Marco Antonio, il romano che non poté regnare

Marco Antonio, il romano che non poté regnare

Soldato brillante, fu per anni il più fedele alleato di Giulio Cesare. Dopo l'assassinio del suo mentore sembrava destinato a diventare il nuovo uomo forte di Roma. Ma i suoi errori di governo, il suo disprezzo per il futuro Augusto, la sua passione per il lusso e la sua relazione con Cleopatra avrebbero finito per rovinarlo

Forse Marco Antonio, già ferito a morte dalla sua stessa spada, ricordò prima della fine quei tempi di gloria e di trionfo, quando il destino di Roma era nelle sue mani. È possibile che abbia anche evocato il ricordo lontano di sua madre Giulia, o di suo padre, morto quando lui era ancora un bambino... O, ancora, quel periodo della sua giovinezza, trascorso con l'inseparabile amico Gaio Scribonio Curione. Quante notti condivisero in ubriachezze e baldorie, quanti luoghi famigerati visitarono e quanti creditori li perseguitarono per riscuotere le ingenti somme loro dovute... Il tutto in una Roma convulsa, scossa da gravi problemi sociali e agitata da un focolaio di lotte politiche. Anche Marco Antonio avrebbe partecipato presto a questi scontri, fianco a fianco di colui che sarebbe diventato presto il suo grande mentore, Gaio Giulio Cesare, colui che sconfisse i galli. Prima però doveva costruirsi una reputazione che gli permettesse di affacciarsi sulla scena politica dell'Urbe.

Sesterzio in bronzo con l’iscrizione 'Veni, vidi, vici' sul rovescio. Sammlung Archiv für Kunst und Geschichte

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Cesare contro Farnace

Gioventù dissipata

Marco Antonio nacque a Roma il 14 gennaio dell'83 a.C. nel seno di un'influente famiglia comune. Suo nonno, grande oratore che ricoprì incarichi di console e censore, fu esponente di spicco del partito di Silla e venne giustiziato per ordine di Mario nell'ambito delle lotte di potere tra optimates e populares all'inizio del I secolo a.C. Marco Antonio crebbe orfano di padre, e durante la giovinezza condusse vita dissipata, stringendo amicizia con Curione, il quale «lo precipitò a trattare con prostitute e spese eccessive e insopportabili, per cui contrasse un grosso debito», secondo quanto tramanda lo storico greco Plutarco.

Introdotto nella vita pubblica della città da Publio Clodio Pulcro, che si era già reso colpevole in diversi casi di sovversione e corruzione, Marco Antonio presto capì che a causa degli scandali derivanti dalla sua condotta sarebbe stato meglio cambiare aria. Così, nel 56 a.C. partì per la Grecia, dove si dedicò allo studio dell'oratoria ea frequentare le lezioni. Un anno dopo entrò a far parte dell'esercito del proconsole Gabinio come comandante di cavalleria e ricevette così il suo battesimo di guerra nella campagna di Siria, nella quale ben presto si distinse per coraggio, temerarietà e lungimiranza di stratega. Guadagnata la fiducia di Gabinio, le legioni sotto il suo comando partirono per l'Egitto per riportare sul trono Tolomeo XIII Aulete.

Marco Antonio. Busto di Marmo. Museo Vaticani, Roma

Marco Antonio. Busto di Marmo. Museo Vaticani, Roma

Foto: Sergey Sosnovskiy (cc)

Il braccio destro di Cesare

Quei primi successi militari aprirono a Marco Antonio le porte di un ritorno a Roma, dove ritrovò l'amico Curione, ex sostenitore di Gneo Pompeo Magno – arbitro politico e famoso per i suoi successi militari – ora passato dalla parte opposta, la fazione dei populares guidata da Giulio Cesare. Seguendo il consiglio del suo vecchio compagno di dissolutezza, Antonio prese allora la strada della Gallia, dove partecipò a varie operazioni militari sotto il comando di Cesare. Questi, riconoscendone l'abilità, lo rimandò a Roma, dove presto riuscì a scalare i gradini del cursus honorum, ricoprendo cariche della magistratura romana. Da questo momento Antonio sarà uno degli uomini di fiducia di Cesare e uno dei suoi agenti politici più attivi: fu lui a opporsi, per quanto possibile, ai piani di Pompeo e della classe nobiliare rappresentata in Senato.

