Quella condotta dai Monuments Men, «gli uomini della Monumenti», eroi alleati che recuperarono gran parte dei tesori dell'arte europea sottratti dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Erano circa 345 uomini e donne di 13 nazionalità diverse, per lo più intellettuali o artisti reclutati tra direttori di musei, bibliotecari, studiosi d'arte e architetti.
Precisamente dal 1943 al 1951, prestarono servizio nella Mfaa (Monuments, fine arts and archives), la sezione Monumenti, belle arti e archivi dell'esercito anglo-americano. E ritrovarono oltre 100 mila capolavori (in Europa, più del 20% delle opere d'arte furono razziate da Hitler).
I capolavori di Leonardo. Su mandato del presidente Usa Franklin D. Roosevelt, andarono nell'Europa invasa dalle armate di Hiltler con una missione precisa: salvare i capolavori dell'arte mondiale. A costo della vita, infatti, questi soldati riuscirono a sottrarre dalla distruzione o dal saccheggio migliaia di opere, fra le quali capolavori di Leonardo, Donatello, Vermeer, Rembrandt e van Eyck che i nazisti avevano nascosto in luoghi impensabili come miniere di sale, a centinaia di metri sotto terra o castelli inaccessibili sulle Alpi, come quello di Neuschwanstein, in Germania.
Una storia da Hollywood. Arruolati all'inizio per tutelare monumenti, chiese e musei messi a rischio dai combattimenti, riuscirono, anche grazie all'aiuto di francesi, italiani e di qualche tedesco, a impedire il più grande furto artistico della storia organizzato dai nazisti. E come ha scritto lo storico americano Robert M. Edsel nel libro Monuments Men (da cui è tratto il film di George Clooney) «hanno letteralmente salvato il mondo come lo conosciamo».