Insediamento Biden: la transizione presidenziale “virtuale” che segna la rinascita degli Stati Uniti | National Geographic

Insediamento Biden: la transizione presidenziale “virtuale” che segna la rinascita degli Stati Uniti

La cerimonia di inaugurazione che il 20 gennaio 2021 ha consacrato Joe Biden il 46° Presidente USA rimarrà nella storia per le norme di sicurezza anti Covid, la fine dell'era Trump e il ritorno della democrazia.

da Robert Draper

pubblicato 21-01-2021

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Joseph R. Biden pronuncia il giuramento e diventa il 46° Presidente degli Stati Uniti. “La storia americana non dipende da uno di noi, o da alcuni di noi”, ha dichiarato durante il suo discorso, “ma da tutti noi, da noi popolo, in cerca di un’unione migliore”.

FOTOGRAFIA DI Andrew Harnik, AP

Joe Biden ha fatto il giuramento ed è ufficialmente il 46° Presidente degli Stati Uniti d'America. "Sarò il Presidente di tutti. Uniti contro il virus. E vinceremo il suprematismo bianco" ha detto durante il suo primo discorso alla Casa Bianca, avvolto dal silenzio di una Washington spettrale, blindata in seguito all'assalto al Congresso del 6 gennaio 2021.

“Se siamo uniti, non perderemo mai come americani. Oggi cominciamo da capo, tutti. Riascoltiamoci, ricominciamo a sentirci e a portarci rispetto” ha dichiarato Biden, mentre Donald Trump e la moglie Melania sono saliti sull'elicottero per raggiungere la loro residenza in Florida. 

La cerimonia di insediamento non è stata come le precedenti transizioni presidenziali a causa della pandemia globale in corso. Al posto del pubblico sono state disposte 200mila bandiere, poche persone distanziate hanno assistito all'inaugurazione e sul palco si sono alternate personalità di rilievo tra cui Lady Gaga e Jennifer Lopez.

Tralasciando molti dei tradizionali festeggiamenti a causa della Covid-19, Joe Biden si è messo subito al lavoro, approvando i primi decreti, 17 per la precisione, che in poche ore hanno dimostrato la radicale inversione di tendenza dalle politiche americane degli ultimi anni. Il primo decreto firmato da Biden prevede l'obbligo di indossare la mascherina in tutte le aree di giurisdizione federale, dai palazzi governativi ai mezzi pubblici. Poi verrà ripristinata la "Direzione per la sicurezza sanitaria globale e la difesa biologica" sempre per combattere il Covid. 

Per l'ambiente invece Biden ha confermato di rientrare nell'accordo di Parigi sul clima, da cui Trump era uscito nel 2017. Mentre per il tema delle discriminazioni la nuova consigliera per le politiche interne Susan Rice ha annunciato che occorre controllare se il denaro federale è distribuito in modo equo nelle varie comunità nere e in altri luoghi di bisogno.

Non è stata l’America a inventare la democrazia. Con buona pace del duo di musica country Brooks & Dunn, la cui canzone “Only in America” (Solo in America, NdT) è un evergreen della campagna elettorale, in molti altri Paesi “tutti riescono a ballare” (dal verso della canzone “everybody gets to dance”) e “i sogni non hanno limiti” (da un altro verso della canzone, “dream as big as we want to”). A questo riguardo, il gruppo di sostegno alle elezioni apartitico FairVote elenca quelle che chiama 35 “democrazie solide”, Paesi in cui un’elezione nazionale regolarmente produce un vincitore a cui vengono trasferiti i poteri in modo ordinato e non violento.

