Quasimodo: vita ed opere| Il secondo mestiere

Salvatore Quasimodo: vita e opere

Infanzia e formazione di Salvatore Quasimodo

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Col padre nel 1911 a Roccalumera

Salvatore Quasimodo nacque a Modica, in provincia di Ragusa, il 20 agosto 1901 da Gaetano Quasimodo e Clotilde Ragusa. Salvatore trascorse gli anni dell’infanzia in alcuni paesi siciliani seguendo nei suoi trasferimenti il padre Gaetano, capostazione delle Ferrovie dello Stato. Salvatore Quasimodo fu il secondogenito della sua famiglia: due anni prima di lui era nato Vincenzo, poi sarebbero venuti al mondo anche Ettore e Rosina. In quegli anni un punto di riferimento per i Quasimodo fu sicuramente Roccalumera, il paese dove vivevano i nonni paterni e dove la famiglia trascorreva le vacanze. 

A seguito del terremoto di Messina del 1908, la famiglia Quasimodo si spostò in quella città, dove il padre era stato trasferito per motivi di lavoro. A Messina Salvatore Quasimodo frequentò l’Istituto Tecnico Commerciale «Jaci», diplomandosi nel 1919. Decisivi per la formazione del giovane Quasimodo furono gli anni dal 1915 al 1919, anni di intense letture e amicizie. In particolare Quasimodo divenne amico di due compagni di scuola: Giorgio La Pira e Salvatore Pugliatti.

I tre ragionieri

Ecco la testimonianza di Pugliatti: «Si parlava di letteratura, di poesia, di politica. Da ragazzi quali eravamo. Quasimodo (divenne Quasimodo quando si trasferì in continente) e i suoi compagni di classe, quelli che erano in regola coi corsi, 16 anni; io ne avevo 14; il più piccolo era Giorgio La Pira tredicenne. Leggevamo Dante, Platone, la Bibbia, T. Moro e Campanella, Erasmo da Rotterdam, gli scrittori russi (specialmente Dostoevskij, ma ci incantavano Andreyev e M. Gorki con i suoi romanzi sociali). Leggevamo Baudelaire, il primo Mallarmè, Verlaine, che a poco a poco divennero i nostri numi». Un insegnante dello «Jaci», Federico Rampolla, prese per mano questi tre aspiranti ragionieri per avvicinarli alla cultura umanistica: alla filosofia, soprattutto Shopenauer e Nietzsche; alla letteratura moderna, in particolare i simbolisti francesi, i populisti russi e il decadentismo italiano; al latino e al greco, anche se Quasimodo avrebbe studiato il latino e il greco solo qualche anno più tardi a Roma, seguito dal fratello di Rampolla. Nel 1916 i tre ragazzi, insieme ad altri amici, fondarono la Società Letteraria Peloro, mentre l’anno seguente crearono il «Nuovo Giornale Letterario», un mensile sul quale Salvatore Quasimodo pubblicò le sue prime poesie. La tabaccheria di uno zio di La Pira, unico rivenditore della rivista, divenne il luogo di ritrovo per i giovani letterati messinesi.

Divergenze politiche

Finita la guerra La Pira restò affascinato dal nascente fascismo, diversamente da Quasimodo e Pugliatti. Ecco un’altra testimonianza di Pugliatti: «Sempre in quegli anni affamati di letture ci passavamo i libri di Bakunin e di Stirner, di Marx, di Engels, di Lassalle, ma anche di Shopenauer e Nietzsche. Finché un giorno, presi i contatti con la Camera del Lavoro, dove dominava la figura di Francesco Lo Sardo, costituimmo il Fascio giovanile socialista; segretario Eugenio Savasta Fiore, componenti: Salvatore Quasimodo, io, Raneri, Denti e altri […] Il gruppo era assai battagliero […] Ma poi il Fascio giovanile, che era diventato numeroso, fu sciolto, e noi ci disperdemmo».

Nel 1919 Salvatore Quasimodo si iscrisse alla Facoltà di Matematica dell’Università di Messina. Dopo qualche mese però si trasferì a Roma, iscrivendosi alla Facoltà di Matematica de «La Sapienza». Per mantenersi agli studi Quasimodo svolse vari lavori: disegnatore tecnico presso un’impresa edile, commesso in un negozio di ferramenta, impiegato della Rinascente di Piazza Colonna. Nel 1923 Quasimodo abbandonò lo studio della Matematica e si riavvicinò ai suoi interessi letterari: studiò greco e latino con don Mariano Rampolla, il fratello del suo insegnante a Messina; collaborò ad alcune riviste letterarie. Nel frattempo Quasimodo aveva conosciuto Bice Donetti, una donna più anziana di lui di otto anni che lavorava come cassiera in un bar; con lei iniziò una convivenza e si sposeranno dopo pochi anni.

