17.03.2023 Icon

Leasing alla vecchia maniera: la volontà delle parti batte l’art. 1526 1 a 0

Nella risoluzione del leasing traslativo acquista un ruolo decisivo la restituzione del bene, perché tale evento consente al meccanismo delineato dall’articolo 1526 Cc (primo e secondo comma) di esplicarsi nella sua pienezza; la restituzione del bene comporta, per l’utilizzatore inadempiente, il diritto alla restituzione delle rate pagate, salvo il versamento dell’equo compenso al concedente; mentre, qualora sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al concedente, il giudice potrà provvedere alla riduzione d’ufficio dell’indennità convenuta”.

La vicenda di causa trova collocazione in un periodo antecedente l’entrata in vigore della L.124/2017, con la quale è stata disciplinata la figura del leasing traslativo stabilendo, all’art. 1, comma 138, che “In caso di risoluzione del contratto per l’inadempimento dell’utilizzatore ai sensi del comma 137, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a corrispondere all’utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene, effettuata ai valori di mercato, dedotte la somma pari all’ammontare dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere, solo in linea capitale, e del prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione finale di acquisto, nonché le spese anticipate per il recupero del bene, la stima e la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita”.

Prima di tale Legge, tuttavia, non esisteva una norma che disciplinasse le conseguenze della risoluzione del contratto di leasing traslativo; conseguentemente, una parte della giurisprudenza era giunta alla conclusione che in ipotesi di risoluzione per inadempimento del contratto doveva trovare applicazione in via analogica l’art. 1526 c.c.

Questa era quindi la disposizione di legge che disciplinava gli effetti della risoluzione del leasing traslativo in caso di inadempimento: “Se la risoluzione del contratto ha luogo per l’inadempimento del compratore [i.e. utilizzatore], il venditore [i.e. concedente], deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno. Qualora si sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo d’indennità, il giudice, secondo le circostanze, può ridurre l’indennità convenuta”.

E per molti anni è stato proprio così, in una terra di mezzo in cui la volontà delle parti trasfusa nel regolamento negoziale e rappresentata da una penale risarcitoria che riconosceva alle società di leasing, tra le altre cose, la possibilità di trattenere i canoni mensili già riscossi in caso di risoluzione per inadempimento, rappresentava l’unica valida via di fuga per superare l’impasse generato dall’interpretazione invia analogica dell’art. 1526 c.c.

E ciò anche in ragione del fatto che era proprio il secondo comma dell’art. 1526 c.c. a prevedere che “Qualora si sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo d’indennità, il giudice, secondo le circostanze, può ridurre l’indennità convenuta”.

Dunque, questo è il perno intorno al quale ruotava, fino a qualche anno fa, tutto il contenzioso innescatosi in tema di leasing traslativo.

Sennonché, con l’entrata in vigore della L.124/2017 era inevitabile assistere ad un cambio di paradigma, che però non è stata immediata.

Qualche anno dopo la L. 124/2017, infatti, parte della giurisprudenza aveva affermato che, “Dovendosi fare applicazione della c.d. interpretazione storico-evolutiva, secondo cui una determinata fattispecie negoziale deve essere interpretata in base dell’ordinamento vigente, posto che l’attività ermeneutica non può dispiegarsi “ora per allora”, ma all’attualità, si ritiene che la nuova disciplina (legale) della locazione finanziaria contenuta nella Legge n. 124/2017 abbia superato il ricorso analogico all’art. 1526 c.c. che non potrà più trovare applicazione ai contratti di leasing traslativo, anche se stipulati prima della sua entrata in vigore” (cfr. ex multis: Cass. 29 marzo 2019 n. 8980).

Il che era chiara dimostrazione di come, in giurisprudenza (soprattutto della Cassazione), non vi fosse ancora univocità di vedute.

La questione, in ogni caso, qualche anno più tardi venne sottoposta alle Sezioni Unite, che chiarirono ogni equivoco sancendo il principio secondo cui “ai contratti di leasing traslativo, i cui presupposti della risoluzione si siano verificati anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 124/2017, si applica in via analogica l’art. 1526 c.c…” (cfr. Cass., SS.UU., 28/01/2021, n. 2061).

Da allora più nessuna perplessità: quando si parla di leasing traslativo risolto anteriormente all’entrata in vigore della L. 124/2017 troverà specifica applicazione l’art. 1526 c.c., con la conseguenza che, ove sia convenuto tra le parti che le rate riscosse siano trattenute dalla società di leasing a titolo di penale, il giudice potrà provvedere alla riduzione d’ufficio di tale indennità.

E questo, peraltro, è proprio il principio ribadito da ultimo dalla Cassazione con l’ordinanza n. 7367/2023 pubblicata in data 14/03/2023.

Autore Francesco Concio

Partner

Milano

f.concio@lascalaw.com

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