Through the hill - Andy Partridge & Harold Budd - recensione

Andy Partridge & Harold Budd
Through the hill

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Prima che giunga l'alba, osservando dalla finestra il panorama, il cielo appare misterioso. Emerge un indefinito colore tendente al gris payne.

Si avverte un'atmosfera rarefatta, quasi surreale. Nessun preludio di pioggia, o un impercettibile accenno di sole. Sembra tutto statico, immutabile.

Apparentemente...

Sono le peculiari giornate per assimilare il disco sviluppato dal duo.

Impervio delineare con vocaboli le sensazioni scaturite dall'ascolto delle sedici composizioni.

Fugaci pennellate musicali, impalpabili, sottese e indecifrabili. Un'istante silenziose, un altro enigmaticamente insinuanti e beffarde.

Possiedono la facoltà di creare un momentaneo attenuamento dell'incessante fluire del tempo.

Svettano le incantevoli “Through the hill”, “Great valley of gongs”, “Ceramic avenue”, e “Bearded aphrodite”.

Menzione d'onore per il booklet. Una rarità, che si distingue dalla miriade anonima di foglietti con qualche nota sparsa. La copertina racchiude tre distinti ed eleganti pieghevoli: Geography, Structures, Artifacts.

Ognuno raffigura stampe in bianco e nero tratte da: “The Complete Encyclopedia of Illustration” di J. G. Heck.

Ad ogni brano, sono associate una o più immagini di un personale valore artistico.

“Western island of apples”, “Ceramic avenue” e “Missing pieces to the game of salt and onyx”, sono solo alcune, ma anche le altre sono di pregio.

Giornate temporalmente imperscrutabili, ulteriormente potenziate dall'ascolto di “Through the hill”.

F©

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