Morto «Cesare di Albaretto», lo chef-pittore che cucinò per Robert De Niro. Con lui nacque l'alta cucina di Langa | Corriere.it

Morto «Cesare di Albaretto», lo chef-pittore che cucinò per Robert De Niro. Con lui nacque l'alta cucina di Langa

diMarcello Pasquero

Leggenda vuole che, arrivato troppo presto, intorno alle 10.30 del mattino, De Niro dovette aspettare oltre due ore e che di fronte alle rimostranze dell’entourage dell'attore, Cesare Giaccone avrebbe commentato: «Lui sarà Robert De Niro, ma il capretto non cuoce da solo»

Albaretto della Torre e la Langa tutta piangono lo chef degli chef Cesare Giaccone, l’uomo per cui Robert De Niro partì da Los Angeles attratto dalle recensioni entusiastiche del celeberrimo capretto arrosto cotto, lentamente per almeno sette ore, sul fuoco alimentato a legna. La leggenda vuole che, arrivato troppo presto, intorno alle 10.30 del mattino, Robert De Niro dovette aspettare oltre due ore e che di fronte alle rimostranze dell’entourage del grande attore italo-americano Cesare avrebbe commentato: «Lui sarà Robert De Niro, ma il capretto non cuoce da solo». De Niro aspettò come tutti e l’attesa fu ripagata, tanto che in gran segreto il protagonista di C’era una volta in America e di tanta altra cinematografia sarebbe tornato più volte a far visita all’amico Cesare.

Ammalato da tempo, Cesare Giaccone, ha cucinato gli ultimi piatti per gli amici di sempre nella sua casa ad Albaretto che negli ultimi anni era divenuto un atelier d’artista per coltivare la sua altra grande passione: la pittura. Di lui si diceva, infatti, che disegnasse piatti e cucinasse dipinti e a lui si sono ispirati tutti gli chef di Langa, una terra che prima di Giaccone non esisteva nella guida Michelin e che oggi conta 23 ristoranti stellati.
Cesare Giaccone in realtà all’anagrafe era nato il 22 novembre 1946 a Lequio Berria perché Albaretto Torre, paese che sarebbe poi diventato famoso in tutto il mondo grazie al cuoco, sarebbe stato costituito solo più tardi.
Fu autodidatta sia come cuoco, sia come pittore e pur essendo nato tra i fornelli aveva intrapreso il mestiere di muratore rifiutando categoricamente di seguire le orme paterne, gestore della «Locanda dei cacciatori».

Morto Cesare Giaccone di Albaretto, lo chef-pittore che cucinò per Robert De Niro. Con lui nacque l'alta cucina di Langa

«I pascoli di collina sono stati la mia aula, i boschi le pareti, mucche e pecore i compagni, e come sfondo la profondità e la maestosità oltre la finestra», raccontava ricordando una Langa che oggi non esiste più nel docufilm realizzato da Bruno Murialdo e dalla Fondazione Radici. Era la Langa del Dopoguerra, un lembo di terra tra i più poveri d’Europa, la Langa della Malora fenogliana. La svolta arrivò quando l’impresario da cui lavorava da garzone gli chiese di preparagli qualcosa da mangiare. Pochi morsi e il datore di lavoro consigliò al Cesare sedicenne di lasciar perdere carriola e cazzuola e di mettersi a cucinare.

Aurelio Scavino lo scoprì e iniziò la carriera in Valle d’Aosta e poi al Nuovo Regio di piazza San Carlo, poi al Caval 'd Bronz, in seguito il ritorno a casa con il ristorante di Cesare ad Albaretto della Torre, un punto di riferimento.
Il ristorante inizia a popolarsi di un’umanità variegata, dove agli amici come Bruno Giacosa, Bartolo Mascarello o Romano Levi, si aggiungono centinaia di avventori disposti a spendere qualsiasi cifra per assaggiare il capretto di Cesare. Diventa quasi una gara a chi spende di più e Cesare si adatta, ai conti che a volte arrivano a superare il milione di lire alterna i piatti preparati con affetto e passione per gli amici a prezzi popolari. Ai suoi (pochi e selezionatissimi) tavoli si potevano ritrovare Robert De Niro, Gino Paoli e Paolo Conte, ma anche Giorgio Bocca e Giovanni Arpino, fino ai titolari della cantina più famosa che ci sia: la Romanée-Conti.

Nasce con Cesare Giaccone l’alta cucina della Langa e nel 1976 Padre Eligio lo chiama per aprire un ristorante di altissimo livello al Castello di Cozzo Lomellina, ma in realtà Giaccone si ritroverà a cucinare per una comunità di tossicodipendenti, con la stessa passione di sempre. Il richiamo di Albaretto è troppo forte e il cuoco torna a casa nel 1981 per riprendere da dove aveva smesso. Appena si sparge la voce il ristorante torna a riempirsi e Cesare inizia a dare sfogo all’altra sua passione, la pittura: disegna piatti, impiatta disegni, dà vita a un’esperienza mai vista che tutti bramano. Nel 2008  l’ennesima svolta con il trasferimento a Fontanafredda fin quando non decide di andare in pensione, 49 anni dopo aver iniziato la propria carriera.
Aveva preso una Langa arretrata che nella guida Michelin nemmeno veniva citata lasciandone un punto di riferimento a livello mondiale per l’alta cucina e per la ristorazione in genere.

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5 maggio 2024 ( modifica il 5 maggio 2024 | 20:59)