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Paul McCartney, 80 anni del Mozart contemporaneo: dai Beatles all’eternità

Il 18 giugno Macca spegne le candeline. Come lui nessuno mai: 32 volte primo su Billboard, 2.200 reinterpretazioni di sue canzoni, patrimonio da 1,2 mld $

di Francesco Prisco

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4' di lettura

Abbiamo detto tutto, ma non avremo mai detto abbastanza. Paul McCartney compie 80 anni, l’anima melodica e calcolatrice dei Beatles supera di 16 primavere i fatidici 64, l’età cui quando aveva 25 anni collocava idealmente la vecchiaia (When I’m sitxyfour), ma piuttosto che in un cottage «non troppo caro» all’isola di Wight è ancora in tour (il 25 giugno suonerà a Glastonbury). Come lui nessuno mai: protagonista della British invasion, precursore del rock sinfonico e di chissà quante altre cose, ha vinto 18 Grammy, è stato autore o co-autore di 32 pezzi piazzatisi in testa alla Billboard Hot 100.

Patrimonio da 1,2 miliardi

Due volte introdotto nella Rock and Roll Hall of Fame (e che te lo dico a fare), le sue canzoni sono state re-interpretate da qualcosa come 2.200 artisti diversi, tralasciando gli episodi minori. Anche lato economico e finanziario il ragazzo non scherza: si stima che il suo patrimonio personale ammonti a 1,2 miliardi di dollari. Quando è in tour gli arrivano tra i 70 e gli 80 milioni di dollari l’anno di proventi diretti, mentre altri 10 milioni li guadagna col publishing, attraverso la società Mpl che hai in portafoglio, oltre a gran parte del suo corpus, miti della sua giovinezza come Buddy Holly e Carl Perkins. In controtendenza rispetto a uno scenario che vede tutti i mostri sacri del rock vendersi i diritti sulle proprie canzoni, Macca nel 2017 si è accordato con Sony Atv per riappropriarsi dei diritti di sfruttamento delle canzoni dei Beatles.

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È un personaggio centrale della storia contemporanea a tutto tondo: chi intendesse approfondire il dossier, ha l’imbarazzo della scelta tra la monumentale operazione di Lyrics , raccolta dei suoi testi da lui direttamente commentati (Rizzoli, euro 65, due volumi da 432 e 480 pagine tradotti per l’Italia da Franco Zanetti e Luca Perasi) e il recente La grande storia di Paul McCartney di Carmine Aymone, Michelangelo Iossa e Riccardo Russino (Hoepli, euro 22,90, pp. 224).

Un Beatle non va mai in pensione

Il «ragazzo» è ancora in giro e non potrebbe essere altrimenti: un Beatle non può chiamarsi fuori. Al massimo lascia per cause di forza maggiore, com’è stato per John Lennon e George Harrison. Ma soltanto per consegnarsi definitivamente alla storia. Del resto Paul è già «morto» una volta, in quel meraviglioso scherzo situazionista ideato da John che consisteva nel riempire le copertine dei dischi dei Beatles di indizi che facessero pensare al suo decesso. Meglio comunque non ricordare troppo al festeggiato l’età che ha. La voce da un pezzo non sarà più quella di Long tall Sally, da qualche anno si è rassegnato a non colorarsi più i capelli, ma nonostante la chioma d’argento sul palco appare tutt’altro che anziano.

Questione di zodiaco

Premesso che l’oroscopo è roba da casalinghe disperate, nel caso di Paulie vale la pena fare un’eccezione e leggere il profilo zodiacale dei nati il 18 giugno, segno gemelli: persone influenti che si muovono nell’ombra esercitando il loro potere dietro le quinte. Sono dotate di un enorme ascendente sugli altri, a prescindere da limiti spazio-temporali perché in grado di trasmettere energia a distanza. Pertanto risulta sconsigliato averli come nemici. Che altro è se non il quadro spiaccicato della parabola umana e artistica di McCartney dentro e fuori i Beatles? Da ragazzino entrò nel gruppo di Lennon proponendosi come spalla. Aveva doti tecniche superiori, ma il suo trucco consisteva nel non scoprire subito le carte, lasciar parlare i fatti. Dal ’67 in poi i Fab Four, quattro moschettieri senza leader dichiarato, in cui tutti cantano e contano, faranno esattamente quello che lui vorrà. Fino a sciogliersi quando quel geniaccio sregolato di John non starà più al gioco. Proprio Lennon capirà a sue spese cosa significa avere Paul come nemico. E con l’acida How do you sleep? si vendicherà: «Una faccia carina può durare un anno o due». Come no...

Sentimentale non troppo

Fuori dal comune le sue doti compositive. Per quanto registrate con il marchio paritetico Lennon-McCartney sulla base di un accordo giovanile che Paul di recente ha provato a ricontrattare, sono sue le ballad più famose del gruppo: Yesterday, Michelle, Hey Jude, Let it be. Lui il bravo ragazzo e John il bad boy del gruppo? Non proprio: il giovane McCartney s’è inventato il concept psichedelico di Sgt. Pepper, la canzone che ha ispirato a Charles Manson il massacro di Cielo Drive (Helter Skelter) e persino l’esplicito blues «Why don’t we do it in the road?» Perché il bello della liaison artistica tra John e Paul stava proprio in quel lasciarsi contaminare reciprocamente. E senza McCartney i Fab non si sarebbero mai spinti fino al sinfonico lato b di Abbey Road.

Il Mozart del Ventesimo secolo

Pure la carriera solista di Macca meriterebbe di essere riconsiderata. L’esordio di McCartney (che Lennon definì «muzak», robaccia) e il bucolico Ram sono pieni di spunti interessanti, mentre Band on the run è a suo modo un piccolo capolavoro. Qualche caduta di stile anni Ottanta pure c’è (come spiegarsi altrimenti il riempitivo di Ou est le soleil?) ma al di sopra di tutto risulta impressionante la mole di materiale musicale che ha prodotto in 60 anni: 12 Lp con i Beatles, 32 album in studio e otto live da solo. Le partiture che portano il suo nome, impilate una sull’altra, comporrebbero un volume ponderoso degno di un compositore del Settecento. E forse quando parliamo di McCartney dovremmo proprio scomodare la figura di Wolfgang Amadeus Mozart. Niente male per uno che fa musica da quando era bambino e non s’è mai degnato di imparare a leggere il pentagramma. Certo, non è mai troppo tardi da qui all’eternità.

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