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20 maggio 1973: la volata scudetto tra Juventus e Milan

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20 maggio 1973: la volata Scudetto tra Juventus e Milan

 

Stagione 1972 – 73. Favoriti d’obbligo per lo scudetto Juventus, campione d’Italia uscente, e il Milan, da due anni secondo in classifica finale, vincitore della Coppa Italia nel 1972. La Vecchia Signora si presentava con tre “novità”. La prima era quella del portiere. Premesso che la Juve dal Cagliari avrebbe voluto Albertosi e Riva (affare non andato in porto per l’assoluto diniego del secondo, il che portava anche all’impossibilità che si muovesse dalla Sardegna anche il primo), per “consolarsi” la stessa squadra torinese rispondeva con due colpi: il primo era quello di assumere come portiere Dino Zoff del Napoli in cambio di Carmignani e di 300 milioni di lire.

L’altro era quello di prelevare Altafini, sempre dal Napoli, mentre l’ultimo era quello di poter recuperare Bettega già nell’estate del 1972, eventualità che nessuno o quasi avrebbe ritenuto possibile dopo i gravi problemi di salute accusati dal giocatore alcuni mesi prima. Quindi la Juve poteva contare su: Zoff in porta, uno dei migliori del mondo, Spinosi e Morini terzini marcatori, Marchetti terzino incursore, Salvadore libero, al centrocampo mediano Furino, trequartista Haller, regista Capello, ala Causio, attaccanti Anastasi e Bettega; rincalzo di lusso, Altafini. Ancor più favorito della Juve era il Milan, che si era rafforzato soprattutto con Chiarugi della Fiorentina. Ma non solo.

Venivano rilevati anche Dolci, stopper, del Varese e Turone, libero, dal Genoa. La prima squadra era così formata da Belli o Vecchi in porta, Sabadini e Anquilletti terzini, Rosato stopper, Schnellinger libero, Bigon ala destra, Biasiolo, Benetti e Rivera a centrocampo, Chiarugi e Prati in attacco. Una formazione di primo piano, forse la migliore fra le 16 di “A”. Sulla carta era fortissima anche l’Inter, il cui mercato era di un certo rilievo, dati gli arrivi di Massa, Magistrelli, Adelio Moro e Doldi, gli ultimi tre provenienti dall’Atalanta. Così, i nerazzurri potevano mandare in campo Lido Vieri in porta, Bellugi e Giubertoni marcatori, Facchetti terzino con licenza di attaccare lungo le fasce, Burgnich libero, Bedin mediano, Massa tornante, Moro e Mazzola a centrocampo, Boninsegna e Corso attaccanti. Riserve, gente come Bordon, Oriali o Bertini.

Squadra sulla carta competitiva per ogni traguardo. Del resto, era vice-campione d’Europa. Però, capitava l’insperato, ovvero che la Lazio sin dalle prime giornate primeggiava con Milan e Juventus, vincendo certe partite già nel primo tempo: addirittura, la stessa compagine romana, neopromossa, con giocatori con poca o punto esperienza di “A” e partita per salvarsi, ma sotto le magiche mani di Maestrelli, il 19 novembre 1972, dopo la vittoria sul Palermo per 2 a 0 con gol di Chinaglia e raddoppio di La Rosa, poco dopo la mezz’ora,  svettava in solitudine con 12 punti dopo sette giornate, vantando 2 lunghezze di distacco nei confronti di Inter e Milan e 5 sulla Juve.

Il girone d’andata riguardo alla Lazio si chiude il 21 gennaio 1973 con una secca vittoria sul Napoli per 3 a 0, con gol di Manservisi, Nanni e Chinaglia. La partita è tesa e forse i napoletani si legano al dito la batosta in previsione del ritorno. Al giro di boa Juventus e Milan a 22, Inter (con una partita in meno, poi persa in casa contro il Lanerossi Vicenza per 1 a 2) e Lazio 21. Il 22 aprile del 1973, a poche giornate dalla fine del campionato, si gioca Lazio – Milan, partita che può risultare decisiva per il campionato. Arbitra Concetto Lo Bello, poi accusato dai milanisti di aver nella sostanza permesso che Rivera venisse fatto oggetto di particolari “attenzioni” da parte dei laziali.

