Il re dell’horror Jason Blum: "I miei film da incubo ci abituano alla realtà" - la Repubblica

Spettacoli

Un momento di Nocturne, uno dei quattro film di Welcome to the Blumhouse, dal 6 ottobre su Amazon Prime Video 

Il re dell’horror Jason Blum: "I miei film da incubo ci abituano alla realtà"

Il produttore fondatore della Blumhouse si racconta, tra successi come Paranormal Activity e La notte del giudizio e la scelta di affidare le regie a donne e afroamericani. Da martedì 6 ottobre la sua nuova serie tematica su Amazon Prime Video

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Negli ultimi undici anni Jason Blum ha ridefinito il genere horror grazie a un fiuto invidiabile e a una formula vincente: produrre film di qualità a basso costo, con un budget che non supera quasi mai i 5 milioni di dollari. "È un modo per sperimentare di più e correre meno rischi " spiega il re Mida di Hollywood, 51 anni, cresciuto studiando religiosamente i film di Alfred Hitchcock. Le pellicole prodotte dalla sua Blumhouse Production hanno incassato oltre 4 miliardi di dollari e rivoluzionato il nostro rapporto con la paura: c'è lui dietro le saghe di Paranormal Activity, Insidious e La notte del giudizio, che condanna l'uso delle armi e scava nelle mostruosità che si celano dietro il sogno americano. Il suo è un cinema che si interroga su come sta cambiando la società: BlacKkKlansman, che è valso un Oscar a Spike Lee, puntava il dito contro razzismo e suprematismo bianco proprio come il premiatissimo Scappa - Get Out, mentre Noi giocava col tema del doppio per parlare di lotta di classe. Domani sbarcano su Amazon Prime Video i primi due titoli dell'antologia Welcome to the Blumhouse (altri due seguiranno il 13 ottobre): in The lie due genitori cercano di insabbiare un omicidio commesso dalla figlia adolescente, mentre in Black Box un vedovo che ha perso la memoria si sottopone a una cura sperimentale. "Volevamo esplorare il tema del male. Il filo rosso? Il bisogno di proteggere chi amiamo, a qualunque costo".

Il produttore Jason Blum, 51 anni 


Ha affidato tutte le regie a filmmaker di colore e donne.
"Il nostro è un pubblico variegato, composto al 55% da donne. È importante che il team creativo rappresenti chi ci segue: alcuni registi sono emergenti, altri appartengono a culture poco rappresentate. Credo che la gente si accorga se la voce che racconta una storia è autentica o meno. Una filosofia che si riflette nella struttura dell'azienda, dove oltre il 50% dei dirigenti sono donne".

Come stabilite i progetti su cui puntare?
"Scegliamo storie che consideriamo spaventose, tenendo a mente che un film che non fa paura al sottoscritto possa invece essere terrificante per una donna. Il processo è democratico, leggiamo i copioni e ne parliamo: il lunedì, se qualcuno è davvero convinto, procediamo".

Molti dei vostri film sono thriller sociali che colgono lo spirito del tempo. Si rende sempre conto dell'impatto che avranno?
"È una cosa che mi auguro, ma non sempre accade. Sono attratto da storie che mettano a disagio le persone e le costringano a riflettere. Per qualche motivo, quando il mondo si fa destabilizzante, la gente si rifugia negli horror. Credo che ci offrano una paura su cui, rispetto al caos che ci circonda, possiamo esercitare un controllo. È un'esperienza catartica".

La notte del giudizio, 2013, primo film della saga 


Come sono cambiati i nostri gusti?
"Il pubblico è sofisticato, è più difficile spaventarlo perché ha visto tanto. Ho letto una teoria secondo cui chi ama gli horror sarebbe più preparato ad affrontare il Covid perché abituato a ragionare su come comportarsi di fronte a scenari da incubo. Ci spaventano le stesse cose di un tempo: una minaccia alla nostra vita e all'interpretazione della realtà. L'uomo invisibile parlava di questo: una donna è convinta di essere perseguitata dal suo ex, ma la credono pazza".

Ai registi dà completa libertà creativa?
"Sempre. Uno dei problemi di quest'industria è che, quando ci sono molti soldi di mezzo, la voce dell'autore viene annacquata dalle opinioni degli investitori. Seguo la corrente opposta, dai tempi di Paranormal Activity fino al recente Halloween, che è stato la più grande apertura in sala di sempre per un horror con una protagonista over 40. Mi sono affidato al suo regista ed è andata bene. Abbiamo completato il sequel, Halloween Kills, mentre nel 2021 iniziamo a girare Halloween Ends".

Ha iniziato come venditore porta a porta e agente immobiliare.
"Vendere agli sconosciuti è stata un'esperienza formativa: all'inizio ero pessimo, sono migliorato col tempo. È una cosa che faccio ancora, propongo idee difficili a persone che non conosco. Sto cercando di piazzare una serie su Steve Bannon, ex capo stratega di Trump, ma nessuno la vuole. Non mi arrendo".

La pandemia vi ha rallentati?
"Ha frenato i nostri film e le produzioni tv con budget più elevati, ma la richiesta non è mai stata così alta perché le persone trascorrono molto più tempo a casa. L'impatto principale lo ha avuto sulle sale, che restano chiuse. Credo che la gente continuerà ad andare al cinema quando troveremo un vaccino".

Il virus modificherà le storie che verranno prodotte?
"Sì, perché ha già cambiato il modo in cui lavoriamo e ci rilassiamo nel tempo libero. Vedremo i primi risultati tra un paio d'anni".

Ci sarà mai un sequel di Get Out?
"Mi piacerebbe! Lo chiedo spesso a Jordan Peele, ma dubito che sia interessato. Vorrei lavorare di nuovo anche con Spike: gli ho fatto un paio di offerte, ma non ha ancora accettato. Troverò qualcosa che fa per lui".

È considerato il re dell'orrore: che cosa la turba?
"Trump. Non c'è niente che mi preoccupi più di chi minaccia la democrazia. È una cosa che mi tiene sveglio di notte, confido nelle elezioni".
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