Monica Guerritore: “La mia Magnani con i colori della notte per raccontare il talento e la disperazione” - la Repubblica

Spettacoli

Ultim'ora

Caleb Carr è morto, addio allo scrittore de “L’alienista”

Monica Guerritore: “La mia Magnani con i colori della notte per raccontare il talento e la disperazione”

Monica Guerritore: “La mia Magnani con i colori della notte per raccontare il talento e la disperazione”
L’attrice dirigerà e interpreterà ‘Anna’, il suo primo film da regista. Le riprese inizieranno a settembre
3 minuti di lettura

Monica Guerritore sta per battere il ciak di un sogno lungo due anni: quello di Anna, il film su Anna Magnani, che dirige e interpreta. A metà maggio porterà il progetto al mercato di Cannes, a settembre il set. «È una produzione indipendente, costruita mattoncino su mattoncino. La sceneggiatura è stata letta per due anni al pubblico, in teatri pieni, tra spettatori commossi».

Le riprese a settembre, al Circeo.

«Sì. Lucia Mascino sarà Carol Levi, Alvia Reale è Ada, la governante, e poi c’è Maria Paiato. Per Rossellini vorrei Stefano Accorsi. Giriamo al Circeo, Losanna e Roma, al Teatro Marcello. Un lavoro importante su un personaggio femminile che non può essere trattato come un blockbuster. La inserisco in una Roma arcaica, in un film fatto di colori: quelli del buio, della notte, che corrispondono alla sua personalità, complessa e incisiva. L’alba, una luce viola, dura pochissimo, così come il suo trionfo. Perché, subito dopo, inizia il declino. “Ho vinto troppo, ho vinto tardi”, dice».

Perché non può essere una grande produzione?

«È un personaggio troppo amato, troppo dentro di noi, che va toccato con molta cura. Ci vuole tempo, intuizione. Io ho l’esperienza, la sensibilità e la credibilità anche nel pubblico, per poterla affrontare. Non è da tutti. Perciò difendo questo lavoro. Sono famosa per aver fatto Giovanna d’Arco, voglio mettere in chiaro che questo film parte, è già molto amato dal pubblico, che ha iniziato a sentirlo suo. Se Paolo Genovese decide d’improvviso di fare un film su Magnani e Rossellini (Scandalo ndr) deve tener conto che c’è un altro film, che non ha probabilmente il peso che avrà lui, ma che ha molta anima dentro».

Ha scritto la sceneggiatura con Andrea Purgatori.

«Non scorderò la sua generosità. È venuto a vedermi al Teatro Quirino, abbiamo cenato insieme: “Vedo la tua passione e la fatica che stai facendo, se mi metto accanto a te sarà più facile, scriviamola insieme”. Mi sono venute le lacrime agli occhi. Andrea era un tecnico della sceneggiatura, ci scrivevamo ogni giorno, mi è stato vicino fino all’ultimo. Il film sarà dedicato a lui».

Quale chiave ha scelto per il film?

«Ho immaginato la notte in attesa dell’Oscar (per La rosa tatuata ndr), la sua casa, quel lenzuolo, il letto, quel telefono dove lei aspettava di sapere se aveva vinto, quell’apparecchio nero di bachelite, era lo stesso in cui aveva detto a Rossellini “non mi lasciare”. Quel ricordo la fa uscire, sottoveste e cappotto nero, con i gatti, il primo corteo. All’alba sarà la gente di Roma a seguirla, con gli stornelli, la porta a casa e vince. Poi, quando fa l’intervista, finge di uscire dalla camera, in vestaglia: “Non mi sono accorta di nulla, dormivo”. E in quella notte vengono fuori momenti troppo forti della sua vita, una porta del Teatro Marcello la ingoia, il terribile ricordo della fine dell’amore con Rossellini. Chi non ha conosciuto la Magnani, i giovani, capiranno quanta vita c’è dietro le persone. Lei vince a cinquant’anni, poi il viso cambia, lo capirà amaramente».

Cos’era e cosa è diventata Anna Magnani per lei?

«Ho iniziato come un’archeologa, cercando il perché della cupezza degli ultimi anni, mentre lei era stata esplosiva. Di Fellini si diceva “egli danza”, lo stesso valeva per lei, era tutta musica. Cosa è successo? Quando mi sono trovata a interpretare La lupa, ho pensato subito a lei, senza ricordare che l’aveva fatta a teatro. C’è una sua foto famosa, la vidi all’agenzia di Carol Levi, l’ho stampata, da allora è stata un punto di riferimento. Mi sono avvicinata alla sua figura nel ‘96, ma non sapevo ancora scrivere. Dal 2021 ho trovato la chiave: la biografia non ti restituisce la verità, lo fanno i piccoli tocchi. E poi ho aperto una produzione con i guadagni della serie L’inganno, in autunno su Netflix. Mi sono data la libertà di questo progetto».

Cosa c’era dietro la cupezza?

«Lei ha subìto ciò che noi interpreti subiamo, la mancanza di considerazione. Scriveva i film insieme a Rossellini, Amidei, Fellini: Roma città aperta l’ha scritto anche la Magnani. Dopo, il cinema cambia, i registi diventano autori e unici depositari. Pensano che il neorealismo si fa con la gente presa per la strada, “basta con ‘sti professionisti”. Pasolini è l’unico che dice no, io voglio la Magnani per Mamma Roma. Li massacreranno, avrebbe dovuto prendere una popolana, non un’attrice borghese. Quel film la consacra in tutto il mondo. Pensiamo a cosa ha dovuto subire. Non ha più potuto esprimere il suo talento. A Camerini faccio dire “tu non mi puoi imporre la tua interpretazione”. Lei, “ma allora perché mi hai preso?” “Perché tu sei la Magnani”. Lei capisce che l’unico modo per difendersi è la prepotenza, diventa scontrosa. Quando una donna cerca di imporre il proprio talento è una “stronza”, quando lo fa un uomo si dice che ha carattere».

I commenti dei lettori