Cinema

La vita è un raccolto, Agnes Varda e l’arte della spigolatura

La vita è un raccolto è un documentario del 2000 dell’eclettica artista belga Agnes Varda. Si tratta, per chi non lo sapesse, di uno dei nomi di spicco della nouvelle vague. Il documentario, visibile su Mubi, è inserito nel 2016 al 99° posto della classifica dei 100 migliori film del 21° secolo secondo la BBC.

Di cosa parla La vita è un raccolto di Agnes Varda? Il documentario approfondisce e fa luce sul fenomeno della spigolatura. Il termine francese corrispondente, glanage, indica la pratica di raccogliere dal terreno ciò che resta dopo il raccolto. Una pratica che ha che fare quasi esclusivamente con il mondo agricolo, ma che ai giorni nostri può essere allargato anche al di fuori della semplice raccolta di frutta e verdura dai campi.

La prima parte del documentario è incentrata proprio sulla pratica della spigolatura nell’agricoltura. Agnes Varda si reca in alcune zone della Francia famose per la produzione di determinati tipi di frutta e verdura. Pensiamo, ad esempio, all’uva che serve per produrre il vino in Borgogna o alle mele che, soprattutto nel Nord della Francia, si usa per sidro e composte.

Gli spigolatori moderni raccolgono ciò che i produttori gettano perchè non idoneo a essere venduto dalla grande distribuzione. Tonnellate di patate, di mele, di cavolfiori e di uva destinate alla distruzione che per alcuni diventano, invece, il modo per poter mettere a tavola sia pranzo che cena. Non mancano, però, i casi in cui i produttori negano l’accesso agli spigolatori. Una vergogna nella vergogna.

La vita è un raccolto: gli spigolatori urbani

Il racconto e il viaggio di La vita è un raccolto di Agnes Varda dalla campagna si sposta in città. La telecamera immortala alcuni individui che, per diversi motivi (dall’arte alla sopravvivenza), vanno alla ricerca degli oggetti che altre persone abbandonano per strada. Anche Agnes Varda confessa di avere all’interno della propria abitazione diversi oggetti recuperati per strada, tra cui due sedie.

L’ultima parte affronta, però, la parte che probabilmente sta più a cuore alla regista. Le immagini, infatti, si concentrano sulle persone che attendono la fine dei numerosi mercati parigini per raccogliere quanto destinato a essere gettato. Un esercito di bisognosi, anziani e persone senza fissa dimora che si ritrovano per spartirsi frutta e verdura semplicemente ammaccata o rovinata.

Cosa resta da fare allora? Agnes Varda con il suo documentario ci vuole spingere a riflettere. Riflettere su un capitalismo che, se da una parte, si permette di mandare al macero tonnellate di alimenti ancora commestibili, dall’altra costringe ancora troppe persone a spigolare per non morire di fame.

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