Frank Gehry, l'archistar di 93 anni che non smette di stupire - la Repubblica

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Frank Gehry, l'archistar di 93 anni che non smette di stupire

Frank Gehry, l'archistar di 93 anni che non smette di stupire
L'ultima creazione è l'avveniristico Conrad Hotel a Los Angeles, un edificio di vetro e acciaio che sembra composto da pezzi appoggiati a caso. Ma con roof mozzafiato, piscine, vista panoramica e atmosfera un po’ tropicale
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NEW YORK - L’architettura mantiene giovani. L’ultimo hotel realizzato a Los Angeles sembra formato da gigantesche scatole di scarpe di vetro e acciaio piazzate l’una sull’altra in modo frettoloso. La lobby è a metà dei venticinque piani, sotto e sopra si aprono piscine, roof tropicali con vista panoramica su Los Angeles, palestre, una spa.

L’opera non è stata realizzata da Tadao Ando o Renzo Piano o Jeanne Gang, ma da uno sfacciato signore di 93 anni, che continua a essere ancora il più grande rivoluzionario di tutti: Frank Gehry. L’architetto nato a Toronto nel 1929, canadese e americano, tra i padri della corrente decostruttivista, ha firmato il nuovo Conrad hotel, della catena Hilton: trecentocinque tra camere e suite, prezzo minimo 600 dollari a notte, con vista panoramica sulla Walt Disney Concert Hall, la casa della Filarmonica di Los Angeles, progettata dallo stesso Gehry, e sul Grand Park.

Il grattacielo fa parte di un complesso formato da due torri chiamato The Grand. La nuova struttura non segue esattamente il concetto decostruttivista ma riflette la storica linea di Gehry, che realizza edifici come fossero sculture a volte deformate da forze gigantesche e invisibili. L’hotel è il primo della costa ovest della catena Hilton. Il nome del suo progettista è stato promesso sul sito dell’albergo come si conviene a una star: Gehry ha firmato progetti iconici come il rivoluzionario museo Guggenheim di Bilbao, la sede della Fondazione Louis Vuitton a Parigi o il complesso di edifici “accartocciati” tra loro del Neuer Zollhof di Dusseldorf o il gigantesco paio di binocoli di Venice, California.

Los Angeles è, però, la città su cui il suo lavoro ha avuto più impatto: la totale apparente assenza di interesse nella composizione sembra perfetta per la città senza un vero centro, estesa come da Firenze e Bologna. Lo stesso studio di Gehry, il cui vero nome è Frank Owen Goldberg, riproduce la scomposizione delle forme, con tavoli affollati di modellini strutturali fatti di blocchi storti, spostati dal loro baricentro tradizionale, come in un gioco di rifrazioi sull’acqua. Per l’archistar non esiste qualcosa di veramente chiuso e perfetto.

Tutto è evoluzione. E l’hotel al numero 100 di South Grand Avenue è un altro segno di un’architettura mossa. La catena Hilton non ha badato a spese. Gli interni sono stati curati da Tara Bernerd, che ha puntato sull’utilizzo diffuso di quercia bianca e intarsi di Ceppo di Gré, pietra naturale di colore grigio e azzurro ricavata alle pendici del Monte Clemo, nel Bergamasco. Aperto da un mese, il Conrad è destinato a diventare la meta delle star, e di tutti coloro che vorranno provare a vivere l’esperienza di far parte di una “scultura”, creata da un signore di 93 anni, allergico a tutte le convenzioni, l’uomo che a un giornalista spagnolo che gli chiese se le sue opere non fossero “troppo sceniche” aveva risposto alla sua maniera, in modo decostruttivo: mostrando il dito medio.