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Cody ChesnuTT, il guerriero del soul: "Scrivo le mie rime come se parlassi ai miei figli"

La "great black music" dell'artista di Atlanta arriva in Italia in versione acustica per quattro date. "Credo che oggi ci siano ancora molti talenti vocali, manca però l'elemento principale del soul: lo spirito di quei vecchi dischi, la consapevolezza che animava Curtis Mayfield o Stevie Wonder"

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Con quell'elmetto in testa e gli abiti in technicolor che sembra una guerrigliero arcobaleno, Cody ChesnuTT è in effetti un soldato. Ma un soldato della musica. Con un cuore e una voce grandi così, che torna in Italia con un tour acustico in solitario che tocca la Sala Estense di Ferrara (15 aprile), la Sala Vanni di Firenze (16), il Teatro Leopardi di San Ginesio (Macerata, 17) e il Bloom di Mezzago (Monza, 18). Un soldato del soul, meglio ancora, capace di riportare in vita, fra rapper carichi d'oro sulle Bentley d'ordinanza, gangsta fasulli come banconote da tre dollari e pseudo sexy sdolcinatezze da classifica, l'eredità classicissima e magnifica di Marvin Gaye, Curtis Mayfield o Gil Scott-Heron prima che decidesse di togliersi la vita e toglierci la meraviglia della sua musica, della sua poesia e della sua voce sublime. Uno, Chesnutt, più che degno di stare accanto alle migliori menti delle nuove generazioni, da Erikah Badu a Meshell N'degeocello, da Lauryn Hill a Jill Scott, da Questlove a D'Angelo e Michael Franti, prima che si perdesse fra stupide canzonette. Perché il soul serve sì per far ballare il corpo, ma soprattutto la mente e il cuore. Per dire agli afroamericani dove e come sbagliano, e ai bianchi che gli afroamericani ci sono e meritano rispetto, per cantare del machismo e del crack, per raccontare sogni d'amor puro, per riflettere sull'ambiente devastato dalla cecità del profitto. "Quando scrivo una canzone - ha raccontato Chesnutt a www.thequietus.com, parlando dell'ultimo lavoro, lo splendido Landing On A Hundred, uscito nel 2012 col fundrising Kickstarter - di solito è tutto basato sull'immaginazione. Ma anche se è materia autobiografica, provo sempre ad essere dentro il momento, la storia e la persona di cui sto scrivendo. Ad esempio Everybody's Brother è un mix di esperienze personali e di me che do voce alla vita vera della comunità. Parlo ad esempio, in quel brano, di uno zio che ha lottato contro la dipendenza da crack per vent'anni. Ho visto come ha distrutto le famiglie e il peso che ha messo sulle spalle del gruppo sociale. Per quelli che ce l'han fatta è la mia celebrazione del loro trionfo, per quelli che non ci sono ancora riusciti ho voluto piantare il seme della speranza. Tutti questi personaggi [del disco, ndr], il giocatore, l'uomo che inganna al sua donna - e quello ero io - il ragazzo che combatte contro il dovere di accettare le sue responsabilità per ciò che ha fatto, sono cose che ho sperimentato personalmente".
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L'artigiano del soul. "Say It Loud, I'm Black and Proud" cantava The Godfather of Soul, alias The Showbusiness Hardest Worker, alias Mr. James Brown. Altro che nu soul, anemico vezzeggiativo per modaioli anaffettivi: Chesnutt oscilla fra il folk nero di Odetta e "Great Black Music", come la battezzarono ai loro tellurici esordi gli allora ragazzi dell'Art Ensemble of Chicago, che della canzone recupera anche il suo profondo senso sociale di denuncia e consapevolezza. E ChesnuTT è anche "Serious Fun", come uno di loro, il meraviglioso Lester Bowie, trombettista stellare, noto anche come The Doctor per via del camice bianco che indossava sul palco, con Roscoe Mitchell e gli altri in divisa chi afro chi optical-pop-new dada. Artigiano della musica nel senso più stretto e nobile del termine, Cody, oggi 47enne, esordisce su disco nel 2002. Quando, nello studio allestito in casa, e chiamato significativamente The Promise Musicland, partorì The Headphone Masterpiece, purissimo distillato in 36 pezzi dei suoi amori musicali soul, blues, gospel, funk e rock. Pozione magica, generosa e così urgente che il nostro la registrò su un polveroso 4 piste usando, tutto solo, una quantità di strumenti (chitarre, basso, tastiere), una drum machine e un gigantesco paio di cuffie, "per chiudere il mondo fuori" come racconta. Spiegando così il titolo, "il capolavoro delle cuffie", con la distanza messa fra sé e il caos malvagio e stolto che tutto avvolge ovunque. Ma non è certo dal farci i conti che ChesnuTT si volle - né si vuole - tener lontano, piuttosto quell'espressione sottolinea il raccoglimento necessario all'artista per andare dritto al cuore di ciò che - e di come - gli preme suonare e cantare. Fu chiaro subito che non era come tanti in cerca di fama e soldi né gli interessavano i ritmi fast food dell'industria. Né di tanto pubblico purtroppo complice. Nei Novanta fa la giusta gavetta nella natia Atlanta. La lascia a fine decennio per Los Angeles, nuova base fra i suoi Crosswalk e le canzoni scritte e prodotte per la Death Row Records: "Avevo un cugino in un loro gruppo, volevano una copia dei Boyz II Men, R&B per ragazzini. Il cugino mi presentò come autore ma non firmai mai per loro, ero un songwriter a noleggio. Ma le mie cose gli piacquero e mi misero dietro quella loro idea per tre o quattro mesi, la band si chiamava Six Feet Deep, il giochino era che erano alti sei piedi... Poco dopo Tupac fu ucciso e il boss dell'etichetta, Suge Knight, voleva fare un tribute album e un film: feci un pezzo per il disco ma non ci arrivò e fu messo invece nella colonna sonora di Gridlock'd, in cui recitavano Tupac e Tim Roth".