Marco Antonio andò Gallia per mettersi agli ordini di Giulio Cesare, che presto iniziò a considerarlo un suo uomo di fiducia

Il 10 dicembre del 50 a.C., Marco Antonio e Quinto Casio giunsero in tribunale difendendo le posizioni di Cesare davanti al Senato e avviando una vasta campagna in suo favore tra il popolo. All'inizio dell'anno successivo, una discussione in Senato sulla contemporanea dissoluzione degli eserciti di Cesare e di Pompeo (difesa dai sostenitori del primo e osteggiata da quelli del secondo) si concluse con l'espulsione dalla camera dei tribuni della plebe e la concessione a Pompeo di tutti i poteri per difendere la Repubblica, che comportò lo scontro totale tra i due triumviri e l'inizio della guerra civile.

Il foro di Roma

Il foro di Roma

Foto: Jose de la Cuesta

Nel gennaio del 49 a.C. Cesare varcò il Rubicone assieme a Marco Antonio. Entro sei mesi avrebbe preso il controllo dell'Italia e di Roma, assegnando ai suoi uomini più fedeli incarichi importanti e partendo immediatamente verso la penisola iberica per sottomettere gli eserciti di Pompeo. Marco Antonio rimase al comando delle truppe nell'Urbe. In assenza di Cesare commise ogni sorta di arbitrarietà nella gestione economica e nell'amministrazione della giustizia. Ben presto però gli si presentò l'occasione di accorrere a sostegno del suo mentore accerchiato a Dirraquio, nell'attuale Albania. In condizioni atmosferiche avverse, con mare mosso, Antonio imbarcò ottocento cavalli e ventimila uomini e arrivò in tempo per aiutarlo. Nel 48 a.C. era ancora al suo fianco a Farsalo, dove si combatté la battaglia decisiva contro Pompeo. L'astuzia di Cesare come stratega e il coraggio di Antonio al comando dell'ala sinistra dell'esercito comportarono l'annientamento delle truppe nemiche; Pompeo si rifugiò in Egitto, dove avrebbe trovato la morte per ordine dei Tolomei.

Tornato a Roma, Marco Antonio fu nominato da Cesare suo luogotenente e divenne il padrone degli affari di Roma. Ma la sua fama militare fu offuscata dal suo cattivo governo, vicino al dispotismo. L'immagine di moderazione che Cesare voleva offrire ai suoi concittadini fu messa in discussione dall'esempio di Antonio, la cui vita privata era uno scandalo a Roma: frequentava la compagnia di comici e prostitute, teneva banchetti di lusso che terminavano in episodi di ubriachezza e nei suoi viaggi lungo la penisola il suo entourage creava spesso problemi nelle città che visitava.

La vita privata di Marco Antonio era uno scandalo in città: offriva banchetti di un lusso inaudito, che spesso culminavano in episodi di ubriachezza ben lontani dall'immagine di sobrietà che Cesare voleva offrire ai suoi concittadini

Come castigo Cesare, di ritorno dalle campagne orientali, lo privò del consolato. Marco Antonio allora moderò le sue abitudini: sposò Fulvia, la vedova di Curione, e acquistò la sontuosa casa di Pompeo a Roma. Dopo la fine della guerra civile Antonio, ormai collega di Cesare al consolato, nel corso delle celebrazioni dei Lupercales incoronò il dittatore con il diadema regale, che questi rifiutò tre volte. Questo gesto teatrale non convinse l'opposizione, che credeva che se Cesare avesse avuto successo nella sua imminente campagna contro i parti, si sarebbe incoronato monarca assoluto. Non c'era altra soluzione possibile: il dittatore doveva essere eliminato.

'Morte di Giulio Cesare'. Vincenzo Camuccini, 1798. Museo di Capodimonte, Napoli

'Morte di Giulio Cesare'. Vincenzo Camuccini, 1798. Museo di Capodimonte, Napoli

Foto: Cordon Press

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L'omicidio di Cesare

Sessanta personaggi illustri, molti dei quali ex collaboratori o amici del dittatore, guidati da Gaio Cassio Longino e suo cognato Marco Giunio Bruto, attesero Cesare nella curia di Pompeo e lo assassinarono sotto la statua del suo nemico storico, mentre Antonio, trattenuto all'ingresso, ascoltava impotente le urla del suo mentore. Decise allora di prendere in mano il potere, come si conveniva alla magistratura che deteneva, e riunì il Senato, che approvò la concessione di un'amnistia ai congiurati, abolì la dittatura e fece ritorno alla realtà repubblicana. Nei mesi successivi alla morte di Cesare Antonio divenne il padrone di Roma. Quando però tentò di modificare a suo favore la distribuzione delle province, entrò in conflitto con il governatore della Gallia Cisalpina, Decimo Bruto.

