La ripartizione dell'onere della prova in materia di inadempimento contrattuale | NJus.it
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19 | 07 | 2021

La ripartizione dell'onere della prova in materia di inadempimento contrattuale

Valerio de Gioia

La seconda sezione civile della Corte di Cassazione, con ordinanza 19 luglio 2021, n. 20551, ha nuovamente affrontato la questione della ripartizione dell'onere della prova in materia di inadempimento contrattuale.

Nel contratto di compravendita, l'obbligazione di dare posta a carico del venditore è di risultato in quanto l'interesse perseguito dall'acquirente è soddisfatto con la consegna di un bene in grado di realizzare le utilità alla quali, secondo quanto pattuito, la prestazione è preordinata.

Di conseguenza è sufficiente che l'acquirente alleghi l'inesatto adempimento, ovvero denunci la presenza di vizi che rendano la cosa inidonea all'uso al quale è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, mentre è a carico del venditore, in forza del principio della riferibilità o vicinanza della prova, l'onere di dimostrare, anche attraverso presunzioni, di aver consegnato una cosa conforme alle caratteristiche del tipo ordinariamente prodotto, ovvero la regolarità del processo di fabbricazione o di realizzazione del bene.

Solo ove detta prova sia stata fornita, spetta al compratore dimostrare l'esistenza di un vizio o di un difetto intrinseco della cosa ascrivibile al venditore.

Detto orientamento è in linea con le indicazioni della Suprema Corte che – in applicazione dei principi sulla ripartizione dell'onere della prova in materia di inadempimento contrattuale, come esposti dalle Sezioni Unite con la sentenza 30 ottobre 2001, n. 13533 –, ha di recente ribadito che, in tema di inadempimento del contratto di compravendita, è sufficiente che il compratore alleghi l'inesatto adempimento ovvero denunci la presenza di vizi che rendano la cosa inidonea all'uso al quale è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, mentre è a carico del venditore, quale debitore di un'obbligazione di risultato ed in forza del principio della riferibilità o vicinanza della prova, l'onere di dimostrare, anche attraverso presunzioni, di aver consegnato una cosa conforme alle caratteristiche del tipo ordinariamente prodotto ovvero la regolarità del processo di fabbricazione o di realizzazione del bene; ne consegue che, ove detta prova sia stata fornita, spetta al compratore la dimostrazione dell'esistenza di un vizio o di un difetto intrinseco della cosa ascrivibile al venditore (Cass. civ., sez. II, 2 settembre 2013, n. 20110). 

La giurisprudenza successiva (Cass. civ., sez. III, ord. 21 settembre 2017, n. 21927) ha, peraltro,  rilevato l'esistenza di orientamento giurisprudenziale di segno specularmente opposto – sostenuto da Cass. civ., sez. II, 26 luglio 2013, n. 18125 –, secondo cui, in tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, l'onere della prova dei difetti, delle conseguenze dannose e del nesso causale fra gli uni e le altre fa carico al compratore, mentre la prova liberatoria della mancanza di colpa, incombente al venditore, rileva solo quando la controparte abbia preventivamente dimostrato la denunciata inadempienza, evidenziando, tuttavia, che, come si evince dalla lettura delle relative motivazioni, l'orientamento da ultimo riportato richiama acriticamente la giurisprudenza formatosi in epoca anteriore alla citata sentenza delle Sezioni Unite, dalla quale, invece, erroneamente prescinde.

Riferimenti Normativi:

  • Art. 2697 c.c.