E i Roots dissero: "Canta con noi". A riprova della sua inattaccabile onestà e fiera indipendenza, da allora ad oggi ChesnuTT ha realizzato solo tre album (con l'ep Black Skin No Value, 2010, fra il primo e l'ultimo, più The Live Realease, 2006, progetto live in solitaria mai pubblicato) e un certo numero di singoli. Il successo non ha mai fatto parte del suo paesaggio. Il nostro eroe è uno che si affida solo alla sua musica, senza contare sugli investimenti altrui, lavorando in orgogliosa economia, per farsi sentire. E come nella miglior tradizione della musica popolare, fu l'intuito fulminante di un talent scout dotato e generoso, nel caso Questlove, ad aprirgli la porta su un'audience più vasta. Nel 2002, quando quel faro del soul funk hip hop e i suoi Roots erano la house band del "Late Night With Jimmy Fallon", uno dei più agguerriti concorrenti di David Letterman, Questlove rimase fulminato dalla purezza da vero soul brother di ChesnuTT. E lo fece cercare. "Ahmir (vero nome di Questlove, ndr) sentì il disco in auto con una conoscente comune, ma lei non voleva dirgli chi fosse l'artista perché loro facevano sempre a gara su chi scopriva prima un nuovo talento. Mi pare che lei si fermò per fare benzina e Questlove ne approfittò per guardare il nome dell'autore. Poi qualcuno del giro Roots mi chiamò. Confesso che ero un po' in apprensione sulle prime, perché avendo già dovuto combattere con la mia etichetta di allora, ne ero uscito stanco e amareggiato sui futuri rapporti con qualsiasi altra etichetta. Mio cugino mi convinse invece che sarebbe stato un vantaggio lavorare con loro. E fu infatti una bella mossa di business, che funzionò benissimo anche dal punto di vista creativo, perché loro sono veri musicisti che amano la vera musica. Un incontro che mi ha dato larga visibilità in tutto il pianeta e li ringrazio per questo".

Un soulman al Festivalbar. Fu così che per quel suo dono di raccontare la vita in una poesia forte e profonda fino a sfiorare un rarefatto ermetismo, per quella voce piena di pathos antico, per la chitarra tagliente sempre e solo al servizio di idee e sentimenti, scelta da autentico cantastorie della tradizione, Questlove e soci lo vollero con loro. E per il fondamentale Phrenology (2002), chiesero ed ebbero le rime libertarie e caustiche di The Seed (riproposta come The Seed 2.0), che Chesnutt aveva registrato su The Headphone Masterpiece. Fu ospite chitarra e voce del brano inciso, nel quale duetta con Black Thought, e anche della clip, che fece il giro del mondo grazie a MTV, cominciando così a mostrargli anche la faccia di quel giovanotto solare, schivo e agguerrito. Il successo fu notevole: il brano fu tra i finalisti dello "Shortlist Music Prize", ambito riconoscimento riservato ai dischi che han venduto meno di mezzo milione di copie. E sempre con The Seed Cody si ritrovò - come sempre - scelto per cantare insieme ai Fugees in David Chapelle Block Party, il documentario di Michel Gondry, Oscar per Se mi lasci ti cancello e videomaker, fra mille, di Stones, Radiohead, Chemical Brothers, Bjork, Massive, Foo Fighters, sul celebre attore e commediografo afroamericano. Le vendite del singolo furono discrete anche all'estero, specie, come da tradizione, in Gran Bretagna e Nord Europa. E il buon momento di Cody si completò con l'invito allo "Smokin' Grooves Tour", la carovana black coast to coast nata nel '96 in risposta al Lollapalooza Festival, sul cui palco itinerante finì con, fra gli altri, Lauryn Hill, Outkast, Macy Gray e gli immancabili Roots. Insieme ai quali - forse non tutti sanno che - Chesnutt e quel brano infuocato e pieno di doppi sensi sessual-sociali (seed, vale seme anche nel senso procreativo) che nessuno ovviamente capì, andarono, era il 2003, addirittura anche al Festivalbar; a pensarci bene, visto di quali musici e quale palco stiam parlando, l'ipotesi che nessuno gli avesse spiegato bene di cosa si trattasse è più che realistica.

