ALEKSEEV, Michajl Vasil'evič in "Enciclopedia Italiana" - Treccani - Treccani

ALEKSEEV, Michajl Vasil'evič

Enciclopedia Italiana (1929)

ALEKSEEV, Michajl Vasil'evič

Adriano Alberti

Generale russo, n. il 3 nov. 1857, m. il 9 ott. 1918 a Ekaterinodar. Partecipò alla guerra del 1877 come subalterno; seguì poi la carriera dello stato maggiore. Nella guerra di Manciuria (1904-05) fu quartiermastro generale e dopo la battaglia di Mukden, cioè ad operazioni ultimate, capo di Stato maggiore della 3a armata. Allo scoppio della guerra mondiale egli venne nominato capo di Stato maggiore del generale Ivanov, comandante della fronte (gruppo d'eserciti) sud-ovest ed a lui risale principalmente il merito dei successi riportati contro gli Austriaci. Nell'aprile del 1915, l'Alekseev fu promosso comandante della fronte nord-ovest, che aveva sino allora subìto i grandi rovesci di Tannenberg e di Augustov: egli comandò tale gruppo di armate nel periodo in cui la grande offensiva dei Tedeschi obbligò i Russi a ritirarsi dalla Polonia. Egli mantenne alto il prestigio che aveva presso l'esercito, tanto che nell'autunno 1915. quando già il granduca Nicola non era più comandante in capo e il comando supremo dell'esercito era stato assunto dallo zar, egli fu nominato capo di Stato maggiore dell'esercito. Tenne tale carica sino dopo l'abdicazione dello zar, con un intervallo dal 18 novembre 1916 al 5 marzo 1917, durante il quale fu in licenza in Crimea per grave malattia. Ritornò pochi giorni prima dello scoppio della rivoluzione. Stabilito il governo provvisorio, con Kerenskij ministro prima della Giustizia e poi, dal 15 maggio 1917, della Guerra, l'A. fu nominato comandante in capo dell'esercito: egli però, in una riunione dei comandanti delle fronti e dei membri del governo (avvenuta il 17 maggio), fece recisamente presente la necessità che il governo ponesse fine alla sua opera distruggitrice d'ogni disciplina. In conseguenza di tale fermo e patriottico contegno l'A. fu nel giugno, su richiesta del soviet, esonerato dalla carica. I suoi tentativi nel 1918 di organizzare la resistenza contro i bolscevichi nella Russia sud-orientale furono troncati dalla morte.

Come capo di Stato maggiore dell'esercito, l'A. ebbe per oltre un anno e mezzo la direzione delle operazioni militari dell'esercito russo: preparò l'offensiva del giugno 1916 (eseguita dal Brusilov) che condusse l'Austria e gli imperi centrali sull'orlo della rovina. Il rimprovero rivolto dagli scrittori francesi alla Russia, e precisamente all'A., di non avere aiutato in tempo la Romania, non è giustificato, perché la Russia aveva soddisfatto agli obblighi della convenzione militare in base alla quale un solo corpo d'armata russo doveva essere fornito alla Romania, e sarebbe stato destinato a combattere contro i Bulgari. La disfatta dell'esercito romeno fu causata dal ritardo della Romania, che dichiarò la guerra quando ormai l'offensiva russa del Brusilov era stata arrestata e quindi sulla fronte orientale gli Austro-tedeschi avevano le mani libere: inoltre l'esercito romeno era deficiente non solo per materiali e per istruzione, ma secondo il Gurko (Memorie della guerra e rivoluzione russa, 1914-1917, Roma 1923) anche per insufficienza nel corpo degli ufficiali. Il generale A. aveva anzi previsto che la Romania avrebbe avuto una troppo grande estensione di confine da difendere e aveva proposto di dare la fronte di Transilvania ai Russi e di abbandonare la Valacchia sino ad occidente di Bucarest, per avere libere parte delle truppe per operazioni offensive: questi consigli non furono seguiti dalla Romania per motivi politici, ma essi avrebbero messo l'esercito romeno in condizioni vantaggiose per la difficile lotta.

Il generale A., fu uomo semplice di modi, modesto, dotato di straordinarie qualità intellettuali e di grande capacità militare. Accentratore eccessivo, si ridusse nell'autunno 1916 in fin di vita pel troppo lavoro, talché dovette recarsi nell'autunno 1916 in Crimea per ristabilirsi in salute. Pari all'ingegno non fu, secondo il Gurko, la forza di volontà. Sta il fatto che egli, forse anche perché cra in gravi condizioni di salute, nulla fece per indurre lo zar a resistere all'inizio della rivoluzione. Quando però questa prese un indirizzo rovinoso per l'esercito, seppe, come si è visto, proclamare fermamente la necessità di non sovvertire la disciplina.

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