Destra al governo, ecco la via italiana alla post democrazia - la Repubblica

Cultura

Destra al governo, ecco la via italiana alla post democrazia

Giorgia Meloni
Giorgia Meloni 

Nel suo ultimo saggio il politologo analizza comportamenti ed effetti dell’esecutivo Meloni. Qui un estratto del libro

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Agli italiani FdI assicura che vanno bene come sono, che non devono essere catechizzati – come invece sembra sia il messaggio della sinistra –, che anzi devono essere orgogliosi di sé stessi, e che i loro problemi sono dovuti a fattori esterni, o a regole sovranazionali o a nemici veri e propri: anche le “guerre civili culturali” all’interno non richiedono una “rieducazione” del popolo ma semplicemente una continua, coraggiosa battaglia della parte sana della nazione contro i responsabili dell’azione corruttrice del nichilismo e dell’utopismo di sinistra.

Un’offerta politica che quindi intercetta processi reali, a cui dà una curvatura peculiare: il fondamento della repubblica democratica non è più nel lavoro (e neppure, lo si vedrà, nell’antifascismo) ma nella nazione, che a sua volta si risolve in una miriade di privatezze, in competizione fra di loro, e in una postura difensiva rispetto a minacce esterne penetrate all’interno; il popolo è costituito da un mix di populismo, di plebiscitarismo, di particolarismo e di tendenziale autoritarismo, che configura non tanto un’aperta antidemocrazia, quanto una declinazione “blindata” della post-democrazia – si intende con questo termine l’evoluzione oligarchica delle liberaldemocrazie, che lascia sussistere, solo formalmente, istituzioni e procedure liberaldemocratiche sempre meno partecipate e sempre più svuotate di significato e ridotte a mera facciata. Anche se nel caso italiano lo spegnimento del requisito centrale della democrazia – la trasparenza del potere – è dovuto, oltre che a poteri oligarchici, che pure sussistono, alla dipendenza della nostra politica da poteri politici ed economici sovranazionali, è in ogni caso la post-democrazia tardonovecentesca lo sfondo essenziale di FdI: ciò che la destra vuole conservare non è il passato, la tradizione, ma il presente post-(liberal)democratico come unico scenario politico praticabile, per formalizzarlo (nei limiti del possibile) e proiettarlo nel futuro. L’interrogativo posto nel sottotitolo del libro - Rischi per la democrazia? - potrebbe quindi essere così sciolto: il rischio che corre oggi la democrazia è che le gravi contraddizioni nate da tempo nel suo interno vengano acuite da una forza politica che si forma fuori del perimetro delle democrazie postbelliche, che in quel perimetro entra come “conservatorismo” e che accelera e approfondisce irreversibilmente la svolta verso la post-democrazia (tesi centrale del libro).

La copertina del saggio di Carlo Galli
La copertina del saggio di Carlo Galli 

È la post-democrazia a spiegare l’effetto tanto di continuità quanto di discontinuità a cui la destra dà vita: una sorta di “gattopardismo di sistema”, che consente il sacrificio (transitorio?) di ceti dirigenti del recente passato (di centrosinistra, o tecnici, o anche sedicenti “liberali”) e che li sostituisce con altri, nuovi (di destra), purché questi si impegnino a conservare la sostanza della presente costituzione materiale del paese (il paradigma economico dominante, le sue esigenze e le sue contraddizioni), modificando in senso plebiscitario e verticistico la vigente costituzione formale e le sue istituzioni rappresentative, del resto già da tempo più che appannate, mentre consenso e legittimità sono attinti da retoriche populistiche e identitarie, e da concrete politiche privatizzanti e competitive, polemiche e più o meno larvatamente emergenziali, dal punto di vista tanto della sicurezza quanto delle relazioni economiche e della fiscalità, sotto un velo ideologico di conservatorismo valoriale. Che FdI incarni lo sforzo di cambiare tutto – il che ha certamente un costo in termini di democrazia, di cui appunto si asseconda lo spostamento verso la post-(liberal)democrazia – perché poco o nulla cambi di ciò che veramente importa (paradigma economico, trend politici e rapporti sociali, politiche internazionali), che i suoi “cambiamenti” siano formalizzazioni di dinamiche già in atto, è un’altra tesi che emerge dal libro.

Come risultato, nella sua fase (dapprima potenzialmente poi realmente) governativa FdI non cerca lo scontro frontale con il “sistema” – non esercita l’eroismo contro un nugolo di nemici – ma si inserisce in una trasformazione già in atto: accetta ciò che non può modificare e modifica ciò che può essere modificato; separa e isola i suoi avversari anziché lasciarli coalizzare come avverrebbe se li affrontasse con politiche troppo aggressive (non potrebbe andare contemporaneamente contro Usa e Ue, Israele e Germania, Vaticano e Confindustria, pensionati, dipendenti e liberi professionisti, minoranze e maggioranze, intellettuali e studenti). Quindi la destra scende a compromessi sostanziali con alcuni poteri interni ed esterni, e al contempo persegue ipotesi di cambiamenti politici e ideologici annunciati, in modo più o meno vago, nei suoi programmi ufficiali.

In questa discontinuità simbolico-valoriale e formale-istituzionale, e in questa continuità concreta con processi economico-sociali attuali, da tempo in atto, FdI più che carica di trascendenza e di autentica rottura di paradigmi appare immersa nell’immanenza del presente: non è una dirompente barbarica novità nella politica italiana, ed è anzi fin troppo aderente alla deriva in cui il paese è coinvolto, e ai relativi valori, umori e interessi. Non sarà “l’autobiografia della nazione” – in fondo, rappresenta sì la maggioranza degli italiani che votano, ma solo una minoranza dei cittadini nel loro complesso (senza che con ciò si voglia dire che gli astenuti sono tutti di sinistra) – né, evidentemente, ha dalla sua la certezza del successo a tempo indeterminato, ma certo non è una presenza abusiva; anzi, rispecchia piuttosto fedelmente l’Italia com’è: un’Italia che non disdegna di delegare la politica a un vertice istituzionale forte, a volte “sbrigativo” se non tendenzialmente incline all’autoritarismo, per continuare i propri traffici privati, piccoli e grandi, mentre, dall’altra parte, non molti (per ora) sanno sottrarsi a un semplice riflesso momentaneo di reazione per contrapporle efficacemente e credibilmente un’idea di come l’Italia dovrebbe essere.

Il libro – La destra al potere di Carlo Galli (Raffaello Cortina, pagg. 128, euro 12)

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