Al microfono di Al Green e Keith Richards. Nel 2012, dieci anni dopo il debutto su disco, fu finalmente il momento di Landing On A Hundred. Registrato, per precisa scelta in analogico. Con gli stessi microfoni, monitor e banchi che Willie Mitchell aveva voluto, fin dal 1956 quando recuperò il vecchio Royal Theatre di Memphis facendone il più longevo studio del mondo in attività senza interruzioni, per Chuck Berry, Solomon Burke, Otis Rush, De La Soul, Keith Richards, Ike & Tina, Al Green, Buddy Guy, Rod Stewart, e son solo pochissimi fra i tanti maestri che ci son passati. "All'inizio era solo un'altra opzione sul tavolo fra quelle per registrare su nastro da due pollici. Cercavamo lo studio più adatto alle nostre tasche fra Miami, Atlanta, New York e Memphis, che aveva le migliori tariffe. Una volta entrati, restammo di sale realizzando che ci erano stati incisi così tanti classici, che nulla da allora era cambiato e che ora stavamo per usarlo noi quel posto carico di storia e carisma. Credo che oggi ci siano ancora molti talenti vocali, quel che mi pare manchi però è l'elemento principale del soul, quello che ce lo fa amare così tanto: lo spirito di quei vecchi dischi, la consapevolezza che animava Curtis Mayfield o Stevie Wonder. In quel soul convivevano spirito della chiesa, esperienze degli afroamericani, aspetti economici e politici, potevi sentirli nella musica. Oggi molto di ciò ha un posto in ultima fila a pro di uno stile di vita molto superficiale in cui la consapevolezza non è tenuta in gran conto. O forse gli artisti sentono troppo la pressione delle etichette, che pensano che a nessuno interessi quel modo di essere che stava al cuore dei classici. Finiranno per prendere la strada di Berry Gordy, boss della Motown, che a Marvin Gaye, all'epoca suo genero e artista di punta, disse del suo What's Going On: 'La gente non vuol sentire quella roba, la gente parla di shopping, della camera da letto e del club. Stai concentrato su queste cose'. Ma il pubblico è intelligente oggi, perciò compera tanti singoli e non si fida più degli album, dopo che è stata così a lungo senza poter avere un intero album di qualità. Come per qualsiasi altra cosa, resti incollato a una formula così a lungo che il prodotto inizia a soffrire, e anche l'arte comincia a soffrire. come credo abbia fatto nell'ultimo decennio".

L'importanza di essere padre. Lui di certo non ci cascherà. Ci si può scommettere. Cody ChesnuTT è naturalmente immune. Gli è basta e gli continuerà a bastare vivere la sua vita, diventando due volte padre, coltivare la sua aurea vena di storyteller d'altri tempi, osservando il mondo e tuffandocisi dentro per riemergerne con altri racconti per voce, chitarra e memoria. "Avere due figli fa semplicemente parte del vivere la vita e con loro la mia è molto cambiata. Ma è stato un cambiamento al quale ero preparato. Dopo The Headphone Masterpiece la mia esistenza è come fosse arrivata a una svolta. Mi sono preso il mio tempo, aspettando che la musica arrivasse in questo nuovo ambiente. Ho fatto passare due anni e mezzo prima che il resto del mondo ascoltasse Landing On A Hundred. Coi figli sono ancora più conscio del mio linguaggio, della direzione delle canzoni, i loro contenuti e senso sono ancor più al centro della mia attenzione. Sto imparando che devo assolutamente essere più responsabile con le cose che metto in circolazione nel mondo, quelle che posso offrire alla consapevolezza della gente, i testi e le musiche hanno nelle loro vite un ruolo spesso maggiore di quel che pensano. Ed è un preciso dovere per me dare a tutti le cose più sane e giuste possibili, le stesse che do ai miei bambini".