L’Africa nel cuore: "Non ho mai avuto figli. Ma qui in Etiopia tutti mi chiamano ’Abba’"
ALESSIO ZAFFINI
Cronaca

L’Africa nel cuore: "Non ho mai avuto figli. Ma qui in Etiopia tutti mi chiamano ’Abba’"

L’amore, il lutto, la vocazione. Padre Marcello Signoretti, missionario a Soddo, ha raccontato la sua vita in un affollato incontro al cinema Loreto.

L’Africa nel cuore: "Non ho mai avuto figli. Ma qui in Etiopia tutti mi chiamano ’Abba’"

L’Africa nel cuore: "Non ho mai avuto figli. Ma qui in Etiopia tutti mi chiamano ’Abba’"

"Non ho mai avuto figli, non sono mai arrivati, ma da quando vivo qui è come se ne avessi centinaia": sono le parole di padre Marcello Signoretti, anzi, "Abba" Marcello per tutti i ragazzi etiopi ai quali ha dato una casa ed un rifugio nella città di Soddo, nella zona del Wolayta, a sud dell’Etiopia. La sua storia - è stato sposato, poi rimasto vedovo, prima di farsi sacerdote - l’abbiamo raccontata più volte, ma lunedì sera ne ha parlato al cinema Loreto di fronte a una platea di 200 persone, tra cui molti di quegli studenti pesaresi che nel tempo sono andati in Africa da lui. Da più di 20 anni, infatti, instancabilmente Abba Marcello, che a novembre compirà 81 anni, si occupa dei bambini che vivono per strada, che non hanno una casa né una famiglia da cui tornare: il Villaggio dei bambini sorridenti è il nome della struttura fondata dal sacerdote pesarese per togliere i ragazzi da una vita fatta di sregolatezze, dando loro cibo, istruzione e la possibilità di un futuro. Il fenomeno del vagabondaggio, purtroppo, è sempre più diffuso: molti giovani, pur di cercare di fare fortuna, abbandonano le proprie madri e fratelli, recandosi nelle metropoli dove, al contrario di quello che pensavano finiscono invece a fare la fame, a rubacchiare o a chiedere l’elemosina: "Io sono a Soddo dal novembre 2001, quando sono stato ordinato sacerdote nella cattedrale della città – racconta Marcello –. Prima di diventare prete sono stato ragioniere per 37 anni. Ero un cittadino comune, avevo raggiunto la pensione, mi ero sposato, avevo trovato per la prima volta l’amore. Purtroppo, dopo poco meno di due anni, questo amore mi è stato strappato via da una malattia. Mi sono subito domandato perché fosse successa una cosa del genere, chiedendomi quale Dio potesse permettere una tale tragedia. Poi mi sono fermato a riflettere, decidendo di voler fare del bene. Mi sono iscritto a Scienze Religiose all’Università di Urbino, poi sono partito per l’Etiopia dove sono diventato sacerdote. Qui ho conosciuto Wondewosen, un ragazzino che, assieme ai suoi amici si era affezionato, a me. Il primo ‘figlio’ di tanti".

"Avevo 8 anni quando conobbi Marcello – racconta Wondewosen Assefa, ora direttore del Villaggio dei bambini sorridenti – e da 15 anni lavoriamo assieme. Io e i miei amici ci sorprendemmo di vedere un uomo bianco, non ne avevamo mai visti. Per i primi 15 giorni, dopo averci accolto, abbiamo parlato a gesti: lui non sapeva l’inglese e noi non parlavamo italiano. Quando tornava in Italia, ci recavamo da una persona del luogo che parlava italiano e lo chiamavamo per sentire la sua voce. Ci diceva che sarebbe tornato presto, non solo per noi: sarebbe tornato per tutta la gente della nostra città. Così è stato e non potrei essere più felice. Purtroppo la situazione in Etiopia non è delle migliori e avere una persona come lui, che ascolta ed aiuta, non è scontato". Le età del vagabondaggio, solitamente, partono dai 7 anni fino ai 15, dopodiché ci si perde nelle insidie del crimine, con giovani disillusi dalla vita e dalle prospettive che tanto sono state decantate: "Io non sarò qui per sempre – conclude con un sorriso amaro padre Marcello –, però abbiamo in cantiere moltissime opere, tra cui un rifugio per i ragazzi ciechi e, soprattutto, per le ragazze. So che Wondewosen sarà capacissimo di continuare le mie opere, sin da piccolo è sempre stato sveglio. Qui noi siamo gli occhi e le mani della Provvidenza, ma il cuore, i nostri benefattori, che ci sostengono, sono tutti in Italia".