Aleksandra Fëdorovna Romanova: l’Ultima (odiata) Zarina di Russia – Vanilla Magazine

Aleksandra Fëdorovna Romanova: l’Ultima (odiata) Zarina di Russia

Aleksandra Fëdorovna Romanova fu una sovrana particolare, non illuminata, che creò probabilmente più danni che benessere al paese. Alice, chiamata Sunny da bambina e Alix in seguito, era nata nel 1872 nel Granducato d’ Assia, figlia di Luigi IV e di Alice, figlia terzogenita della Regina Vittoria.

Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:

La morte della madre nel 1878 ne segnò il carattere. Sunny non esisteva più, c’era invece una bambina chiusa, triste e timida. La giovane passò lunghi periodi dalla nonna Vittoria, plasmando i suoi modi in uno stile molto più inglese che tedesco, così come per l’educazione bacchettona, e in Inghilterra nel 1884 e 1889 incontrò Nicola Romanov, allora zarevic.

I due si piacquero subito ed iniziarono a scriversi

Lo Zar Nicola e Alessandra, nel 1904:

Nessuna delle due famiglie era favorevole a questa storia d’amore. Alix doveva abiurare per diventare ortodossa e questo non piaceva alla corte tedesca. La corte russa era fortemente avversa alla Germania e restò fermamente contraria ad un’unione fino a quando lo zar Alessandro si ammalò e ammorbidì il suo atteggiamento, acconsentendo al fidanzamento nell’aprile 1894. Il vecchio Zar morì il 1° novembre dello stesso anno. Alix andò in Russia per il funerale e i russi, molto superstiziosi, videro già un segno funesto:

La futura zarina era arrivata al “seguito di una bara”

Alexandra nel 1893:

Nicola divenne zar, e il matrimonio venne celebrato il 26 novembre senza festeggiamenti a causa del lutto. Nel 1896 l’incoronazione fu funestata da un grosso incidente: 1.400 persone morirono calpestate e schiacciate fra la folla che voleva arrivare ad avere il dono dello zar.

Sotto, dipinto di Il’ja Efimovič Repin raffigurante il matrimonio:

Nicola e Alix non avrebbero voluto partecipare al grande ballo, anzi avrebbero voluto annullarlo, ma la ragion di stato non lo permise, e la giovane coppia venne fortemente criticata dal popolo, anche se incolpevole riguardo il gran numero di morti.

I due si amavano molto e si amarono per tutta la vita, come dimostrato dalle lettere tenere e affettuose che si scambiarono negli anni, un matrimonio perfettamente riuscito dal punto vista familiare. Molto meno da quello sociale e politico.

Alexandra era diventata una fervente ortodossa, bigotta e bacchettona, che mal tollerava la frivolezza e la licenziosità della corte russa. Con la suocera, che restava come zarina madre superiore a lei in grado, i rapporti erano molto difficili a causa dell’ostinazione di Alexandra che rifiutava tutti i Romanov e partecipava a pochissime occasioni ufficiali demandando alla suocera i doveri di corte. Alexandra, timida e chiusa di carattere, veniva considerata fredda (fin troppo, anche per i russi) e non era minimamente gradita. Come succede alle persone di carattere forte ma timide, la sua insicurezza veniva scambiata per arroganza e superbia sia dalla corte sia dal popolo, e il suo carattere influenzò non poco gli avvenimenti futuri.

La famiglia reale lasciò Mosca e si trasferì a Carskoe Selo per condurre una vita ritirata, voluta da Alexandra, “la moglie puritana”. La coppia era lontana dalla corte e dalla vita mondana, e anche questo non piacque affatto al popolo russo.

Nel 1895 arrivò la prima figlia, Olga. Poi seguirono Tatiana nel 1897, Maria nel 1899 e Anastasia nel 1901. Ma erano tutte femmine, e la disperazione di Alexandra era palese nel non riuscire a generare un figlio maschio. Finalmente nel 1904 arrivò Aleksej Nikolaevič Romanov, che costituì una gioia immensa per i coniugi e per il popolo russo. Purtroppo, dopo un giorno dalla nascita il cordone ombelicale, dopo il taglio, continuava a sanguinare.

Era emofilia

La regina Vittoria, portatrice sana della patologia, aveva trasmesso il gene a due figlie, fra le quali Alice di Sassonia-Coburgo-Gotha, madre di Alexandra. Alice lo aveva trasmesso a sua volta a due figlie, Alexandra e Irene d’Assia-Darmstadt, e a un figlio morto a soli due anni.

Le donne in genere sono portartici sane e l’emofilia si manifesta patologicamente soltanto negli uomini. Ma tutto questo, allora, non si sapeva

Il giovane Aleksej:

La vita di Alexandra divenne una specie di inferno. Il bambino era vivace come tutti, ma soffriva terribilmente. Anche un livido provocava un’emorragia e il piccolo doveva essere controllato a vista perché non si facesse male. Lo Zarevic divenne l’unica preoccupazione della zarina, tanto che le granduchesse venivano trascurate e comunque educate alla maniera vittoriana, tenute ben lontane dai pericoli della depravazione della corte ed occupate in associazioni benefiche. All’epoca l’emofilia non aveva una cura, e l’incapacità dei medici di trovare un rimedio spinsero la zarina a rivolgersi a santoni, come il Monaco Rasputin, indicatole dalle sorelle montenegrine Milica e Anastasia, sposate a granduchi russi e sorelle della regina Elena d’Italia, che si interessavano di scienze occulte.

