto del male, lo ha attaccato, ha provocato o accresciuto i suoi traumi psicologici. Sia meritata. Sia, almeno fino a un certo limite, giusta. Il Joker di Phillips è un Punitore triste con la risata incontrollata, un Giustiziere della Notte, e come tale viene visto nella storia dalla parte di Gotham che si sente parimenti lasciata fuori dalla società dei ricchi e dei potenti.

 
Come cambiano le cose, ma soprattutto i sentimenti su Internet. La prima foto ufficiale (non questa, ma simile a questa) di Joker, con Phoenix truccato in fuga, aveva scatenato l'ilarità generale.


Arthur diventa Joker perché il sistema non funziona e non lo aiuta; Joker è un figlio a tutti gli effetti del marcio della società, oltre che un suo simbolo. Il passaggio successivo, la trasformazione e la compiaciuta incarnazione dell'anarchia stessa, fa esaltare il pubblico. Il che nella migliore delle ipotesi si tradurrà in una pioggia di avatar con la faccia truccata di Phoenix sui social network, in una nuova maschera di V da V for Vendetta, in una valanga di meme e GIF animate al lunedì mattina di macchinette per timbrare il cartellino sfondate in ufficio a cazzotti, perché Oh tell me why I don't like Mondays. Nella peggiore, se tieni in conto i 12 morti del 2012 a una proiezione de Il cavaliere oscuro - Il ritorno di Nolan in Colorado e le armi automatiche nelle patatine, in un paese che di scoppiati pericolosi che addossano al sistema le colpe della loro sorte ne ha in abbondanza, beh, le preoccupazioni della vigilia non erano poi campate in aria. O semplice pubblicità, come sostengono da giorni gli informatissimi da social per difendere la categoria dei maschi bianchi pieni di rage against the machine non musicale di cui si sono autoproclamati rappresentanti sindacali.

Ma pure lì: più che farne una colpa al film, che è semplice storia di fantasia che pur fotografa un evidente problema sociale di emarginazione e autoemarginazione, va indagato quest'ultimo e quelli che sono i suoi frutti.

Non è che Arthur Fleck incarni il profilo psicologico del pazzo che spara in un luogo affollato il punto, ma la vera società che partorisce queste persone là fuori. Una storia a raccontare la quale, del resto, ci aveva pensato Taxi Driver per i reduci dal Vietnam. Quarantatre anni fa, non ieri l'altro.

 
Re per una notte, clown triste per sempre: Joker è arrivato.


Parlando della qual cosa. C'è così tanto in Joker pescato da Scorsese da indurre a pensare che Phillips abbia un poster gigante in camera del regista newyorkese. L'inversione di ruoli con De Niro, che dai tempi di Re per una notte è passato dall'altro lato della barricata e deve sciropparsi il suo aspirante comico ossessionato (nota: il dialogo finale con De Niro è una delle cose più stonate del film, per quel tono alla Costanzo che il suo personaggio, il presentatore di un talk show, tira fuori nel momento sbagliato... o magari è proprio quello che fanno i tizi dei talk USA in situazioni del genere, boh) ma anche e soprattutto un Taxi Driver con il trucco in faccia. Da indurre a pensarla, la faccenda del poster in camera, dicevo, non si sapesse che Scorsese stesso è stato legato inizialmente a Joker come produttore, e che Phillips e Silver si sono dichiaratamente ispirati a quei suoi lavori. Oltre che al The Killing Joke di Alan Moore e Brian Bolland (per le origini Anni '50 di Joker, da aspirante comico fallito), e a una certa scena de Il ritorno del cavaliere oscuro di Frank Miller, sia pur con una sostanziale differenza. Riconducibile anch'essa al tipo di allineamento, per così dire, e alle scelte morali del personaggio. Non è un caso se per spegnere un po' gli animi dopo un film galvanizzante e incendiario, per il finale si sia scelta quella scena lì, e non quella immediatamente precedente.

 
In un crossover non ufficiale con Deadpool, c'è anche Zazie Beetz, a contendersi quel 2% di screen time non occupato da Phoenix.

Non è una storia originale, quella di Joker, per i suoi zii cinematografici, i tassinari e le arance meccaniche a cui strizza ripetutamente i suoi occhi da pagliaccio, ma colpisce come le sue esplosioni di violenza, aggrappata a una performance incredibile di Joaquin Phoenix. E se non è quel bdush! mimato da Arthur con le dita a pistola alla tempia che fa esplodere il cervello, è comunque un nerissimo cazzotto allo stomaco, come da tradizione delle pellicole a cui si ispira. Può rappresentare davvero un film del cambiamento, dopo la consacrazione a Venezia, per il genere dei film tratti dai fumetti con le tutine (chi usa il termine "cinecomic" è complice)?

Se non altro dimostra che pellicole più particolari, chiamate ad analizzare un personaggio anche senza scontri finali, raggi laser e cento milioni di CGI spesi per scassare ponti e far sembrare Ciclope meno stupido (impossibile), non solo sono possibili, ma possono pure funzionare. Fare quello che Legion ha fatto nel campo delle serie TV Marvel, differenziarsi, proporre una formula diversa da quella ormai frusta del buono vs cattivo. Come prendere il nemico storico di uno dei tre supertizi più famosi del pianeta, metti, piantargli in faccia una macchina da presa per tutto il film e far uscire lo spettatore dalla sala con un minimo di senso di colpa, per aver fatto il tifo per un povero cristo che si fa psicopatico assassino.


Alessandro "DocManhattan" Apreda è psicologicamente pronto a far confusione tra mille amici e conoscenti che avranno nei prossimi giornisettimanemesi tutti lo stesso avatar sui social. Seguitelo su Facebook, Instagram, Twitter.

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Joker

03 Ottobre 2019
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