La duchessa - la recensione

Campagne inglesi, dimore enormi e meravigliosi, matrimoni combinati, eredi maschi che non arrivano, amicizie nate e tradite, adulteri più o meno nascosti, amori sopiti, compromessi, politica, formalità e bellissimi palazzi.

C'è tutto questo e anche di più ne La duchessa, il biopic romanzato della la duchessa del Devonshire Georgianna Spencer, donna divenuta celebre per la sua bellezza, il suo fascino ma anche per il carattere e l'anticonformismo che la facevano spiccare nel panorama dell'aristocrazia britannica del tempo. E se la sua storia pare riecheggiare quella della più contemporanea Lady D, non c'è da meravigliarsi: che di Diana Georgianna fu diretta antenata.

E se gli ingredienti sono quelli tradizionali dei drammi in costume d'ambientazione inglese, anche le dinamiche di rappresentazione e i toni (qui particolarmente algidi, ai limiti dell'esangue) sono del tutto in linea con l'immaginario relativo al genere. Dibb lavora di maniera, è indubbiamente corretto dal punto di vista stilistico, ma non sorprende mai. Volutamente.

La duchessa risulta così un film tanto solido quanto canonico e prevedibile: di quella prevedibilità che alcuni troveranno rassicurante, altri difficilmente accettabile.
Un film forse soprattutto per i fan della sopravvalutata Keira Knightley, che qui – onnipresente - sfoggia senza tregua il repertorio delle sue proverbiali smorfiette e mossettine. Nella maniera che si confà ad una dama dell’aristocrazia d’altri tempi con qualche grillo per la testa.