Lo Zar Nicola non gradiva la presenza di Rasputin a corte, ma considerata la disperazione di Alexandra e non avendo modo di curare Aleksej non aveva il coraggio di cacciarlo. Ad Alexandra sembrò che Rasputin fosse riuscito a salvare la vita di Aleksej durante una crisi terribile, e la sua presenza al seguito della famiglia reale fu da allora ritenuta indispensabile.

Il santone influenzò politicamente Alexandra, la quale a sua volta influenzava lo Zar

Sotto, Rasputin accoglie degli ammiratori a casa propria:

Il 30 Dicembre 1916, dopo due tentativi andati a vuoto, Rasputin venne ucciso da una cospirazione guidata dai membri della famiglia Romanov. Alexandra, che soffriva di fortissimi attacchi di sciatica (tanto da essere a volte costretta a muoversi su una sedia a rotelle) si allontanò sempre più dalla corte e dalla vita pubblica.

Sotto, una caricatura vede Rasputin tenere in pugno lo Zar e la Zarina:

Lo scoppio della prima guerra mondiale aveva ancor più reso difficile il rapporto dei russi con Alexandra, tedesca di nascita. Veniva perfino sospettata di essere una spia del Kaiser, suo primo cugino. Nei suoi pacchi dono ai soldati al fronte non c’erano cibo o vodka, ma bibbie. E’ facile immaginare la loro gioia nel ricevere tali doni al fronte.

La famiglia reale al completo:

Lo zar in prima linea a dirigere le truppe e la zarina nominata reggente, entrambi inesperti di guerra e di politica, vennero incolpati di tutte le disastrose perdite umane e del succedersi di governi instabili e ministri incapaci, su suggerimenti di Rasputin. Milioni di morti, milioni di soldati al fronte e nessuno che coltivava o portava generi di prima necessità nelle città.

Era l’inizio della carestia

Nel 1917 la situazione precipitò. La folla manifestava per la carenza di cibo, Nicola ordinò di ripristinare l’ordine e i militari spararono sui manifestanti. Alle proteste della Duma (il parlamento), che era stato istituito nel 1905 ma in verità senza poteri, Nicola rispose sciogliendo l’istituzione. Non è escluso che dietro queste decisioni di Nicola ci fosse Alexandra, fortemente autocratica e convinta della divinità dello Zar, che non doveva in nessun modo cedere al popolo.

A quel punto fu l’inizio della fine. I militari si ammutinarono unendosi ai dimostranti, e Nicola fu costretto ad abdicare. Lo zar e tutta la famiglia reale vennero arrestati, deportati in Siberia a Tobolsk dove restarono fino alla fine del 1917.

Nel 1918 vennero trasferiti a Ekaterinburg, dove erano completamente isolati nella casa Ipat’ev. Qui Nicola riscosse la simpatia dei suoi carcerieri. Era socievole, loquace, gentile, franco e modesto anche con i soldati. Alexandra invece era severa, altezzosa e grave fino all’ultimo. Neppure lì riuscì ad essere un po’ più morbida sperando in un trattamento meno duro.

L’avanzata dell’Armata Bianca diede un’accelerazione alla soluzione Romanov

Nella notte fra il 16 e il 17 luglio la famiglia venne fatta alzare, con la scusa di preparare i bagagli per una nuova partenza e riunita nello scantinato insieme al medico di corte e alla fedele dama di compagnia di Alexandra, all’inserviente e al cuoco.

Lo Zar e Aleksej a Ekaterinburg:

Al gruppo venne subito letta la sentenza di morte. Il plotone era composto da prigionieri austriaci e ungheresi dato che i militari russi si erano rifiutati di sparare sulle granduchesse. Nicola e Alexandra vennero uccisi subito a bruciapelo, gli altri con una scarica di fucili. Tre ragazze, che si erano salvate grazie ai gioielli che avevano cucito nei vestiti, vennero finite a colpi di baionetta.

Non fu celebrato alcun rito funebre, e i corpi di Aleksej e Maria vennero bruciati. Il lavoro per gli uomini sembrava troppo lungo, e gli altri cadaveri vennero spogliati di ogni bene, fatti a pezzi e gettati in una vecchia miniera nella quale venne buttato dell’acido solforico per scioglierne i resti. A quel che rimase venne infine dato fuoco.

Sulla fine della famiglia reale russa si susseguirono numerose leggende (fra cui l’impostora Anna Anderson, che sosteneva di essere Anastasia) ma nel 1990 vennero trovati i resti, confermati grazie all’analisi del DNA, e nel 2008 furono confermate anche le identità di Aleksej e Maria.

La famiglia a cena:

I resti della famiglia riposano nella Cattedrale di San Pietroburgo, e nel 2000 vennero tutti dichiarati santi martiri e riabilitati dal governo.

A completamento della storia di Alexandra bisogna menzionare la sorella Elisabetta d’Assia, soprannominata Ella, sposata al granduca Sergej Romanov, zio di Nicola. Le due sorelle erano molto legate. Dopo l’assassinio del marito si fece suora, ma questo non la salvò dalla rivoluzione. Il 17 luglio venne gettata in un pozzo di una miniera insieme ad altri componenti della famiglia Romanov.

Sotto, Elisabetta d’Assia-Darmstadt:

All’interno della miniera venne poi gettata una granata, ma in occasione del ritrovamento dei resti nel 1918 si vide che le vittime erano sopravvissute alla caduta e alla granata. Esse erano morte per le ferite o per la fame, ed Ella aveva fasciato con il suo soggolo la testa ferita di una vittima.

Sotto, il pozzo minerario dove vennero gettate le vittime:

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