RATHENAU, Walther in "Enciclopedia Italiana" - Treccani - Treccani

RATHENAU, Walther

Enciclopedia Italiana (1935)

RATHENAU, Walther

Carlo Antoni

Industriale, filosofo, uomo di stato tedesco, nato a Berlino il 29 settembre 1867 da ricca famiglia d'industriali e banchieri ebrei, figlio di Emilio (v.). Il giovane Walther studiò fisica con Helmholtz, filosofia con Dilthey e si laureò in ingegneria nel 1889. Dedicatosi a studî di elettrochimica, entrò nella società dell'alluminio di Neuhassen in Svizzera, dove perfezionò alcuni processi industriali. Nel 1893 era direttore d'un'officina a Bitterfeld. Prese a collaborare in questi anni alla rivista Zukunft di M. Harden con alcuni saggi, in cui, in forma epigrammatica, fondeva le dolorose esperienze derivategli dalla sua origine etnica con elementi irrazionalistici tratti da Nietzsche e da Bergson.

Le due forze che dominano gl'individui e i popoli sono la paura e il coraggio. Arma della paura è l'intelligenza. Popolo della paura, e perciò il più intellettuale, è l'ebreo, che dalla sua storia, dal suo "Dio" è costretto a coltivare esclusivamente l'intelligenza fino a renderla sterile e distruttiva. Al contrario la nordica razza ariana è valorosa e superba, ma inintelligente: vinta una prima volta dalla religione, è ora prostrata dalla civiltà capitalistica, nata dal calcolo e dall'astuzia. La soluzione della questione ebraica in Germania, R. la scorgeva nello sforzo cosciente degli ebrei a farsi intimamente tedeschi.

Entrato nel 1899 nell'A. E. G., si dedicò alla costruzione di centrali elettriche. Passò nel 1902 alla direzione d'una grande banca di Berlino ed ebbe agio di farsi accogliere, unico della sua razza, nei ristretti circoli di corte, pur frequentando anche i gruppi letterarî e artistici di avanguardia. Nel 1912 compose la Zur Kntik der Zeit, nel 1913 la Zur Mechanik des Geistes.

Dall'avversione all'intelligenza, cioè allo spirito critico e scettico, R. giunse, forse per influenza della mistica ebraica, all'esaltazione dell'"anima", specchio di Dio, tutta immaginazione e amore, che si esprime nella creazione spontanea e disinteressata. Scopo dell'uomo è vivere la sua "anima" in piena libertà, senza altro interesse. Tutti i piani di ricostruzione politica, sociale ed economica di R. sono ispirati da questo principio. Per primo parlò degli effetti della "meccanizzazione", notando come il progresso e l'organizzazione tecnica abbiano tolto alla personalità la possibilità di esprimersi, standardizzando l'esistenza. Il peccato più grave della meccanizzazione era secondo lui la divisione delle classi, con conseguente oppressione borghese del proletariato. A differenza di Marx, non vedeva l'ingiustizia sociale nel plusvalore sottratto all'operaio, ma nel fatto che l'operaio è ridotto a un automa senz'anima. Attendeva la liberazione dalla sconfitta del razionalismo, dall'eliminazione del monopolio culturale dei ricchi, dal trionfo dell'anima attraverso la gioia del lavoro e il senso della responsabilità e solidarietà instaurati in luogo del desiderio di lucro e di lusso. Propugnava un'imposta progressiva sulla ricchezza e radicali restrizioni al diritto di successione.

Continuò tuttavia a esser la mano destra di suo padre nell'A. E. G. e a far parte di un centinaio di consigli di amministrazione. In rapporto con gli uomini di governo e con lo stesso imperatore, suggerì l'ammissione della borghesia alle alte cariche, un regime costituzionale, la formazione di un grande partito liberale, e, dopo un viaggio in Africa al seguito del ministro delle Colonie Dernburg, si pronunciò per un'intesa con l'Inghilterra e per un contingentamento degli armamenti. Nel 1913 lanciò l'idea di un'unione doganale europea.

