IL SIGNORE DELLE MOSCHE | Recensione libro di Golding, tra il fiabesco e l’apocalittico

Libro Golding - Il signore delle mosche

Il signore delle mosche: un libro tra il fiabesco e l’apocalittico    

Se c’è un romanzo che mi ha fatto passare una notte in bianco per paura dei mostri sotto al materasso, questo è Il signore delle mosche di William Golding.

Lo scenario iniziale è tra il fiabesco e l’apocalittico: precipita un aereo e sopravvivono solo i bambini, che ben presto si raccolgono e – insieme – ricostruiscono una società in miniatura. Piccole regole (si parla solo quando si ha tra le mani una conchiglia) e micro responsabilità (si tiene acceso il grande fuoco sulla montagna, così prima o poi sarà avvistato dai soccorritori).

L’isoletta dell’Oceano Pacifico potrebbe diventare un paradiso in Terra: sono solo bambini, dopotutto. Piccoli, teneri, delicati, di poche pretese.

Di solito i romanzi che iniziano così bucolici, sono quelli che pian piano iniziano ad avvelenarti il sangue, fino a esplodere in orge di follia (vedi anche La fattoria degli animali).

Sì, è anche il caso de Il signore delle mosche.

Sì, ora andiamo a vedere l’antro nero nel quale stai per avventurarti.

Il signore delle mosche: un libro di leader, di caccia e di Bestie    

Amabile protagonista del libro de Il signore delle mosche è il biondissimo Ralph. Dolce e protettivo, il giovane Ralph vuole imporre regole tranquille, dare a tutti la parola, costruire bagni e canali di scolo.

Ralph ha preso troppo sul serio il Manuale delle Giovani Marmotte. Vuole appuntarsi troppe stelline “Bontà” sul bavero della giacca. Piccolo mio, ascolta la tua Sis, sei troppo buono per questo mondo.

William Golding – forse facendosi prendere un po’ la mano – plasma con la penna un personaggio dotato di fin troppo equilibrio morale, di cui ti innamori mentre lo leggi. Un personaggio che dona sicurezza dopo la tempesta dell’aereo precipitato.

Ebbene, dopo i primi riassestamenti, è forse il caso di sganciare qualche bomba, che dici, Will?

Emerge il nuovo leader, Jack. Jack è odioso e petulante e aggressivo, e quindi attorniato da una marea di seguaci. Gente cui piace andare a caccia, che si dipinge le facce nere col carboncino e ripete le cose a macchinetta.

Senza freni inibitori, la fantasia dei ragazzini diventa esplosiva: cominciano a immaginare belve acquattate nella foresta, mostri marini e quant’altro. Alla pacata risolutezza di Ralph, si contrappongono la superstizione e le paure più ancestrali, che emergono con rapidità nei cuori dei naufraghi.

La Bestia si fa carne, diventa reale. Diventa un Signore delle Mosche.

Il signore delle mosche: paura versus paranoia versus pazzia    

I bambini de Il signore delle mosche non sono solo adulti in miniatura: di volta in volta sono branco, sono bulli, sono pecoroni, sono aguzzini. E la questione fa ancora più impressione proprio perché sono così giovani, perché il Male divora e dimora nei loro cuori.

Le loro paure sono le nostre paure, ma sono ancora più amplificate perché i ragazzini non hanno un filtro mentale adeguato.

Non riuscendo a gestire al meglio le loro emozioni, i prodotti della loro fantasia diventano distorti e ci rimandano un’immagine terrificante.

E’ per questo che, quando il lettore si imbatte nel Signore delle mosche (non svelo chi è), l’adrenalina è talmente sparata a mille che poi si ritrova a non dormire la notte (ahimè).

Mille paranoie si affacciano alla mente: e se fossimo stati noi, al posto di Ralph e compagnia? Ci saremmo comportati come Jack? Avremmo fatto la fine del povero Piggy? Saremmo andati incontro al delirio come S.?

In diversi momenti, sembra che i personaggi si siano rivoltati tra l’inchiostro della narrazione, e siano detonati in mano a William Golding: la pazzia prende il sopravvento, gli atti non sono più dettati da nessuna forma di lucidità o logica.

E qui, signori della giuria, posso dire che il libro comincia a farsi spaventoso.

Spaventosamente bello. 

Perché Il signore delle mosche di William Golding è uno dei libri più belli di sempre?  

Il libro che il sondaggio Big Read della BBC ha piazzato al settantesimo posto tra i libri più amati di tutti i tempi fa di ogni protagonista un rappresentate morale: c’è il bambino saggio, il visionario, il feroce emblema della crudeltà, etc.

A parte la sublimazione di queste qualità amplificate, gli altri personaggi sono delle macchie indistinte sullo sfondo, spesso prive di nomi, che agiscono come mosche attorno a una vacca. Infastidiscono, ma senza lasciare il segno.

E così gli assi portanti del romanzo diventano ancora più fondamentali, e sembra che ciò che accade a loro sia un ritratto di ciò che accade a tutta quella categoria di persone che rappresentano.

E si piange, e si ride e ci si dispera per tutti loro. Per tutti noi

Per la purezza che non riusciamo a mantenere. Per la bellezza che non possiamo cogliere.

Per la crudeltà di cui – a volte – è fatta la Vita.