Biografia di Giovanni Falcone: tutto sulla sua vita | Studenti.it

La vita di Giovanni Falcone: biografia completa

La vita di Giovanni Falcone, il magistrato coraggioso che ha scritto la storia della lotta contro la mafia siciliana fino alla strage di Capaci

La vita di Giovanni Falcone: biografia completa
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La vita di Giovanni Falcone

Giovanni Falcone
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Giovanni Falcone è stato uno dei magistrati più influenti e conosciuti della storia italiana. Il suo impegno costante per la giustizia e la sua lotta contro la mafia in Sicilia, portata avanti con determinazione e coraggio, sono ricordati e celebrati tutt'oggi.

Ha fatto parte del primo pool antimafia insieme a Paolo Borsellino ed ha portato Cosa Nostra alla più importante resa dei conti con la giustizia: il maxiprocesso. La sua impronta nel campo della magistratura è indelebile e ha lasciato un'eredità che tutt'oggi ispira le nuove generazioni di magistrati nella lotta contro la criminalità organizzata.

Vediamo tutte le fasi della vita di Giovanni Falcone, dalla nascita fino alla morte, avvenuta con la tragica strage di Capaci il 23 maggio 1992.

Nascita e infanzia

Giovanni Falcone nasce a Palermo il 18 maggio del 1939. La madre, Luisa Bentivegna, è casalinga, mentre il padre, Arturo, è direttore del Laboratorio chimico provinciale. Viene alla luce dopo le sue due sorelle, Anna e Maria Falcone.

L'infanzia la vive nel quartiere arabo della Kalsa, nel cuore di Palermo, e a cinque anni inizia il suo percorso di studi alle elementari al Convitto nazionale.

Gli studi

Giovanni Falcone frequenta il liceo classico Umberto I di Palermo. In questi anni e fino alla Maturità ha l'opportunità di studiare storia e filosofia con l'insegnante Franco Salvo. In particolare si appassiona al materialismo storico e al marxismo.

Si diploma con il massimo dei voti e prima di iniziare l'università vive una breve esperienza all'Accademia navale di Livorno.

Si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza, convinto di voler entrare nel mondo della magistratura. Fin da quando era piccolo, infatti, in famiglia, Falcone aveva assorbito gli ideali di sacrificio e attaccamento al dovere, esempi dati dallo zio bersagliere morto sul Carso e da un altro parente, capitano di aviazione, che morì in un combattimento.

Si laurea a pieni voti con una tesi incentrata sul tema della criminalità organizzata: un interesse che già prefigura il suo futuro impegno nella lotta contro la mafia.

Durante gli anni universitari, oltre ad approfondire gli studi, Falcone coltiva anche la sua passione per lo sport, dedicandosi a diverse discipline: atletica, ginnastica, canottaggio e nuoto.

Nel 1962 conosce colei che diventerà, due anni dopo, la sua prima moglie: Rita Bonnici.

L'inizio della carriera e la lotta contro la mafia

Una volta conseguita brillantemente la laurea, Giovanni Falcone passa con successo anche il concorso per diventare magistrato e intraprende così la carriera professionale. A partire dal 1964 viene nominato pretore a Lentini e poi viene trasferito a Trapani come sostituto procuratore, dove rimane per circa dodici anni.

Fin dai primi incarichi, dimostra un forte interesse per il contrasto alla criminalità organizzata, che in quegli anni stava dilagando nella società siciliana. Con determinazione e tenacia inizia così il suo impegno contro la mafia, divenendone ben presto una figura chiave.

Nel 1978 torna a Palermo, trasferito al Palazzo di Giustizia, dove prende servizio alla guida dell’Ufficio Istruzione della città. L'anno successivo conosce la donna che diventerà la sua seconda moglie e compagna di vita, per lui fondamentale fino all'ultimo giorno: Francesca Morvillo.

Dopo 14 anni insieme, infatti, divorzia dalla prima moglie Rita Bonnici e si sposa con Francesca qualche anno più tardi, nel 1986.

A Palermo segue diverse indagini, sotto la direzione del consigliere istruttore Rocco Chinnici, che viene tragicamente ucciso il 29 luglio 1983. Una delle molteplici vittime per mano della mafia, che stava insanguinando la Sicilia. Tra le vittime troviamo anche il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, il colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo e il presidente della Regione Pier Santi Mattarella.

L'omicidio di Chinnici è l'ennesima tragedia che segna profondamente Giovanni Falcone, sempre più determinato a combattere per sconfiggere la malavita siciliana.

All'Ufficio Istruzione giunge poi Antonino Caponnetto che mette in pratica le idee del predecessore Chinnici: nasce così il pool antimafia.

Il pool antimafia insieme a Paolo Borsellino

Paolo Borsellino
Fonte: ansa

Nel novembre del 1983 viene fondato il cosiddetto pool antimafia: una squadra di magistrati che coopera contro la criminalità organizzata. Sono quattro i componenti del gruppo: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta.

Secondo l'idea di Falcone, l'organizzazione di Cosa Nostra sarebbe stata un unicum, con un vertice, e non un insieme di bande con potere decisionale autonomo. È così che nasce l'esigenza di creare una squadra coesa in grado di indagare coordinandosi e scambiando informazioni al suo interno.

