Genova, il Viminale frena. L’opposizione all’attacco: “Deve indagare Antimafia” - La Stampa

ROMA. Adesso le opposizioni provano la controffensiva, dopo gli affondi del centrodestra sulle inchieste pugliesi, il concetto è semplice e si può riassumere con un frase sintetica: non si usino due pesi e due misure. Se il ministero dell’Interno sulla Liguria si chiama fuori, spiegando che a differenza della vicenda barese non ha il potere di inviare una commissione d’indagine, la commissione parlamentare Antimafia non potrà fare a meno di occuparsi della vicenda che ha travolto il governatore Giovanni Toti. Già martedì, quando si riunirà l’ufficio di presidenza della commissione per fissare il calendario dei lavori della settimana, le opposizioni chiederanno di mettere in agenda l’audizione dei procuratori che hanno in mano il dossier e anche della Direzione distrettuale antimafia, lo stesso copione seguito per le inchieste baresi e che proprio ieri ha portato all’audizione di Michele Emiliano. Una richiesta che sarà accompagnata da una postilla: fare presto, come si è fatto per la Puglia.

Come riportato ieri da la Stampa, era stato Cafiero De Raho, M5s, a ipotizzare l’intervento del Viminale. Il parlamentare 5 stelle, ex magistrato, aveva ipotizzato la convocazione dello stesso Matteo Piantedosi in Antimafia: «A lui chiederemo, vista la gravità delle accuse, se ravvisa gli estremi per incaricare una commissione prefettizia». Appunto, una commissione come quella inviata a Bari. Ma il ministero dell’Interno, con una nota, ha subito escluso l’ipotesi: «È destituita di ogni fondamento giuridico la richiesta rivolta al ministero dell’Interno di valutare l’invio di una commissione di indagine presso la Regione Liguria». Se il ministero ha questo potere nei confronti dei comuni «non esiste – proseguono le fonti – una norma di legge che attribuisca tale facoltà al Viminale nei confronti di una Regione».

Un ragionamento che anche qualche parlamentare Pd definisce «corretto», ma che appunto non esclude l’altra strada, quella delle audizioni in Antimafia. Su questo le opposizioni non arretreranno, come spiega Debora Serracchiani: «Sono stati veloci su Bari, spero siano altrettanto rapidi sulla Liguria. Attendiamo con ansia…». Proprio ieri, appunto, è andato in scena lo scontro con il presidente pugliese Emiliano, che il centrodestra aveva accusato di voler sottrarsi al confronto in commissione. Il governatore ha negato di avere saputo in anteprima dell’imminente arresto del suo assessore Alfonso Pisicchio («Non ho realizzato condotte non trasparenti») e ha chiarito l’episodio della visita alla sorella del boss Capriati, raccontato dal palco della manifestazione a sostegno del sindaco Antonio Decaro: «Sono andato a ribadirle con determinazione che le regole non le facevano più loro».

Frasi che la destra usa per rilanciare le accuse contro di lui: «Una toppa che è peggio del buco», dice Tommaso Foti di FdI. Non esistono “protettori”, non esistono “cavalieri oscuri”: esiste la legge, esistono le istituzioni ed esiste lo Stato che ha il dovere di proteggerci». Per Walter Verini, Pd, invece Emiliano ha «dimostrato la pochezza e l’inconsistenza di una destra che (con lo zelante quanto strumentale supporto della rappresentante di Italia Viva) ha provato con spregiudicatezza a usare la Commissione Antimafia come un manganello». Di sicuro, appunto, il centrosinistra ora vuole che lo stesso “trattamento” l’Antimafia lo riservi alle inchieste liguri. Non verrà convocato Toti, perché indagato e sarebbe una sovrapposizione con la magistratura, ma gli atti sono stati già acquisiti e verrà appunto chiesta l’audizione dei procuratori. Mauro D’Attis, FI, conferma: «Anche il caso Liguria verrà in Antimafia, è giusto che l’Antimafia se ne occupi come per altri casi da Torino a Palermo».

In ogni caso, l’opposizione insiste a chiedere le dimissioni di Toti, lo fa il Pd, lo fa il leader dei Verdi Angelo Bonelli ma per il leader della Lega Matteo Salvini «se ogni indagato si deve dimettere, l’Italia si ferma domani». Il vice-premier poi se la prende coni giudici: «Vorrei sapere, se ci fossero microspie negli uffici di qualche magistrato, per quanto tempo continuerebbe a fare il magistrato». E anche il ministro Nello Musumeci condivide: «Se passa il principio che anche un provvedimento di arresti domiciliari possa porre fine a una esperienza politica consacrata dal consenso popolare, cominciamo a mettere in dubbio l’equilibrio dei principi democratici». Una linea che Stefano Bonaccini aveva contestato già giovedì sera in Tv: «Toti non deve dimettersi? Lega e FdI in Puglia hanno chiesto che venisse sciolto il Comune di Bari e hanno chiesto le dimissioni di Emiliano. Dovrebbero spiegare perché questa difformità! ».

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