Ad Arezzo c’è la fabbrica degli scooter volanti - la Repubblica

Il Venerdì

Ad Arezzo c’è la fabbrica degli scooter volanti

Un ultraleggero Jetson all'evento di presentazione. Foto di Ivan Caravona
Un ultraleggero Jetson all'evento di presentazione. Foto di Ivan Caravona 

Nella campagna toscana una startup svedese produce piccoli velivoli elettrici che presto, assicurano i fondatori, rivoluzioneranno il trasporto privato. Prezzo di partenza: 128 mila dollari. Ci siamo mescolati agli acquirenti vip

5 minuti di lettura

Pieve a Presciano (Arezzo). Il primo volo della storia durò dodici secondi. Il velivolo dei fratelli Wright riuscì a staccarsi da terra di poco più di un metro per percorrerne trenta. Centoventuno anni dopo, sullo sfondo di una campagna toscana decisamente più sfavillante e scenografica dell’originaria Kitty Hawk in Pennsylvania, una coppia di Jetson One si libra da terra e volteggia per una decina di minuti. Davanti a un estasiato e selezionato pubblico di appassionati di aviazione, autorità locali e soprattutto futuri acquirenti. Persone venute da Stati Uniti, Giappone, Suriname, Germania, e un paio dall’Italia, tra le 417 che hanno già versato una caparra di ottomila dollari sui centoventottomila totali, per vedere dal vivo come si comporta il giocattolino su cui la prima fortunata dozzina, se tutto procede come da piani, metterà le mani entro la fine dell’anno.

Per farci cosa, però, dal momento che l’autonomia è ancora di venti minuti, buoni per una trentina di chilometri, e – com’è ovvio – non si può volare sui centri abitati? «Per esaudire un sogno di tutti gli esseri umani, quello di volare. Senza però le complicazioni che questa aspirazione comporta» riassume Stéphan D’haene, il belga amministratore delegato di questa ex startup svedese ora società italo-americana che, per una serie di giri della vita – essenzialmente c’entra una donna – si è accasata a mezz’ora da Arezzo. “Il volo, senza le scocciature” è una sintesi giornalistica che piace al manager. D’altronde, come spiegava già un celebre toscano circa settecento anni fa, “chi ha provato il volo camminerà guardando il cielo, perché là è stato e là vuole tornare”. Si chiamava Leonardo, veniva da Vinci, un’ora e mezzo di auto da qui. Che domani, con qualche versione potenziata di queste macchine volanti che prendono il nome dall’omonima fantascienza cartoon anni 60, potrebbe diventare la metà. Chissà.

[[(gele.Finegil.Image2014v1) Ad Arezzo c’è la fabbrica degli scooter volanti__ICP7495]]

Nell’attesa di rivoluzionare la mobilità per tanti, questi piccoli gioielli tecnologici fanno fare un ulteriore salto di specie al divertimento per ricchi. Prima è il biondo Ceo, D’haene, a dettagliare quanto – tra licenze, aggiornamenti, manutenzione – sia ancora impegnativo volare con un ultraleggero mentre il loro apparecchio è pronto da usare non appena preso: «Intuitivo come un iPhone», con giusto un joystick come nei videogiochi. Poi, da sotto un cappellone nero a tesa larga che gli hanno regalato in Texas in occasione del campale volo di prova dell’anno scorso, lo ribadisce uno dei due fondatori, il polacco Tomasz Patan: «Il suo scopo, oggi, è ricreativo. Come un go kart o una moto d’acqua. Stacchi le ali, lo metti su un furgoncino o un rimorchio e passi un bel fine settimana sfrecciando in cielo». Per il futuro, invece, niente è precluso. «La nostra concorrenza sugli evtol (velivoli elettrici a decollo e atterraggio verticale) viene da Archer, Joby Aviation o Lilium, tutte aziende sul segmento taxi. Mentre noi diamo ai singoli l’abilità di volare. Intanto però loro lottano per cambiare i regolamenti e, diciamo entro il 2027, dovrebbe essere pronto anche il nostro modello a due posti, da usare eventualmente con un pilota».

Il Jetson un paio di record li ha già segnati, proprio nel Paese più proverbialmente impastoiato dalla burocrazia. È l’unico evtol da diporto certificato dall’Aeroclub Italia, a quanto pare il primo al mondo, e anche dall'Enac per il volo senza pilota sopra il loro campo volo. E il corso di cinque giorni, trenta ore totali, che stanno mettendo a punto qui a far inizio da quest’estate sarà un’altra prima mondiale. In attesa di una disciplina specifica, e semplificata, per pilotarli serve una licenza da elicotterista. È quella che hanno dovuto conquistare il pilota spagnolo e il fondatore Patan per guidare i due silenziosi “mosconi” sull’avioporto nel mezzo del verde attiguo allo stabilimento aretino dove, al momento, riescono ad assemblarne uno alla settimana.

Il pulsante rosso

Oltre alla dimostrazione in volo, l’evento, baciato da una coreografica quanto inquietante anteprima di luglio ad aprile, prevede spiegazioni sui dettagli produttivi e un tour guidato del laboratorio. Puoi toccare la scocca leggerissima, di kevlar e fibra di carbonio, nelle varie versioni di prova stampate in 3d. Le quattro ali da drone amatoriale maggiorato (lungo 2,8 metri, largo 2,4, alto 1). Testimoniare i cambiamenti nei prototipi. Sederti nell’abitacolo che ricorda quello dei piloti di Formula 1. Guardare un video in cui, simulando l’avaria di uno dei due motori a 120 metri d’altezza, l’apparecchio avverte giusto una specie di singhiozzo. Apprendere che, se qualcosa dovesse andare storto, basterà premere un pulsante rosso per iniziare l’atterraggio di emergenza con l’autopilota. Alla peggio, giurano, si aprirà un paracadute. Svelati i misteri ingegneristici di questo drone xl – da quel settore vengono sia Patan che il cofondatore Peter Thernstrom, quello che scelse di metter sede qui perché nel 2017 era fidanzato con una pisana – restano quelli riguardo le motivazioni dei loro acquirenti.