Ciò che distingue l’America è lo spettacolo di quel trasferimento, trasmesso in mondovisione: chi cede e chi riceve i poteri, insieme, sullo stesso palco del West Front del Campidoglio, circondati dalle proprie famiglie e da altri rappresentanti del potere, inclusa la fraterna élite dei passati presidenti, mentre centinaia di migliaia di cittadini sono riuniti davanti a loro, un mare di testimoni oculari che si riversano su tutto il National Mall fino all’obelisco dedicato al primo presidente americano, George Washington. Essendo un atto di apertura e rinnovamento, si tratta di un evento tradizionalmente tenuto all’aperto, fatto di cappotti pesanti e respiri ghiacciati. Soprattutto questo trasferimento di poteri da un presidente all’altro trasmette l’idea sacra che tali poteri sono e rimangono derivativi, ovvero che risiedono sostanzialmente e immutabilmente nelle persone. In tutto il circo che imbratta la politica americana, il rito quadriennale del 20 gennaio è il momento in cui ci si inchina a questa carica solenne. È l’autodeterminazione resa manifesta.

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La cerimonia inaugurale del 2021 è stata molto diversa da quella del 2013.

FOTOGRAFIA DI Stephen Wilkes

Quasi 200.000 bandiere americane hanno rappresentato la folla che avrebbe presenziato se non fosse stato per la pandemia, insieme alle bandiere di ogni Stato. 

FOTOGRAFIA DI Stephen Wilkes
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Una famiglia che indossa mascherine raffiguranti la bandiera americana guarda attraverso la recinzione di sicurezza il percorso che segue il corteo inaugurale verso il Campidoglio degli Stati Uniti.

FOTOGRAFIA DI Nina Berman,National Geograhpic

L’impatto visivo di quella scena durante l'insediamento di Joe Biden è stato evidentemente indebolito dall’assenza del presidente uscente, Donald Trump. Era dal 1869 che non succedeva che il presidente uscente si rifiutasse di comparire sul palco insieme al presidente entrante. In quel giorno della cerimonia inaugurale di 150 anni fa, fu un altro presidente sottoposto a impeachment, Andrew Johnson, che decise di non presenziare. La folla che accolse il neo-eletto Ulysses S. Grant era però numerosa, ad ascoltare il suo giuramento sul portico est del Campidoglio di fronte alla Corte Suprema (per poter ricevere il pubblico sempre più numeroso, la cerimonia fu spostata sul lato ovest a partire dal giuramento di Ronald Reagan, il 20 gennaio 1981); La folla ha osservato e ascoltato l’ex generale dell’Unione nel suo discorso alla nazione: “Il Paese si è appena risollevato da un periodo di grandi ribellioni, nei prossimi anni saranno molte le questioni da risolvere perché si possa assestare, questioni che le precedenti amministrazioni non hanno mai dovuto affrontare”.

Il 18° presidente trascorse i successivi otto anni assistendo a una breve ricostruzione, allarmismo economico e politici corrotti. Ciononostante, Grant tenne l’America unita, e nel 1877 invitò il suo successore, Rutherford Hayes, a cena alla Casa Bianca. Il Paese sopravvisse quindi alla rottura della tradizione di Johnson. E probabilmente supereremo anche l’estraniamento del passaggio dal 45° al 46° presidente.

I sostenitori e i detrattori del presidente Trump concorderanno su una cosa: i suoi quattro anni nello Studio Ovale hanno portato a una profonda deviazione da molte delle norme che lo hanno preceduto. O, per usare le sue parole, sulla pista di atterraggio dell’Andrews Air Force Base prima di partire per Palm Beach, con un atipico understatement: “Non siamo un’amministrazione normale”. Molto prima di Trump, i burocrati governativi erano stati sporadicamente tacciati come incompetenti, zelanti e pignoli, ma mai definiti un malvagio “deep state” (il cosiddetto “stato profondo”, NdT). I media sono stati criticati di pregiudizi liberali ed elitismo (eppure erano apertamente schierati agli inizi del XIX secolo), non erano mai stati ripetutamente accusati di essere “nemici del popolo americano”, quanto meno non in questa vita. La competenza di scienziati, educatori e funzionari dell’intelligence è sempre stata considerata fallibile ma mai completamente da buttare. Ora un costante sospetto rispetto a praticamente ogni istituzione affligge una porzione ampia dell’elettorato.

La Showtime March Band della Howard University si esercita nel campus la notte prima di scortare Kamala Harris, laureatasi presso questa Università, all’inaugurazione.

