Beethoven, Napoleone e l’età complessa della Rivoluzione francese

Un periodo contraddittorio iniziato nel 1789

48napoleoneBeethoven è coetaneo di Napoleone, più giovane solo di un anno. L’arco della loro vita sta dentro un tempo di inclinazioni contrastanti e spesso opposte: dalla esuberante fiducia nella ragione degli Illuministi si passa all’inquieta sensibilità romantica che genera aspirazioni sublimi mentre c’è consapevolezza che restano insoddisfatte: è il “desiderio del desiderio”. Eppure una coerenza stretta lega quelle due identità culturali che alla fine hanno bisogno una dell’altra per chiarire le loro istanze più concrete.
La svolta radicale avviene con la Rivoluzione francese che ha complessivamente una fisionomia liberal-borghese, è il terzo stato che abbatte i privilegi della nobiltà e si serve delle forze popolari (sanculotti e giacobini) come forza d’urto, ma contrasta le loro richieste. Dalla Rivoluzione emerge Napoleone che opera su un paradosso: edifica quel nuovo stato borghese che ha conquistato il potere e insieme realizza un accentramento assolutistico che era stata la pratica dei sovrani di Ancien Régime, crea un potere personale detto cesarismo con colpi di stato e plebisciti fino ad autoincoronarsi imperatore dei francesi e re d’Italia, toglie libertà acquisite o desiderate, riporta l’ordine, afferma l’egemonia francese in Europa con la forza e la sua abilità militare di stratega.

Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
Ludwig van Beethoven (1770 – 1827)

Le repubbliche che fa sorgere le usa come pedine per i propri fini. Napoleone ha il merito di aver organizzato un’efficiente struttura statale in una gerarchia amministrativa di prefetti, magistrati, intendenti, istruzione e “grandi scuole” (in Italia fonda nel 1813 la Scuola Normale Superiore di Pisa) per la formazione dei quadri dirigenti, operative ancora oggi con l’impronta napoleonica, che a noi italiani sarebbe tanto necessaria. Successi nella organizzazione interna della Francia sono la sconfitta della controrivoluzione in Vandea, la pacificazione religiosa ma intendendo la religione puntello dello Stato, controllo dell’istruzione, la lotta contro la crisi economica.
Il nuovo codice civile risponde agli interessi della borghesia con l’affermazione della libertà delle persone, del lavoro e del mercato, l’uguaglianza giuridica, smentita però dal considerare la donna inferiore. “Ei si nomò” scrive Manzoni: sorge l’età di Napoleone con una nuova carta politica dell’Europa e con tentativi di poteri dinastici familiari.
Foscolo aveva sperato in Napoleone “liberatore”, invece trafficò l’indipendenza della sua Venezia; Beethoven come Hegel vide in Napoleone “cavalcare lo spirito del mondo” e gli dedicò la Terza Sinfonia, poi disconosciuta e intitolata in italiano “L’eroica”. Fu la “delusione storica” dei “patrioti”. Il dispotismo è stata la sua rovina, provocata dalla guerra continua contro l’Inghilterra, dal fallimento del blocco commerciale continentale, dalla rivolta della Spagna, fino alla catastrofe militare in Russia, dove come in tante altre guerre napoleoniche morirono molti italiani: ne troviamo memoria nelle pagine iniziali del gran romanzo “Il mulino del Po” di Riccardo Bacchelli col protagonista in ritirata coi cosacchi alle costole e i gorghi e il gelo del fiume Vop ben diverso dal suo Po.
Si arriva alla disfatta finale a Waterloo per mano inglese e prussiana. I vincitori decidono la Restaurazione del passato, ma la Rivoluzione e l’età napoleonica lasciano il segno e alimentano fermenti liberali e nazionali. Noi posteri possiamo rispondere alla domanda del Manzoni: quella di Napoleone fu forse vera gloria, certamente egli sta nella storia come uno che ha cambiato le cose.

Maria Luisa Simoncelli