E Rivera a un certo punto quasi sanguinava da tutte le parti per i colpi subiti, per cui a metà secondo tempo avrebbe implorato i biancocelesti di smetterla. Rocco, l’allenatore rossonero, iniziava a inveire contro il direttore di gara, che lo espelleva. Nel primo tempo, intanto, la Lazio conduce per 2 a 0 e Chinaglia è grande protagonista della doppietta, nel primo caso ponendo in essere l’azione che poi Schnellinger conclude, suo malgrado, con un autogol, nel secondo siglando egli stesso la rete. Poi Rivera, liberatosi dalle soffocanti marcature avversarie, dimezzava. A quel punto il Milan puntava deciso al pareggio, che Chiarugi avrebbe pure conseguito nel finale, ma Lo Bello annullava per presunto fuorigioco. Dalle immagini televisive dell’epoca, non si riesce a capire se il gol fosse valido. Molti giornalisti del tempo scrissero che il gol poteva essere senza dubbio convalidato.

Dopo il lancio di Zignoli, vi era il contrasto tra il laziale Polentes e Bigon. Appare più che probabile che tocchi il primo la palla, per cui la terrebbe in gioco, sicché Chiarugi, che riceve e insacca, non sembra in posizione irregolare. Ma la decisione arbitrale è altrimenti e le polemiche si levano alte. Milan e Lazio 39 punti, Juve 37. La Juve successivamente recupera qualche punto sulle avversarie.

La sera del 13 maggio, giocata la penultima giornata di campionato, il Milan ha 44 punti, mentre Juventus e Lazio ne hanno 43. All’ultima giornata, il 20, a Roma i giallorossi padroni di casa ospitano la Juve, la Lazio gioca nel campo del Napoli, il Milan a Verona. Teoricamente non ci dovrebbero essere problemi per la squadra milanese, non avendo più i veronesi problemi di classifica. A fine primo tempo Juve e Milan perdono. Le cose potrebbero mettersi bene per la Lazio.

In fondo, il Napoli non ha nulla da chiedere al campionato: che vinca o che perda, sarebbe la stessissima cosa. Ma la Lazio in quel frangente affronta la peggior trasferta possibile. Già l’arrivo nel capoluogo campano è caratterizzato da clima pesante e le sassate contro il pullman laziale tutto rappresentano che un saluto di benvenuto. Qualche cazzotto vola anche tra addetti allo stadio partenopeo e qualche laziale. In campo non va tanto meglio e i partenopei giocano con una grinta inusuale. E i laziali se ne avvedono.

La partita d’andata ha seminato tanti brutti strascichi e il match diventa un vero e proprio inferno per gli ospiti. Nell’intervallo i laziali parlano con i giocatori del Napoli. Chiedono loro come mai si profondano in tanto impegno in una partita dalla quale non hanno nulla da chiedere per il campionato ormai agli sgoccioli.

Pare che il capitano degli azzurri Juliano abbia precisato agli interlocutori ospiti che “sono arrivati secondi” in fatto di richieste. In una trasmissione Sfide, mandata in onda dalla RAI, alcuni giocatori della Lazio sostengono di aver saputo che da parte della Juventus sarebbe stata messa in atto una pratica magari sportivamente discutibile, ma all’epoca, e per molti anni ancora, lecita (che, del resto, per esempio in Spagna, è assai comune), ovvero quella di offrire vantaggi (che non dovevano essere necessariamente in soldi, ben potendosi trattare di promesse di favori nel successivo calciomercato, per dirne una) alla squadra o alle squadre che affrontavano la propria o le proprie concorrenti dirette per un dato obiettivo, al fine di impegnarsi con più lena e forza e fino allo spasimo per cercare di stornare il pericolo che la contendente o le contendenti facesse o facessero risultato positivo tale da recare nocumento agli stessi bianconeri.

Sul punto, ufficialmente nessuno ha ammesso o segnalato alcunché a chicchessia. Siamo nel regno del “si dice”, del “si sussurra”, dei tempi coniugati al condizionale. Ma nella sostanza, qualora fosse successo qualcosa del genere, i torinesi non avrebbero fatto niente di trascendentale o di illegale (ma sarebbe da fare una considerazione: in Gran Bretagna tutte le squadre lottano con il coltello ai denti sino alla fine del torneo contro tutte le squadre, indipendentemente dal blasone di queste ultime e al di là di ogni interesse o disinteresse di classifica, mentre in Italia generalmente si “molla” una volta che non si hanno più obiettivi da conseguire o una volta retrocesse; sarebbe etico onorare il sport sino all’ultimo per ragioni morali e non, magari, aspettare “il pungolo” interessato di un’altra compagine).

