Scozia, Humza Yousaf eletto successore di Sturgeon: sarà il primo premier musulmano - la Repubblica

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Scozia, Humza Yousaf eletto successore di Sturgeon: sarà il primo premier musulmano

Humza Yousaf
Humza Yousaf (afp)
Il 37enne è diventato leader dell’Snp superando la 32enne cristiana Kate Forbes. Anche il segretario del Labour scozzese è un giovane politico di fede islamica, Anas Sarwar. E il sogno dell’indipendenza è sempre più lontano 
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LONDRA - Humza Yousaf è ufficialmente il successore della dimissionaria Nicola Sturgeon: il 37enne ministro della Salute scozzese è stato scelto dagli iscritti dell’Snp il nuovo leader del partito indipendentista e domani sarà formalmente eletto dal parlamento di Edimburgo come primo premier scozzese musulmano della storia della nazione e dei governi britannici. 

Curiosamente anche il leader del partito Laburista scozzese, il 40enne Anas Sarwar, giovane astro nascente della politica, è di fede islamica e sta volando nei sondaggi dopo le dimissioni di Sturgeon. È molto probabile che alle prossime elezioni scozzesi i due maggiori contendenti siano proprio questi due politici musulmani.

Yousaf, che aveva già ottenuto il record di primo membro musulmano di un esecutivo scozzese, ha battuto di poco la 32enne Kate Forbes, ministra dell'economia con Sturgeon, favorita a inizio corsa. Poi però, Forbes, cristiana devota e praticante, si è distinta per alcune dichiarazioni controverse, come il suo no ai matrimoni gay e l'opposizione ad avere figli fuori dal matrimonio. Frasi che hanno fatto discutere anche perché in piena contrapposizione con il corso politico del Snp degli ultimi anni, segnato da un deciso progressismo. Tanto che uno dei motivi delle dimissioni di Sturgeon è stata anche la strenue difesa della sua controversa legge di rapido cambio di genere.

Yousaf invece, sposato con due figli, figlio di immigrati da Pakistan (padre) e Kenya (madre) che negli anni Sessanta non sapevano parlare una parola di inglese, è considerato un fedele a Sturgeon, molto vicino alle sue idee. Seppur musulmano praticante, sostiene i matrimoni gay perché "la mia religione non ha nulla a che fare con la politica", ha dichiarato più volte, anche se all'epoca non votò la legge in Parlamento perché assente.

In Scozia, come in Inghilterra e per il governo britannico, quando cade un primo ministro non ci sono automaticamente nuove elezioni, bensì il partito al potere rielegge, tramite il voto della propria base, il proprio leader e dunque il nuovo capo del governo. È accaduto a Rishi Sunak a Londra, dopo la caduta rovinosa della ex prima ministra Liz Truss, e ora anche in Scozia dopo le clamorose dimissioni di Nicola Sturgeon il mese scorso.

In ogni caso, dopo l’addio di Sturgeon un mese fa, l’indipendentismo scozzese è in grossa difficoltà. Anche se entrambi i candidati, Yousaf e Forbes, hanno parlato di obiettivo raggiungibile “entro il 2028”, i sondaggi sono sempre più sfavorevoli al partito Snp. Il sogno dell’indipendenza sembra finito più che mai in un vicolo cieco. L’ultimo di YouGov per SkyNews è sconfortante per gli indipendentisti scozzesi. Solo il 39% sostiene l’addio a Londra, con il 47% contrario e il resto che non sa. E anche se si eliminassero dal conteggio gli indecisi, il no all’indipendenza vincerebbe comunque con il 54% contro il 46%. Insomma, quasi in linea con la cocente sconfitta nel referendum del 2014, dove il no all’addio a Londra vinse con il 55%.  

Le dimissioni della condottiera e Giovanna d’Arco scozzese Sturgeon hanno avuto il loro impatto. Ma la disaffezione di molti in Scozia nei confronti dell’indipendenza sembra arrivare da lontano. Qualche giorno fa infatti sono stati pubblicati i dati degli iscritti al partito indipendentista scozzese Snp (Scottish National Party). Il numero sta calando sensibilmente. Se nel 2019 - il picco del sentimento indipendentista post Brexit - gli iscritti al partito di Sturgeon erano 125mila, nel 2021 erano già scesi a 104mila. Ieri poi la conferma di questo trend spiccatamente negativo: gli attuali members dell’Snp sono sprofondati a quota 72.186. Il caso ha provocato anche le dimissioni del presidente del Snp e marito di Nicola Sturgeon, Peter Murrell, che si era opposto a pubblicare i dati.

Anche legalmente, poi, l’Snp sembra aver terminato le cartucce. Qualche settimana fa una sentenza della Corte Suprema ha affondato la richiesta di Sturgeon e del governo scozzese di approvare un referendum sull’indipendenza semplicemente con l’ok del parlamento devoluto di Edimburgo, senza l’approvazione di Londra e di Downing Street. Inoltre, i guai e l’instabilità che la Brexit sta creando in Irlanda del Nord, mettendo a rischio la pace, stanno spaventando molti scozzesi sull’eventualità di percorrere lo stesso cammino. Infine, a Downing Street non ci sono più inquilini come Boris Johnson o Liz Truss che fomentavano il fronte indipendentista con il loro oltranzismo, bensì un pragmatico come Rishi Sunak che sin dal primo giorno si è impegnato per un dialogo costante con Edimburgo. E così l’unione di 316 anni con l’Inghilterra, nonostante Braveheart e Sturgeon, potrebbe durare ancora a lungo.