Il pool lavora incessantemente per raccogliere le prove per un'enorme inchiesta che sfocerà nel celebre maxiprocesso. Ma non è facile: Cosa Nostra cerca di ostacolare le indagini e continua a compiere una serie di omicidi. Anche Falcone e Borsellino sono presi di mira. I primi arresti sono quelli di Vito Ciancimino, Nino e Ignazio Salvo.

Giovanni Falcone e gli altri componenti del pool diventano simbolo di una Sicilia che inizia a cambiare, ma corrono il grave rischio di essere uccisi. Così Caponnetto fa trasferire per un periodo Borsellino e Falcone, insieme alle rispettive famiglie, nell'isola sarda dell'Asinara.

Il maxiprocesso

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L’8 novembre del 1985 il pool antimafia deposita l’ordinanza di rinvio a giudizio contro 475 imputati, mentre il 10 febbraio 1986 Giovanni Falcone raggiunge il traguardo più importante: inizia il primo maxiprocesso a Cosa Nostra.

Le accuse pendenti sugli imputati hanno numeri esorbitanti: 120 omicidi, estorsione, traffico di droga e associazione mafiosa. Sono 22 i mesi di udienze nell'aula bunker costruita appositamente per garantire l'assoluta sicurezza del processo contro eventuali attacchi terroristici.

Molte prove vengono fornite dal collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta (nella foto qui accanto), chiamato il “boss dei due mondi”, arrestato in Brasile due anni prima. Il pentito aiuta il pool a comprendere da dentro la gerarchia di Cosa Nostra, le tecniche di reclutamento e le sue funzioni.

Il 16 dicembre del 1987 è il giorno della sentenza. Il presidente della Corte d’Assise, Alfonso Giordano, legge il lungo elenco di condanne inflitte agli imputati: 19 ergastoli e 2665 anni di carcere totali. Una vittoria epica dello Stato contro i poteri mafiosi e un segno di rinascita per la Sicilia.

Dopo il maxiprocesso: la fine del pool antimafia

Terminato il processo, Caponnetto va in pensione e viene nominato il magistrato di vecchia scuola Antonino Meli. Non condivide però la visione di Falcone e Borsellino, credendo che Cosa Nostra sia formata da piccoli clan autonomi.

Smantella così il pool antimafia e per Falcone è un periodo difficile, in quanto si vede ostacolato dalla stessa Magistratura.

I processi finiscono per essere trattati da diversi uffici e questo costituisce una perdita importante per il lavoro ancora da portare a termine nella lotta definitiva alla mafia. Un lavoro che, se non viene coordinato, rischia di fallire.

Al Ministero di Grazia e Giustizia e la fine del maxiprocesso

Falcone rischia un'altra volta di perdere la vita nell'attentato dell’Addaura, nel quale Cosa Nostra prepara un borsone contenente della dinamite. Fortunatamente l'episodio terroristico viene sventato.

A Palermo il magistrato si vede sempre più ostacolato nelle sue indagini e così, a novembre del 1991, si trasferisce a Roma dove ricoprire il ruolo di Direttore degli Affari Penali al Ministero di Grazia e Giustizia, al fianco del ministro Claudio Martelli.

In questo periodo si impegna per istituire un coordinamento tra il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, costituisce la Direzione Nazionale Antimafia (nota come Superprocura), getta le basi di norme che gestiscano i collaboratori di giustizia e lavora per l'istituzione del carcere duro (il 41-bis) per mafiosi e terroristi (ma quest'ultimo verrà realizzato soltanto dopo la sua morte).

Il 30 gennaio 1992 arriva la sentenza storica: la Cassazione conferma la sentenza di primo grado del maxiprocesso e ripristina gli ergastoli che erano stati annullati in appello. Questo è un capitolo storico della lotta contro la mafia.

Strage di Capaci: la tragica morte di Giovanni Falcone

Fonte: ansa

È il 23 maggio 1992 quando avviene la strage di Capaci. Giovanni Falcone sta tornando a casa a Palermo da Roma, insieme alla moglie Francesca. La loro auto è accompagnata da altre due auto blindate. Devono viaggiare scortati da quando hanno sventato l'attentato dell'Addaura nel 1989.

Le auto prendono l'autostrada e alle 17:58, al chilometro 5 della A29, un'esplosione potente disintegra il corteo, centrando in pieno i tre mezzi. Allo svincolo di Capaci-Isola delle Femmine il sicario Giovanni Brusca aziona una potente carica di tritolo posizionata sotto il manto stradale, in una galleria appositamente scavata.

Muoiono sul colpo tre agenti della scorta: Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Altri tre rimangono feriti e cercano di aiutare il magistrato e la moglie. Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, soccorsi, muoiono a distanza di poche ore per le lesioni riportate.

I loro funerali si svolgono il 25 maggio 1992 a Palermo e da allora, ogni anno, il 23 maggio si svolgono diverse manifestazioni per ricordare la morte del magistrato, della moglie e della scorta, nonché il suo smisurato coraggio nella lotta alle mafie per la ricerca del cambiamento.

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