FOTOGRAFIA DI Jared Soares,National Geographic
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Prima del giuramento, Biden e la sua famiglia hanno partecipato alla funzione religiosa presso la cattedrale di San Matteo Apostolo a Washington D.C. insieme ai leader del Congresso.

FOTOGRAFIA DI Tom Brenner,Reuters
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La banda dell’esercito americano suona durante la cerimonia inaugurale. Il tradizionale evento è stato ridimensionato per prevenire un’ulteriore diffusione del coronavirus.

FOTOGRAFIA DI Tasos Katopodis
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I partecipanti, nel rispetto delle norme sul distanziamento sociale, assistono all’inaugurazione. A causa della pandemia e delle minacce alla sicurezza, l’accesso al National Mall è stato limitato. 

FOTOGRAFIA DI Carolyn Kaster

Nel suo discorso, Biden ha sentito la necessità di ricordare al suo pubblico che “c’è la verità e ci sono le bugie” aggiungendo che ogni cittadino ha il dovere di difendere la prima e combattere le seconde. Soprattutto, il suo discorso è stato un appello all’unità. “La politica non deve essere un fuoco che distrugge tutto quello che incontra” ha dichiarato Biden. “Ogni disaccordo non deve essere la causa di una guerra totale”. Sta risvegliando un vocabolario che l’America ha dimenticato? Oppure il suo è un linguaggio già estinto?

L'insediamento di Biden è stato, a causa della pandemia, il primo giorno di inaugurazione “virtuale” dell’America. Anche questo segna una rottura della tradizione, seppur – per quanto strano - in linea con gli eventi della campagna elettorale di Biden, spartani e rispettosi delle precauzioni anti-COVID tanto quanto quelli di Trump sono stati spavaldamente affollati. Per la prima volta da quando se ne ha memoria, gli americani hanno un nuovo presidente il cui mandato popolare può essere misurato puramente con il conteggio totale dei voti, piuttosto che dall’impatto visivo delle folle nei centri congressi, nelle sedi della campagna elettorale nella notte del giorno delle votazioni, e lungo il Mall nel giorno dell’insediamento. E questo si aggiunge alla sua età, 78 anni: il presidente più anziano nella storia degli Stati Uniti. Tutto questo solleva domande su come presiederà su un Paese psicologicamente scosso quanto lo era quello a cui si rivolse il Presidente Grant quando aveva 46 anni.

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Biden e sua moglie camminano sul tappeto blu e rosso verso il palco sul West Front del Campidoglio degli Stati Uniti dove ha luogo il trasferimento di carica tra le amministrazioni. 

FOTOGRAFIA DI Win McNamee
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Il giuramento di Kamala Harris come vicepresidente davanti al giudice della Corte Suprema Sonia Sotomayor mentre suo marito Doug Emhoff tiene la Bibbia. È la prima vicepresidente nera e asiatica. 

FOTOGRAFIA DI Andrew Harnik

Da sempre, il giorno della cerimonia inaugurale fornisce una prima impressione sul tono e sulle priorità della nuova amministrazione. È stato un utile messaggio sulla prossima era, anche se negli ultimi anni lo sfarzo del 20 gennaio può essere considerato una manifestazione della tendenza agli eccessi tipicamente americana, con gli imprenditori donatori che prendono d’assalto i bar degli hotel di Washington hotel come pirati in smoking. Per l’inizio del secondo mandato di George W. Bush ci fu il fragoroso ballo “Black Tie & Boots” lanciato da ricchi texani. La frivola spavalderia di quella notte decisamente voltò pagina dal non facile inizio di Bush quattro anni prima, dopo un’elezione contestata che fu alla fine decisa dalla Corte Suprema americana.