[[(gele.Finegil.Image2014v1) Ad Arezzo c’è la fabbrica degli scooter volanti_GettyImages-3225086]]

E qui l’articolo, dall’ingegneria, vira verso la psicologia sociale. Il parterre è vario. Nello spiazzo con i tavoli già impeccabilmente apparecchiati per il pranzo sociale si avverte il brivido dei vernissage. Uomini dalla mezz’età in su, vestiti di quel casual estremo come solo gli americani sanno produrre. Poche donne più giovani, una in canottiera oro e cappellino da baseball. C’è Graham Oliver, veterinario inglese con la passione del volo, che ha comprato, restaurato e ora guida uno Spitfire che aveva preso parte al D-Day. Dice: «Anni fa avevo visto anch’io questa tenuta, ma non mi lasciavano costruire un hangar per i miei altri aerei, quindi non l’ho comprata». Come tutti gli altri, ha depositato la caparra e aspetta serenamente il suo turno. C’è la psicologa trentanovenne Julia con la figlia di tre anni e il marito imprenditore edile al seguito da Seattle che, con l’occasione («ci piace definirci nomadi»), allungano la visita in tre settimane di vacanza: «Perché l’abbiamo comprato? Per esser parte della storia mentre accade. Non è magnifico pensare che quando Lulu (e indica la figlia) sarà grande probabilmente si sposterà su qualcosa del genere?». C’è David Marshall, imprenditore tecnologico dello Utah, che ne ha ordinati due: «Così potrò andarci con mia moglie o un amico: doppio divertimento! Cosa c’è di più eccitante che poter atterrare in luoghi, magari boschi o canyon, dove nessun essere umano ha mai messo piede prima?». C’è anche Cody «from California», che sembra un marine oltre che per i capelli a spazzola e i bicipiti anche per il modo in cui dice che l’azienda dovrebbe avere boots on the ground, stivali sul terreno in America, da cui provengono 290 sui 416 clienti registrati. E si candida a diventare ufficiale di collegamento dell’eventuale espansione.

Lambrusco e gioie di mezz’età

E gli italiani? Pochi, ma niente male. Il primo che incontro è Mauro Magnanini, cinquantaseienne rock, con basettoni e catena al collo, da Carpi, Modena. È arrivato in Tesla con un amico che a Sassuolo fa il vetraio ma sembra non pensare ad altro che ad agguantare una cloche e sguazza nelle tecnicalità. «Amo l’elettrico, ho anche una moto Zero Motorcycle che mi son fatto mandare dall’America» dice Mauro per contestualizzare, «e alimento tutto con l’impianto fotovoltaico della mia azienda agricola» che fa pere e uva per Lambrusco. Ma col Jetson che conta di farci? «Mi piace l’innovazione. Ed essendo tra i primi ad averlo comprato, non escludo che, a un certo punto, a rivenderlo si possa rivelare un buon investimento. In ogni caso immagino un uso ludico-hobbistico».

[[(gele.Finegil.Image2014v1) Ad Arezzo c’è la fabbrica degli scooter volanti_Schermata 2024-05-08 alle 16.40.22]]

Questa è gente che, arrivata a un certo punto della vita, si vuole essenzialmente divertire. Rallentare sul lavoro e accelerare col joystick. Mi sembra abbia tagliato quel traguardo anche il cliente più vip, quello che aveva già attirato l’attenzione atterrando sul pratone, alla Roy Logan di Succession, in elitaxi. Che i più informati dicono gli sia costato 15 mila euro per l’andata dai dintorni di Varese e il ritorno su Santa (Margherita) dove ha le abitazioni italiane, oltre a quelle in Oman dove passa parecchio tempo: «Sicuro come la Svizzera ma molto più divertente, soprattutto per andare in bici». Parlo di Luca Spada, fondatore di Eolo, internet via satellite, una mini Starlink vent’anni prima di Elon Musk: «Mi imbattei in un video su YouTube e scrissi per avere dettagli. Mi rispose Peter, il fondatore svedese, vedendo il mio indirizzo mi chiese se per caso conoscessi qualcuno a Eolo, visto che qui non prendeva la rete. Così abbiamo fatto amicizia, ho messo qualche milione nel progetto e sono entrato nel consiglio d’amministrazione per dare una mano, tipo spiegare le differenze culturali nel fare business qui». Preferisco non indagare. Forse è l’unico degli invitati che conta di farci i soldi mentre gli altri li hanno solo dati. «Siamo all’anno zero ma il quadro evolve rapidamente. A Milano ci sono progetti per tre vertiporti. Immagino un servizio di taxi da Linate al lago di Como, ad esempio. Un Uber dei cieli. La redditività me la aspetto entro due-tre anni ma se il fenomeno scoppia, come credo, anche prima».

Esclusi centri urbani e zone sensibili resta comunque “volabile” circa l’80 per cento del Paese. Durante la presentazione video l’eventualità di un bird strike, l’impatto con uno o più uccelli, è liquidata in tutta fretta dicendo che il Jetson resisterebbe. Il bon vivant Mauro sembra aver scotomizzato quel passaggio. Glielo ricordo: «Beh, se è per quello ci sono più vittime della strada che dei cieli». La statistica è dalla sua. Ma se si affollassero come nel cartone animato originario? Chi ha pensieri del genere è condannato a non staccare piede da terra.

Sul Venerdì del 3 maggio 2024

I commenti dei lettori