Benjamin Booker - Benjamin Booker - Recensioni - SENTIREASCOLTARE

Recensioni

6.7

Un volto che sembra uscire da un poster anni sessanta raffigurante i “guerrieri” delle Pantere nere, o magari, allo stesso tempo, da uno di quei rasserenanti telefilm yankee altrettanto “black”. Non possiamo sapere se Benjamin Booker sarebbe mai potuto essere tutto ciò, ma di sicuro sappiamo che il rock’n’roll, quello dei suoi nonni, lo conosce molto bene e lo sa trattare, ottenendo ottimi risultati.

Venticinque anni, nato a Virginia Beach ma attualmente con base a New Orleans, la nuova meteora del rock a stelle e strisce sta cercando, a colpi di grezze sferragliate rock’n’blues, di spodestare i vari Jack White e Black Keys. In Benjamin Booker, album di debutto prodotto da Andrija Tokic (Alabama Shakes) e pubblicato da Rough Trade, l’artista della Virginia coglie l’essenza della black music e la mette in viaggio facendole attraversare circa quattro decenni, per poi vestirla, una volta giunta a destinazione, con i panni sporchi del punk-rock. È il caso di Violent Shiver, Always Waiting e Have You Seen My Son?, in cui la classica struttura blues viene fatta a pezzetti – ma sempre con la giusta riverenza – da chitarre affilate e presa a morsi da una voce rabbiosa e graffiante, molto probabilmente una delle migliori ascoltate negli ultimi anni nel panorama rock.

Muddy Waters, Bo Diddley, B. B. King “assistono” a braccia conserte, quasi sgomenti, con il sopracciglio alzato, e incassano i colpi, specialmente quando il venticinquenne decide di tirare il freno e lasciarsi andare a intime ballate (Spoon Out My Eyeballs, I Thought I Heard You Screaming, By The Evening) che ad una ad una smorzano la guerriglia iniziale e ricongiungono vecchia e nuova generazione sotto il grande tetto del blues.

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