Chi non si impegna a fine campionato, perché ormai “disinteressato” non si comporta meglio di chi, viceversa, sputa sangue eventualmente per aiutare indirettamente una data squadra a scapito di un’altra per un “interesse” nel frattempo “prodottosi” o prospettato in maniera che potrebbe apparire inusuale, o per antipatie o simpatie di maglia, o per regolare vecchi conti. Se vogliamo, e sempre se quello che si narra e sussurra dietro le quinte fosse vero, la Juve nell’occasione avrebbe fatto valere la propria forza societaria, all’epoca superiore a tutte le altre.

Quindi a Napoli la Lazio doveva prendere atto di avere davanti una squadra ben decisa non solo a regalare nulla, ma anche pronta a operare sgambetti dolorosi, che sarebbero arrivati a un minuto dal termine dell’incontro, quando Damiani, dopo gran azione di Vavassori, forse piccato dal modo in cui Chinaglia nella partita d’andata si era comportato, probabilmente umiliandolo eccessivamente, sempre calcisticamente parlando,  segna per i partenopei il gol decisivo che sancisce la sconfitta laziale con la fine di ogni sogno di titolo da parte della squadra romana.

Sempre secondo Sfide la Juventus avrebbe eseguito la medesima manovra non solo con il Napoli ma anche con il Verona con lo scopo di fermare il Milan, che, pur essendo stra-sicuro di poter vincere in terra veneta facilmente, tanto da far coniare e consegnare in anticipo ai giocatori un portachiavi d’oro a forma di stella*,  poi  perde 5 a 3 nella città scaligera (questo al di là degli eventuali errori da parte della dirigenza rossonera, la quale non ha insistito a chiedere rinvii, dovendo qualche giorno prima affrontare la finale di Coppa delle Coppe a Salonicco contro il Leeds, evento che costò ai rossoneri fatiche immani, cominciando dal viaggio).

E, peraltro, il Milan non considerava più di tanto neanche la circostanza che allenatore del Verona fosse quello stesso Cadé che da tecnico del Mantova nel ’67, sempre all’ultima giornata, aveva fatto lo sgambetto alla grande Inter di Herrera, di fatto consegnando lo scudetto ai bianconeri torinesi. Tutto questo  mentre la Juve, impegnata, come accennato, a Roma contro i giallorossi, avrebbe promesso a questi ultimi, sempre secondo la medesima trasmissione Sfide già richiamata, favori di mercato in avvenire: sta di fatto che i capitolini giocano bene per un tempo, il primo, nel quale si portano in vantaggio, mentre nel secondo un po’ lasciano fare, benché qualche giocatore, tipo Spadoni, volesse sputare l’anima.

Qualche calciatore giallorosso successivamente avrebbe ammesso che erano stati dati ordini di non battersi alla morte nella frazione di gioco finale, che, tanto, il loro valore i padroni di casa lo avevano manifestato negli iniziali 45 minuti, e questo poteva bastare. Il laziale Petrelli, che sino a non molti mesi prima difendeva i colori giallorossi, disse di aver avuto ammissioni da parte dei suoi ex compagni circa il loro “lasciar stare” nella ripresa. Sta di fatto che prima i bianconeri pareggiano con Altafini e poi, a tre minuti dal termine, con un tiro di Cuccureddu, segnano il gol decisivo ai fini dell’assegnazione dello scudetto, con il pallone che passa fra tanti giocatori giallorossi che non sembra si turbino più di tanto.

La Lazio ha sfiorato lo scudetto; avrebbe potuto vincerlo, come lo potevano vincere Juve (in quell’annata, peraltro finalista di Coppa Campioni) o Milan. Forse quest’ultimo lo ha buttato al vento, avendo qualcosina in più delle altre due (degne) concorrenti.

 

GLIEROIDELCALCIO.COM (Francesco Zagami)

*Se il Milan avesse vinto lo scudetto del 1973, questo sarebbe stato il decimo della storia dei rossoneri, ovvero quello della stella, che poi verrà conseguito nel 1979.

 

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Nato nel 1971 a San Gavino Monreale. Da sempre interessato a temi calcistici e storici. Fondamentalmente autodidatta. All'attivo 3 libri. Un quarto testo, relativo alla Storia della Repubblica sociale Italiana in corso di pubblicazione. Ora al lavoro per un libro relativo al mondo arabo e per uno riguardante il periodo d'oro della Roma di Liedholm 1979-1984.

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