Fu allora che sulla scena politica romana comparve il giovane Gaio Ottavio Turino. Figlio di una nipote di Cesare, che lo aveva nominato suo erede, tornava da Apollonia per reclamare ciò che gli spettava. Ignorato da Antonio, che lo vedeva giovane e inesperto, Ottavio prese il nome di Gaio Giulio Cesare Ottaviano, fece fortuna con le proprie forze e riuscì a conquistare l'appoggio del popolo. Così, mentre Antonio partiva per Modena per combattere contro Decimo Bruto, l'erede di Cesare prese contatti con i membri più influenti del senato, e in particolare Cicerone, che colse l'occasione per denunciare nelle sue Filippiche il comportamento dissoluto di Antonio.

'Marco Antonio e Cleopatra'. Francesco Trevisani, XVII-XVIII secolo

'Marco Antonio e Cleopatra'. Francesco Trevisani, XVII-XVIII secolo

Foto: The Granger Collection, New York / Cordon Press

Il senato dichiarò Antonio nemico pubblico. Sconfitto, questi fuggì in Gallia mentre Ottaviano otteneva il consolato e iniziava a perseguire gli assassini del suo padre adottivo. Per fortificare la sua posizione, incontrò poi Antonio e Lepido a Bologna, dove i tre costituirono il secondo triumvirato, il cui obiettivo era quello di punire gli assassini di Cesare, dividere il controllo delle province ed eliminare i nemici politici di Ottaviano. Dopo aver sconfitto Bruto e Cassio, la provincia di Hispania andò a Ottaviano, l'Africa a Lepido e l'Oriente a Antonio. Da Efeso quest'ultimo percorse l'Asia Minore per porre ordine nei suoi domini, e quando giunse a Tarso convocò Cleopatra, la regina d'Egitto. L'incontro tra i due fu un colpo di fulmine: Antonio seguì la regina ad Alessandria, dove dimenticò i suoi obblighi di militare e sovrano tra lussi e festeggiamenti.

Il pittore ottocentesco Lawrence Alma-Tadema immaginò Marco Antonio mentre abbordava la sfarzosa imbarcazione della regina Cleopatra che risaliva il fiume Cidno, nel 41 a.C.

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L'unione con Cleopatra

L'anno seguente, rinnovato il secondo triumvirato, per afforzare i legami con Ottaviano Antonio ne sposò la sorella Ottavia. Poi si stabilì ad Atene per dirigere la politica orientale e la guerra contro i parti. Ottaviano promise d'inviare ventimila uomini per partecipare a questa campagna, in cambio di 120 navi. Dal canto suo Marco Antonio con il pretesto della guerra mandò la moglie a Roma e partì per Antiochia, dove sposò Cleopatra. D'altra parte la guerra contro i parti volgeva al peggio, e quando il romano riuscì a raffiungere la Siria scoprì che Ottaviano non aveva inviato i rinforzi promessi. Per ripicca, donò i territori che confinavano con l'Egitto a Cleopatra e ai suoi figli, scatenando l'ira di Ottaviano, che dichiarò guerra al Paese del Nilo per quella che considerava un'appropriazione di territori appartenenti al popolo romano.

La battaglia di Azio. Lorenzo A. Castro, XVII secolo

La battaglia di Azio. Lorenzo A. Castro, XVII secolo

Foto: Pubblico dominio

Lo scontro, inevitabile, vide le truppe di Antonio e Cleopatra concentrate a Efeso, da dove marciarono verso la Grecia per prendere posizione nel golfo di Ambracia, di fronte all'esercito di Ottaviano. Fu all'imbocco del golfo, vicino ad Azio, dove il 2 settembre del 31 a.C. si combattè una decisiva battaglia navale, in cui lo squadrone romano-egiziano sarà sconfitto. Ormai stremato Antonio tentò un ultimo attacco all'avanguardia di Ottaviano, ma pochi giorni dopo la sua fanteria fu definitivamente sconfitta e i pochi soldati che gli erano rimasti si arresero al nemico. Fu allora che gli giunse la falsa notizia che la regina d'Egitto si fosse suicidata. Antonio, ormai in trappola, scelse di darsi la morte piuttosto che arrendersi al nemico. Presto lo seguirà Cleopatra, che secondo la tradizione pose fine alla sua vita attraverso il morso di un aspide che le si avvicina al seno. In un ultimo gesto di clemenza, rispettando la volontà della regina, Ottaviano fece seppellire insieme i due amanti e diede la custodia dei loro figli alla sorella Ottavia. Finiva così la storia di un uomo che avrebbe potuto essere il primo imperatore di Roma.

Cleopatra dissolve una perla nell'aceto per berla. Anton Schoonjans. 1706.​

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