Humble Pie – Recensione: Humble Pie (Reissue)

Humble Pie – Recensione: Humble Pie (Reissue)

Uscito nel 1970 l’omonimo album della band inglese rappresenta il più classico dei lavori di passaggio. Rimasti senza casa discografica a causa del fallimento della Immediate e ancora con una carriera da lanciare nonostante due album ben accolti da critica e pubblico gli Humble Pie si aggregano alla A&M e creano così un connubio che porterà loro il successo per cui ancora oggi li ricordiamo.

Ancora legato al suono blues rock e a certe inflessioni folk-rock, “Humble Pie” si distingue invece per una più marcata adesione ai dettami del rock elettrico e hard (si dice grazie alla spinta dello stesso manager Dee Anthony) e presenta così un buon blend stilistico in grado di far ancora oggi una figura assolutamente notevole.

La coppia Mariott/Frampton non è di quelle che passano inosservate e una band in cui tutti i componenti sono in grado di dare il loro contributo anche nelle vocals e nella stesura delle composizioni è manna per le orecchie di ogni appassionato di musica a 360 gradi.

I brani più hard, come “One Eyed Trouser-Snake Rhumba” o “Red Light Mama, red Hot!” suonano la carica, ma le sfumature del blues roccioso nella opener “Live With Me” e la quasi ballata “Earth And Water Song” (non a caso un brano firmato proprio di Peter Frampton) fanno da bilanciamento perfetto per un lavoro che sarà un piacere riscoprire anche per chi non è fanatico del rock degli anni settanta.

Dopo i due superclassici “Rock On” e “Smokin’” si tratta infatti probabilmente del miglior album firmato Humble Pie.

Voto recensore
8
Etichetta: Lemon

Anno: 2012

Tracklist:

01. Live With Me
02. Only A Roach
03. One Eyed Trouser Snake Rumba
04. Earth And Water Song
05. I'm Ready
06. Theme From Skint (See You Later Liquidator)
07. Red Light Mama, Red Hot!
08. Sucking On The Sweet Vine


riccardo.manazza

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Incapace di vivere lontano dalla musica per più di qualche ora è il “vecchio” della compagnia. In redazione fin dal 2000 ha passato più o meno tutta la sua vita ad ascoltare metal, cominciando negli anni ottanta e scoprendo solo di recente di essere tanto fuori moda da essere definito old school. Il commento più comune alle sue idee musicali è “sei il solito metallaro del cxxxo”, ma d'altronde quando si nasce in piena notte durante una tempesta di fulmini, il destino appare segnato sin dai primi minuti di vita. Tra i quesiti esistenziali che lo affliggono i più comuni sono il chiedersi il perché le band che non sanno scrivere canzoni si ostinino ad autodefinirsi prog o avant-qualcosa, e il come sia possibile che non sia ancora stato creato un culto ufficiale dei Mercyful Fate.

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