L’espressione alta fedeltà, derivante dall’inglese High Fidelity, spesso abbreviato in Hi-Fi, descrive tutti quei dispositivi audio (ma anche video) che puntano a un elevato livello di qualità. Le macchine che puntano al massimo livello possibile di fedeltà sono definite Hi-end (sempre dall’inglese High End). Si tratta di espressioni fondamentali nel mondo degli appassionati di musica, nate ormai diversi decenni orsono (l’espressione alta fedeltà nasce nel 1936 con la creazione della valvola 6L6 da parte di RCA e si diffonde ampiamente a partire dagli anni 70, mentre Hi-end viene utilizzata a partire dalla fine degli anni 80).
Soprattutto a partire dagli anni 80, per via dei progressi tecnologici del settore, il termine Hi-Fi divenne un vero e proprio marchio, utilissimo per la definizione di alcuni standard di riferimento per tutti gli appassionati in cerca di dispositivi effettivamente in grado di riprodurre musica a qualità molto superiore alla media. Oggi il marchio si è diffuso così tanto (parallelamente al costante progresso tecnologico) da essere attribuito a una vasta gamma di prodotti, sebbene tra gli appassionati, al di là della grande produzione e distribuzione, sia ancora oggi usato con cognizione di causa.
Ma come possono essere valutati i dispositivi ad alta fedeltà? La domanda è fondamentale. I criteri adoperati sono numerosi:
- Rapporto segnale/rumore
- Rapporto dinamico
- Potenza
- Slew rate
- Risposta in frequenza
- Distorsione armonica totale (THD)
- Distorsione di intermodulazione (IMD)
- Wow & Flutter e Rumble (in giradischi e registratori)
- Fattore di smorzamento
- Fattore di separazione fra i canali (diafonia)
Tutti criteri che i veri patiti dovrebbero conoscere per poter orientare al meglio le proprie scelte in fase di costruzione oppure ottimizzazione del proprio impianto Hi-Fi. È inoltre d’obbligo precisare che i fattori elencati sopra si riferiscono alle apparecchiature: per un’esperienza audio davvero ottimale vanno considerati ulteriori criteri (acustica della stanza, posizionamento degli altoparlanti e del fruitore, ecc.).
I test per la valutazione della qualità sonora di un impianto Hi-Fi o Hi-end vengono in genere realizzati tramite prove in doppio cieco. La peculiarità di questi test è il fatto che le persone coinvolte non sono a conoscenza di alcune informazioni fondamentali dell’esperimento, in modo che eventuali preconcetti non possano influenzarne il giudizio. Espresso in estrema sintesi, l’ascoltatore che volesse confrontare diversi impianti non dovrebbe sapere, in questo genere di esperimenti, quale impianto (o componente) è in funzione in un dato momento. Si tratta di una procedura molto efficace, utilizzata in moltissimi campi, dalla medicina alla psicologia fino agli impianti alta fedeltà.
Altra procedura rivelatasi affidabile in questo settore è quella del test ABX, che si basa sul confronto di due fonti (impianti) conosciute (A e B) a una terza sconosciuta, che può essere A come B. I dibattiti su quale tipologie di test conviene condurre sono ancora aperti; possiamo comunque dire che i più diffusi sono sempre i test in doppio cieco.
Voi cosa ne pensate?