I giovani che lottano per Gaza e il disagio degli universitari ebrei: le due facce della Columbia - la Repubblica

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I giovani che lottano per Gaza e il disagio degli universitari ebrei: le due facce della Columbia

I giovani che lottano per Gaza e il disagio degli universitari ebrei: le due facce della Columbia
(afp)

Di fronte a slogan con toni antisemiti alcuni studenti si sono sentiti a rischio nel loro ateneo

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NEW YORK — “My Sweet Lord”, la chitarra di George Harrison si diffonde nel campus della Columbia University, mentre gli studenti cominciano a uscire dalla tende circondate da bandiere della Palestina. È passata una settimana da quando, il 18 aprile, più di cento manifestanti sono stati arrestati per aver costruito un accampamento pro Palestina sui prati dell’università nel cuore di New York. Nei parchi, per le stradine e nei corridoi si percepisce la consapevolezza che la protesta è cresciuta e ha contagiato gli altri illustri campus degli stati Uniti. Le richieste scandite dagli slogan risuonano per il Paese come un grande eco: “Cessate il fuoco” e “Stop ai finanziamenti a Israele”.

Sotto lo sguardo della statua dell’Alma Mater, al centro della Columbia, il nuovo giorno comincia con il raduno dei circa 300 studenti che hanno passato la notte nell’accampamento. Il resto del campus resta silenzioso e blindato. L’accesso è consentito solo a studenti, dipendenti e membri della facoltà in possesso del tesserino universitario. Le entrate sono presidiate da polizia e agenti della sicurezza, raddoppiati rispetto a quelli di solito in servizio. Le lezioni si tengono a distanza fino alla fine del semestre per garantire la sicurezza: sono misure in risposta alla paura di alcuni studenti ebrei che hanno riferito di non sentirsi sicuri nella propria università, minacciati da slogan che hanno virato verso l’antisemitismo.

Le proteste sono state più aggressive fuori da queste mura, dove il “Gaza solidarity encampment” ha attirato ulteriori manifestanti a cui i ragazzi all’interno dell’accampamento assicurano di non essere affiliati.

«Nel campus e nell’accampamento pro Palestina non mi sono mai sentita in pericolo», ha raccontato Naomi, studentessa di 20 anni di Letteratura Inglese, e membro dell’associazione “Voce ebraica per la pace”. La sua è tra le organizzazioni studentesche sospese dall’università, insieme a “Studenti per la giustizia in Palestina”, negli ultimi mesi a causa delle manifestazioni pro-Palestina all’interno del campus iniziate dopo il 7 ottobre 2023.

Il “Gaza solidarity encampment”, infatti, è solo l’apice delle proteste e delle divisioni interne alla Columbia che vanno avanti da mesi. Culminate il 17 aprile con l’audizione davanti alla commissione per l’istruzione della Camera, guidata dai repubblicani, sulle misure intraprese per proteggere gli studenti dall’antisemitismo diffuso nell’università dall’inizio del conflitto.

«Entrambe le parti si sono sentite minacciate da canti e slogan, ma c’è anche gruppo di studenti ebrei che sono attaccati per aver preso parte a questo movimento», ha spiegato Naomi mentre mette da parte il cibo rimasto il giorno prima durante la celebrazione del Passover, la Pasqua ebraica: parte della comunità ebraica della Columbia si è riunita per celebrarla insieme.

Le proteste hanno messo gli studenti e i membri della facoltà gli uni contro gli altri. Il 22 aprile un gruppo di professori e dipendenti ha indossato un gilet giallo e ha protetto l’ingresso al campo occupato dai manifestanti per paura di scontri dopo che Shai Davidai, professore associato della Business School, aveva annunciato una contro protesta filo-israeliana. «Siamo qui per proteggere i nostri studenti ed evitare una de-escalation», ha detto Debbie Becher mentre coordinava il team.

Centinaia di membri della facoltà hanno appoggiato i propri studenti nell’accampamento. Il 22 aprile si sono raccolti vicino la statua dell’Alma Mater al centro dell’università e, con la toga universitaria, hanno protestato contro la decisione della rettrice di far entrare la polizia nel campus per arrestare gli studenti. «Giovedì 18 aprile 2024 sarà ricordato come un giorno vergognoso nella storia della Columbia», ha detto il professore di storia, Christopher L. Brown.

La decisione della rettrice di inviare la polizia antisommossa ha portato centinaia di studenti a occupare il secondo campo, subito dopo l’arresto degli oltre 100 studenti. «Sapevo che questo sarebbe potuto accadere, ma non potevamo immaginare che il movimento sarebbe continuato così», ha raccontato uno degli organizzatori. Con il passamontagna per coprire il volto e la kefiah ha spiegato che gli studenti non hanno alcuna intenzione di lasciare il campo finché l’università non ascolterà le loro richieste.

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