Mieloma multiplo, la malattia di Giovanni Allevi: cos'è e come si cura - la Repubblica

Mieloma multiplo, cosa è e come si cura il tumore di Giovanni Allevi

Il pianista sale sul palco dell'Ariston dopo circa due anni di assenza dalle scene, da quando annunciò la sua malattia sui social. Claudio Cerchione, ematologo dell'Istituto scientifico romagnolo per lo studio e la cura dei tumori (Irst) Irccs di Meldola, spiega quali sono le prospettive di cura
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"Non ci girerò intorno: ho scoperto di avere una neoplasia dal suono dolce: mieloma, ma non per questo meno insidiosa”, così, davvero senza girarci intorno, Giovanni Allevi nel 2022 comunicò via social di dover sospendere i suoi impegni lavorativi a causa della sua malattia, il mieloma multiplo. Allevi sale quindi sul palco dell’Ariston dopo mesi di cure, per tornare a esibirsi come “testimonial della sua battaglia, e portavoce di chi si trova nella sua situazione”, ha dichiarato Amadeus.

Abbiamo chiesto a Claudio Cerchione, ematologo dell'Istituto scientifico romagnolo per lo studio e la cura dei tumori (Irst) Irccs di Meldola, di spiegarci cosa è il mieloma multiplo, ma soprattutto di raccontarci quali sono le cure e i trattamenti prossimi venturi sui quali i pazienti possono o potranno a breve contare.

 

La malattia

Il mieloma multiplo, di cui in Italia si contano 5.700 nuove diagnosi all’anno, è un tumore del sangue dovuto alla crescita incontrollata delle plasmacellule, cellule del sistema immunitario responsabili della produzione degli anticorpi. Le plasmacellule tumorali appartengono a un solo clone, e quindi producono un solo tipo di anticorpo ma in grandissime quantità, la cosiddetta componente monoclonale. In genere i primi sintomi di malattia sono il dolore osseo, un dolore localizzato a volte accompagnato da fratture spontanee, e la stanchezza per via dell’anemia. “Esatto – conferma Cerchione – i segnali con cui in genere il paziente si presenta dall’ematologo sono questi”.

Chi colpisce

Le stime ci dicono che il mieloma multiplo colpisce prevalentemente le persone anziane: il 38 per cento delle diagnosi riguarda over 70 e solo il 2 per cento dei malati è al di sotto dei 40 anni. “Ma l’età della diagnosi si sta abbassando – commenta Cerchione – e il 40enne con mieloma multiplo, che una volta era rarissimo, oggi è meno raro. Il motivo è che oggi conosciamo meglio questa patologia, c’è una maggiore attenzione ai segnali e riusciamo a individuarla anche nelle persone giovani”. Insomma, troviamo più mielomi perché siamo più bravi a sospettarne la presenza e quindi a scovarli. “È così. Nei giovani, poi, troviamo più spesso le cosiddette patologie pre-mieloma: la gammopatia monoclonale e il mieloma smoldering, due malattie che ci dicono che il clone di plasmacellule tumorali è già partito, ma il mieloma non c’è ancora. Quando individuiamo queste forme pre-tumorali teniamo il paziente sotto attenta osservazione, stando pronti a intervenire precocemente, con la cura più adatta”.

I primi trattamenti e l'auto-trapianto di cellule staminali

Nel mieloma non si usa quasi più la chemioterapia tradizionale, oggi tutti i trattamenti si basano sull’immunoterapia. Il primo passo, comunque, è capire se i pazienti possono o meno essere sottoposti a un trapianto autologo di cellule staminali, continua l’ematologo. Una volta si consideravano eleggibili solo i pazienti giovani, oggi si valuta ogni singolo caso, e vengono considerati eleggibili per l’autotrapianto anche persone con più di 70 anni sulla base della comorbidità e del loro stato di salute generale. Per entrambi i tipi di pazienti, la prima linea di intervento è daratumumab, un anticorpo monoclonale: “un farmaco che rappresenta lo zoccolo duro della terapia, ed è per tutti. Agli eleggibili al trapianto si somministra anche un terapia di induzione, che prepara all’intervento. A chi non farà il trapianto, oltre all’anticorpo monoclonale, sono somministrati un immunomodulante e cortisone”, spiega Cerchione. Entrambi i tipi di pazienti, inoltre, vengono sottoposti a un monitoraggio continuo, per intercettare la possibile ricomparsa della malattia, che si può verificare anche dopo molto tempo: tanti pazienti controllano bene la malattia per molti anni con i farmaci di prima linea. Ma la malattia tuttavia può tornare. 

La seconda e la terza linea di trattamento

Queste persone su cosa possono contare oggi? “I pazienti che perdono la risposta ai farmaci - risponde l'esperto - possono beneficiare di molte altre opzioni di cura che l’ematologo valuta in base alla tipologia della malattia, alle comorbidità e alle caratteristiche del tumore. I farmaci sono anticorpi monoclonali di nuova generazione in combinazione con anticorpi monoclonali di prima generazione, con inibitori del proteosoma di nuova generazione, e immunomodulanti di nuova generazione, sempre più efficaci e meglio tollerati”. Nel caso di una seconda recidiva, cioè per la terza linea, si possono usare altri farmaci: gli anticorpi bi-specifici, molecole con una grande efficacia a fronte di una discreta tollerabilità. In Italia sono disponibili due farmaci di questo tipo, ma altri sono in arrivo.

Gli anticorpi bi-specifici hanno un doppio target, cioè attaccano le plasmacellule cancerose legandosi a due antigeni di superficie, cd3 e bcma, a differenza dei monoclonali che utilizzano un solo punto di attacco. “Nei pazienti che non rispondevano alle terapie convenzionali, questi farmaci hanno dato il 70-80% di efficacia – spiega Cerchione -  E infatti oggi sono in corso trial per testare i bi-specifici già come prima e seconda linea. E trial che stanno testando i bi-specifici anche come terapia di mantenimento dopo il trapianto”.

Le Car-T

Le Car-T sono cellule del sistema immunitario, linfociti T per la precisione, che vengono prelevate dal sangue di un paziente e istruite in laboratorio in modo che, una volta reinfuse nello stesso paziente, siano in grado di attaccare il suo tumore. “La terapia cellulare Car-T è destinata a pazienti con tumore avanzato che ha perso o non ha mai ottenuto la risposta alle terapie disponibili", specifica Cerchione. In Italia la prima terapia con Car-T è appena stata approvata dall'AIFA.

Il ritorno della chemioterapia

Contro il mieloma, come detto, si usa poco la chemioterapia: “E' vero - aggiunge Cerchione - ma ci sono alcuni mielomi che sono totalmente resistenti a tutte le forme di immunoterapia. Per questi pazienti è all’orizzonte un chemioterapico completamente nuovo, melflufen, che ha un meccanismo d’azione molto particolare e differente dagli altri chemioterapici, è efficace e molto più tollerabile”.

La profilazione molecolare

Il futuro? "Oltre ai farmaci, nei centri di eccellenza come l’Irst-Irccs di Meldola ci stiamo concentrando sui biomarcatori del mieloma, cioè sui profili molecolari della patologia. L’obiettivo - conclude l'ematologo - è quello di studiare i bersagli molecolari del mieloma per dare la cura giusta al singolo paziente”.

 

Testo aggiornato il 15 febbraio 2024. Le modifiche riguardano l'approvazione in Italia della prima terapia Car-T, che finora non era disponibile nella pratica clinica.