Che fine ha fatto oggi Pietro De Negri, il Canaro della Magliana
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Che fine ha fatto oggi Pietro De Negri, il Canaro della Magliana

Autore di uno dei più famosi ed efferati delitti della storia italiana, diventato suo malgrado protagonista del film Dogman, oggi il Canaro ha 64 anni ed è un uomo libero. Lasciato il carcere dopo 17 anni non ha mai voluto parlare con la stampa o rilasciare interviste. Ha chiesto di essere dimenticato e, saldato il conto con la giustizia, ne ha tutto il diritto.
A cura di Redazione Roma
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Pietro De Negri al momento dell'arresto
Pietro De Negri al momento dell'arresto

Il nome di Pietro De Negri non è conosciuto da tutti. Quello del Canaro della Magliana però, sì. Il terribile delitto avvenuto più di trent'anni fa ancora scuote e impressiona gli animi delle persone che ascoltano questa storia. Oggi Pietro De Negri è un uomo libero: dopo aver scontato 17 anni in prigione è tornato nella casa che divideva con la moglie e la figlia, oggi adulta. Era stato condannato a 24 anni di reclusione, ma rilasciato prima del tempo per buona condotta: in carcere, infatti, era stato un detenuto modello, aiutava i detenuti stranieri per il disbrigo delle pratiche e chi era malato di AIDS. Nessuno si sarebbe mai immaginato che, anni prima, il Canaro era stato l'autore di uno dei più efferati delitti di Roma. Da quando è uscito dal carcere non ha mai voluto rilasciare interviste, preferendo stare lontano dai riflettori. "Ho pagato il mio debito con la giustizia, ora voglio essere dimenticato", ha dichiarato a più riprese ai giornalisti che hanno provato a contattarlo. Il Canaro vuole cadere nell'oblio per far vivere solo Pietro De Negri. E dopo 17 anni passati in carcere, ne ha tutto il diritto.

Er Canaro e le ‘prepotenze del pugile Giancarlo Ricci

Ma facciamo un passo indietro all'ormai lontano 1988, a quando Pietro De Negri lavorava alla Magliana in un negozio di toelettatura per cani e per questo veniva chiamato ‘er canaro'. L'uomo aveva dei precedenti penali alle spalle, di cui uno per rapina. Per quel reato era stato arrestato, ma non il suo complice: Giancarlo Ricci, ex pugile già noto alle forze dell'ordine. Quest'ultimo non era stato arrestato, e mentre De Negri si trovava in carcere, aveva dilapidato tutto il bottino rubato durante la rapina. Ricci non si era nemmeno giustificato col suo complice una volta uscito di prigione, anzi. Continuava a sottoporlo ad angherie e vessazioni. Era sempre Ricci che riforniva di cocaina il canaro, che aveva una forte dipendenza dalla droga. Poi, pretendeva il pagamento di ingenti somme di denaro. Se De Negri non gli dava i soldi richiesti, veniva pestato.

L'efferato omicidio del Canaro della Magliana

Il 18 febbraio 1988 però, qualcosa scattò nella testa del Canaro che, era stanco di subire giornalmente prepotenze e angherie. Dopo aver sniffato coca per diverse ore, alle 15 attirò Ricci nel suo negozio con una scusa, dicendogli che voleva rapinare uno spacciatore che doveva portargli della droga. Poi, lo convinse a nascondersi in una gabbia per cani per sorprendere meglio la loro vittima: Ricci non sospettava minimamente che la vittima fosse lui. Quando il pugile entrò nella gabbia mise la parola fine alla sua vita. Ma forse, non sospettava che la fine sarebbe arrivata così lenta e dolorosa.

A raccontare in modo dettagliato come morì Ricci, fu proprio il Canaro nel corso di un'interrogatorio condotto dagli agenti della Squadra Mobile di Roma. De Negri disse di aver prima incendiato il volto della vittima con la benzina, poi di averla stordita con una bastonata. Le grida di dolore dell'uomo erano coperte dalla musica alta, nessuno ha risposto alle richieste di aiuto di Ricci. Dopo aver dato fuoco al volto, De Negri ha legato l'ex pugile al tavolo: prima gli avrebbe amputato pollici e indici delle mani con delle tronchesi, cauterizzando le ferite con della benzina per evitare che morisse dissanguato in breve tempo. Poi gli avrebbe tagliato il naso, le orecchie, la lingua e i genitali, mettendoglieli in bocca e facendolo morire soffocato. Dopodiché si sarebbe accanito sul cadavere, rompendogli i denti a martellate, infilandogli le dita amputate nell'ano e negli occhi, e aprendogli la scatola cranica per lavargli il cervello con un prodotto per cani. De Negri si è poi sbarazzato del corpo, legandolo e avvolgendolo in un sacco di plastica, a cui poi ha dato fuoco in una discarica di via Belluzzo nel Portuense. Fece comunque attenzione nel lasciare intatti i polpastrelli per permetterne l'identificazione.

Quell’infame non moriva mai. Continuava a respirare. È stata dura. Ma se rinascessi lo rifarei. Il cadavere di quello zombie avrei voluto portarlo in piazza per mettere sopra un cartello grosso come una casa con la scritta: “Ed ecco qua l’ex pugile!”. Non sono pazzo; ho compiuto quel massacro per amore di giustizia e sono pronto a rifarlo… non solo mi sono vendicato delle angherie subite, ma ho liberato il quartiere da un infame… Prendevo cocaina per farmi coraggio, ma ero e sono lucidissimo. Sono un uomo e sono disposto a pagare il mio debito con la giustizia. Se qualche perizia mi dovesse dare torto, mi ucciderò. Comunque adesso alla Magliana staranno tutti festeggiando.

Lontano dai riflettori, il Canaro ha diritto all'oblio

Rilasciato nel 2005 De Negri è tornato nell'abitazione delle sua famiglia sottoposto ancora a forti limitazioni, tra cui il divieto di uscire tra le 21.00 e le 7.00, trovano un lavoro come fattorino, rifiutando ogni incontro o intervista con i media. Oggi che la sua storia è diventata famosa ben oltre i confini del Grande Raccordo Anulare, portato sul grande schermo dal regista Matteo Garrone nel film ‘Dogman' (per il quale Marcello Fonte ha vinto la Palma d'Oro a Cannes interpretando proprio De Negri), ha il diritto al suo oblio. I conti con la giustizia sono stati saldati e davanti ha ancora l'ultima parte della sua vita per ricominciare.

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