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Stendhal (Marie-Hednri Beyle, 1783-1842)[/center]

A Marie-Henri Beyle, meglio noto come Stendhal, si riconoscono alcuni tra i primi e più grandi esemplari del romanzo realista ottocentesco. L’intera produzione letteraria del celebre autore francese è principalmente caratterizzata da una marcata sensibilità romantica e da un fervido spirito critico, tratti - questi - da cui derivò l’egotismo tipico dei suoi personaggi (atteggiamento caratterizzato dalla compiaciuta analisi del proprio io).

L'analisi delle passioni, dei comportamenti sociali, l'amore per l'arte e per la musica, nonché la continua ricerca dei piaceri materiali, ricorrono in una scrittura personalissima, nella quale il realismo dell'osservazione oggettiva si fonde in maniera armonica con il carattere individuale della sua espressione. Per la verità Stendhal fu quasi ignorato dai suoi contemporanei (con l’eccezione di De Balzac), ma è adorato dai posteri per la capacità di descrivere il clima morale e intellettuale del suo tempo miscelando mirabilmente l’ambientazione storica e l’analisi psicologica.

Nato a Grenoble nel 1783 da una ricca famiglia borghese, Stendhal perse a 7 anni la madre, a cui era molto affezionato. A 16 anni, insofferente al conservatorismo del padre (peraltro arrestato durante il Terrore), abbandonò la casa familiare per recarsi a Parigi. Senza risorse economiche, dovette rinunciare alla prima intenzione di iscriversi all’École Polytechnique, per lavorare, invece, come semplice impiegato presso il Ministero della Guerra. Quando tra i giovani francesi si affermò l’entusiasmo per le imprese di Napoleone Bonaparte - all’ora generale - Stendhal ne raggiunse le armate a Milano, dove ebbe inizio il suo imperituro amore per l’Italia. Come soldato il giovane si distinse in fretta: conquistò i gradi di sottotenente e fu aiutante di campo del generale Stéphane Michaud, quindi entrò a far parte dell’amministrazione imperiale e lasciò i campi di battaglia.
Nel decennio successivo intraprese frequenti viaggi di lavoro tra Austria, Russia, Italia e Germania, ed entrò in contatto con artisti e intellettuali come il compositore Gioacchino Rossini (del quale poi scrisse una nota biografia) e gli intellettuali della rivista Il Conciliatore (ad esempio Silvio Pellico). Alla caduta di Napoleone nel 1815, Stendhal si ritirò a Milano, dove - versatile com’era - partecipò con intensità all’agitata vita culturale del capoluogo lombardo. In seguito ai moti di ribellione del 1820 dovette lasciare l’Italia, sospettato dagli austriaci di intrattenere rapporti con la Carboneria milanese. Vagabondò per l’Europa prima di ristabilirsi a Parigi e collaborare con alcune riviste locali di critica d’arte.
Fu un cronista poligrafo, narratore, storico, memorialista e diarista, nonché attento osservatore politico delle polemiche in atto. Denunciò anche la sua educazione affine al Romanticismo, intrattenendo meditazioni autobiografiche con l’io narrante (così inventò il suo fortunato pseudonimo).
Quando, nel 1830, sorse la monarchia di Luigi Filippo d’Orléans, Stendhal tornò in Italia con la carica di console di Trieste. Ancora indesiderato dagli austriaci fu costretto a spostarsi più volte nel paese che amava, e scoprì a fondo le diverse realtà sociali di Roma, Firenze e Napoli. La “felicità sublime” di vivere in Italia indusse Stendhal ad ambientarvi molti dei suoi successivi romanzi, specchi di incontri umani dallo spiccato carattere realista. Opera fondamentale fu Il Rosso e il Nero (1830), permeata nei contenuti da un moderno realismo che si poneva con sensibilità ancora romantica nei confronti della società. Congedatosi dall’incarico di console per motivi di salute, Stendhal fece ritorno in Francia sul finire degli anni ’30, e nel 1842 morì improvvisamente a Parigi. Fu sepolto nella celebre località di Montmartre con l’epitaffio “Henri Beyle milanese”.