Quattro anni dopo, in quanto residente a Capitol Hill, mi svegliai presto la mattina del 20 gennaio per osservare centinaia di miei vicini afroamericani riversarsi lungo il Mall a piedi, nel freddo pungente, per assistere all’inaugurazione del primo presidente di colore della nazione. Come scoprii più tardi mentre cercavo un libro sul Congresso, quella stessa sera un gruppo di circa 15 leader repubblicani si incontrò per una cena improvvisata in una steakhouse di Washington. Molti di loro avevano assistito all’insediamento di Barack Obama ed erano visibilmente scioccati dalla folla immensa dei presenti — una prova visiva, sembrò al tempo, che tutta l’America era schierata contro di loro (per la fine della serata il loro umore era migliorato, grazie al piano che idearono per far sì che Obama portasse a termine un solo mandato).

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Una bandiera sventola sulla Black Lives Matter Plaza, poco più a nord della Casa Bianca, mentre poco sopra il Marine One decolla con a bordo Donald e Melania Trump.
 

FOTOGRAFIA DI David Guttenfelder,National Geographic
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Trump parla ai media presso la Casa Bianca per l’ultima volta da Presidente, prima del trasferimento con la sua famiglia a Mar-a-Lago. La tenuta in Florida è adesso la sua principale residenza. 

FOTOGRAFIA DI Alex Brandon
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Trump atterra all’aeroporto internazionale di Palm Beach per iniziare la sua vita da privato cittadino.

FOTOGRAFIA DI Carlos Barria,Reuters

Ma il mio ricordo più nitido del 20 gennaio 2009, è della tarda serata, dopo una festa su Pennsylvania Avenue alla quale partecipai. Gli invitati erano perlopiù giovani appartenenti allo staff e volontari della campagna di Obama, ma tra loro c’era Walter Dellinger, l’ex viceprocuratore generale durante l’amministrazione Clinton. Quando il party volse al termine, vidi Dellinger, incanutito e in abito da sera, fermarsi per gli ultimi saluti per poi montare su una bicicletta (per anni il suo veicolo d’elezione a Washington) e pedalare nella notte. Qualche giovane lo seguì con sguardo ammirato, come se avesse una mappa mentale della città a loro incomprensibile.

La stessa città ora ha accolto un presidente che, in qualità di senatore per 36 anni, fece un punto d’orgoglio di non viverci, e prendere invece il treno per tornare a casa dal lavoro ogni sera fino a Wilmington, in Delaware, per raggiungere la sua famiglia. I presidenti da sempre interagiscono con Washington in modi rivelatori. Ma il collegamento di Biden, politico da una vita, con la capitale rimane indistinto. George W. Bush era famoso per essere un abitante della Casa Bianca molto “casalingo”: raramente usciva (tranne per giri in bicicletta su sentieri isolati e poco frequentati); un famoso ristorante di Austin chiamato Jeffrey’s, i cui proprietari erano suoi amici, aprì un locale gemello a Washington nella speranza di attirare i texani trapiantati, ma andò male. Gli Obama si sono molto dedicati a sostenere le attività locali e gli eventi sportivi, mentre Trump ha preferito rimanere nella residenza della Casa Bianca o nel suo grand hotel in fondo alla strada. Biden utilizzerà Washington come palco, come residenza solo lavorativa o come qualcos’altro? Il tradizionale giorno della cerimonia inaugurale non ha offerto indizi chiari.

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I partecipanti siedono distanziati sulle gradinate del Campidoglio durante il discorso di Biden che ha seguito il suo giuramento. Nel pomeriggio ci sono stati discorsi, preghiere, spettacoli e poesie.

FOTOGRAFIA DI Brendan Mcdermid,Reuters

In ogni caso, il passo storico è stato fatto: il nuovo Presidente ha prestato giuramento davanti al celebrato simbolo della democrazia che solo due settimane prima era stato assediato dai sostenitori del suo predecessore. Il Campidoglio ha resistito. L’insurrezione mirata a privare Joe Biden della presidenza che si è democraticamente guadagnato ha fallito. Indossando le mascherine sotto un soleggiato cielo invernale, le poche centinaia di ospiti selezionati si sono chinati in preghiera per la nuova amministrazione. Se un Mall vuoto è stato il prezzo da pagare per preservare la repubblica, Washington deve ritenersi fortunata, potendo rimandare le celebrazioni a momenti migliori.