Sanchez conquista anche la Catalogna, ma ora gli indipendentisti minacciano il governo
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Giovedì, 6 Giugno 2024
Il voto / Spagna

Sanchez conquista anche la Catalogna, ma ora gli indipendentisti minacciano il governo

Dopo dieci anni, i partiti separatisti perdono la maggioranza a Barcellona. Puigdemont non ci sta e chiede di tornare a guidare l'esecutivo catalano (per rilanciare il processo di indipendenza)

Dopo un decennio di dominio incontrastato (e il tentativo fallito di ottenere la separazione dalla Spagna), gli indipendentisti hanno perso per la prima volta la maggioranza alle elezioni regionali in Catalogna che si sono chiuse domenica 12 maggio. A trionfare alle urne è stato il Partito socialista catalano (Psc) di Salvador Illa, che fa riferimento al premier Pedro Sanchez: ''Inizia una nuova era in Catalogna'', ha scritto Sanchez su 'X' parlando di risultato ''storico''. Ma la vittoria a Barcellona potrebbe avere paradossalmente un contraccolpo negativo per la stabilità del suo stesso governo a Madrid.

Il Psc, infatti, ha ottenuto il 28% dei voti e 42 seggi, in netta crescita rispetto alle ultime elezioni del 2021, ma non sufficienti per ottenere la maggioranza del Parlamento catalano (ne servono in totale almeno 68). Illa vuole legittimamente ottenere l'incarico di presidente, e per riuscirci dovrebbe trovare un'intesa con almeno uno dei quattro partiti indipendentisti, ossia Erc, terza forza con 32 seggi. A puntellare questa maggioranza dovrebbe contribuire Comuns, piccolo partito di sinistra che ha ottenuto 6 seggi.

Ma i sogni di Illa devono fare i conti con il principale partito separatista catalano, Junts, guidato dall'ex presidente catalano Carles Puigdemont, che alle urne di domenica si è fermato al 21,6% con 35 seggi. Puigdemont è stato il deus ex machina del referendum per l'indipendenza che nel 2017 sconvolse la politica spagnola: da presidente, proclamò la separazione della Catalogna, salvo poi venire incriminato e fuggire all'estero. Eletto eurodeputato, Puigdemont vive da allora in Belgio. Ma non ha rinunciato all'idea di tornare a guidare la regione.

Un aiuto in tal senso è arrivato, indirettamente, da Sanchez: le ultime elezioni nazionali hanno costretto il premier a scendere a patti con Junts per ottenere una maggioranza a Madrid. Patti che prevedono l'amnistia per chi, come Puigdemont, è stato incriminato e condannato dopo il referendum del 2017. Un primo ok all'amnistia è arrivato lo scorso marzo, ma il cammino è ancora in salita. Ora, però, Puigdemont chiede di più: vuole avere di nuovo l'incarico di presidente, pur avendo perso le elezioni. La situazione in Catalogna "non è diversa" da quella nel parlamento nazionale, ha detto a margine del voto. Parole che in molti hanno interpretato come una minaccia a Sanchez: dargli le chiavi del governo a Barcellona in cambio del sostegno all'esecutivo centrale.

Il problema è che Puigdemont ha condotto la campagna elettorale (a distanza) sostenendo che se eletto presidente avrebbe rilanciato il processo di separazione della Catalogna. In caso contrario, avrebbe lasciato la politica. I fari sono dunque puntati sulle future mosse del premier: riuscirà a rompere l'unità tra i partiti indipendentisti e non cedere alle minacce di Puigdemont? Oppure formerà un'alleanza trasversale che abbracci anche il centrodestra, magari in cambio di un patto di non belligeranza a Madrid? Si vedrà nei prossimi giorni la strada che Sanchez intraprenderà. Di sicuro c'è che il leader spagnolo, ancora una volta, dovrà dare prova di "resistenza" politica.

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