Allo scoppio della guerra non s'illuse sulle possibilità d'una vittoria tedesca, creò tuttavia presso il Ministero della guerra l'"ufficio delle materie prime", che salvò l'esercito tedesco da una grave crisi degli approvvigionamenti, e inventò la "società di guerra", tipo d'impresa privata sotto pubblico controllo. Nel 1915 succedette al padre nella presidenza dell'A. E. G. Nel 1917 descrisse in Von kommenden Dingen la sua visione dell'avvenire.

La guerra era una rivoluzione sociale, che rendeva prossimo l'avvento del regno dell'anima: il diritto di proprietà era insanabilmente intaccato dalla guerra; d'altra parte i progressi tecnici consentivano ormai l'emancipazione dell'operaio, che da lavoratore manuale era trasformato in sorvegliante responsabile. Su queste premesse si fonda la Die neue Wirtschaft, opera scritta nel 1918. Non soltanto la proprietà, ma anche il consumo non è più d'ordine privato e va quindi regolato per evitare sperperi e squilibrî; la grande impresa, perduto ogni carattere personale nella forma della società per azioni, è divenuta elemento dell'economia nazionale; la produzione va sottratta ai turbamenti della concorrenza e della ricerca del lucro e adattata ai bisogni. Quindi un'organizzazione nazionale dell'industria attraverso unioni professionali e industriali operanti secondo un piano concordato, in cui lo stato non interverrebbe pur tenendo le leve di comando mediante la nazionalizzazione delle banche.

Giudicò catastrofica, anche per la pace europea, la domanda d'armistizio, invocò la leva in massa e la resistenza ad oltranza, riprovò la firma del trattato di Versailles. Escluso perciò dal nuuvo governo, fece tuttavia parte nel 1920 della commissione della socializzazione. Accompagnò alla conferenza di Spa il ministro Wirth e suggerì alla delegazione tedesca la politica delle negoziazioni che fu poi seguita da G. Stresemann. Auspicò la ripresa delle relazioni economiche con la Russia, una collaborazione economica franco-tedesca per le regioni devastate, un sistema internazionale di economia regolata in luogo della Società delle nazioni.

Nel marzo del 1921 accettò l'ardua carica di ministro della Ricostruzione, concludendo col ministro francese Loucheur l'accordo di Wiesbaden per le riparazioni. Caduto il 20 ottobre l'intero gabinetto, egli continuò a ispirare la politica estera tedesca e in colloquî a Londra cercò di rompere l'isolamento tedesco lanciando l'idea d'un patto per il Reno. Capo della delegazione tedesca alla conferenza di Cannes, riuscì a far riconoscere la buona volontà tedesca e a far fallire le mire renane di Poincaré. Ministro degli esteri il 3 gennaio 1922, partecipò alla conferenza di Genova, dove, sotto la minaccia di un accordo tra l'Intesa e la Russia, concluse coi Russi l'accordo separato di Rapallo. Il 24 giugno 1922 cadeva vittima di un attentato compiuto da giovani delle formazioni di destra.

Opere: Ges. Schriften, Berlino 1918; Die neue Gesellschaft, Berlino 1919; Der neue Staat, Berlino 1919; Briefe, Dresda 1926; Neue Briefe, Dresda 1927; Politische Briefe, Dresda 1929.

Bibl.: Raphael, W. R., Parigi 1921; L. Brentano, W. R. und seine Verdienste, Monaco 1922; K. Sternberg, W. R. der Kopf, Berlino 1924; E. Federn-Kohlhaas, W. R., Dresda 1927; P. Eberhardt, Freundschaft im Geist, Gotha 1927; H. Kessler, W. R., sein Leben u. sein Werk, Berlino 1928; E. Gottlieb, W. R. Bibliographie, ivi 1929.

© Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani - Riproduzione riservata

-ALT
TAG

Trattato di versailles

Società delle nazioni

Imposta progressiva

Società per azioni

Esercito tedesco

-ALT
-ALT