Salvatore Quasimodo al Genio Civile

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La sede del Genio civile di Reggio Calabria ai tempi di Quasimodo

            Nel 1926 Salvatore Quasimodo vinse un concorso per geometra al Ministero dei Lavori Pubblici, venendo assegnato all’ufficio del Genio civile di Reggio Calabria. Nella città calabrese Quasimodo rimase per cinque anni durante i quali tornò in Sicilia quasi tutte le domeniche, riprendendo i contatti con Pugliatti, Natoli e Vann’Antò. A Reggio Calabria, inoltre, divenne amico dei fratelli Enzo e Bruno Misefari, entrambi antifascisti.

Quasimodo nel 1929, su invito del cognato Elio Vittorini (ch’aveva sposato Rosina, sorella di Salvatore), si recò a Firenze. Nel capoluogo toscano, Quasimodo entrò in contatto con l’ambiente della rivista «Solaria»; al caffè «Giubbe Rosse» conobbe Alessandro Bonsanti, Arturo Loria, Gianna Manzini ed Eugenio Montale; nel marzo 1930, «Solaria» accolse tre sue poesie e, qualche mese dopo, uscì il primo libro di versi di Quasimodo, Acque e terre (edizioni «Solaria»). Nella raccolta, incentrata sul tema della sua terra natale, la Sicilia viene presentata come l’emblema d’una felicità perduta cui si contrappone la durezza della condizione presente. Dal ricordo del tempo passato emerge un’angoscia esistenziale che, nella forzata lontananza, si fa sentire in tutta la sua pena.

Nel 1931 Salvatore Quasimodo fu trasferito al Genio civile di Imperia. Ebbe così modo di frequentare i redattori di «Circoli», la rivista genovese diretta da Adriano Grande. Quasimodo divenne amico di Sbarbaro e Barile e iniziò a collaborare alla rivista. L’anno seguente, per le edizioni di «Circoli», uscì Oboe sommerso, il suo secondo libro di poesie. La raccolta presenta il Quasimodo ermetico: rispetto al primo libro, dove c’era fisicità, qui prevalgono le metafore, le immagini, le analogie; vengono eliminati gli articoli, la parola viene isolata e assolutizzata.

Salvatore Quasimodo, con Oboe sommerso, partecipò all’assegnazione del premio di poesia Il Gondoliere che fu assegnato a Venezia nel luglio 1932. A quella edizione del Gondoliere parteciparono, fra gli altri, Vincenzo Cardarelli, Giuseppe Ungaretti e Diego Valeri. Quasimodo non arrivò neppure fra i finalisti del premio, alla fine assegnato ad Ungaretti fra accese polemiche.

Salvatore Quasimodo a Milano

Nel 1932 il geometra Quasimodo venne trasferito a Cagliari, dove rimase fino al 1934 quando fu assegnato al Genio civile di Milano. In realtà la sua sede di lavoro era Sondrio, città difficile da raggiungere per il poeta che aveva deciso di risiedere a Milano in Viale Mugello, dove s’era trasferito con la moglie Bice. In questo periodo Quasimodo conobbe Amelia Spezialetti: dalla relazione con la donna nacque la figlia Orietta. A Milano, Quasimodo frequentò molti scrittori e artisti. Innanzitutto la nutrita pattuglia dei pittori: Renato Birolli, Domenico Cantatore, Carlo Carrà, Raffaele De Grada, Aligi Sassu, Mario Sironi e Arturo Tosi. Gli scultori Lucio Fontana e Francesco Messina. I critici d’arte Raffaele Carrieri, Alfonso Gatto, Edoardo Persico e Enrico Somaré. I critici letterari Francesco Flora e Sergio Solmi. Gli scrittori Massimo Lelj, Leonardo Sinisgalli, Arturo Tofanelli e Cesare Zavattini. Nel 1933 uscì la terza raccolta di poesie di Quasimodo: Odore di eucalyptus ed altri versi. Un libro in cui Quasimodo prosegue il cammino avviato nelle prime due raccolte; mantiene i temi lì presenti, insiste sull’uso delle analogie e valorizza gli spazi bianchi nelle pagine. Nel 1936 Quasimodo divenne amico anche di Carlo Bo e conobbe la danzatrice Maria Cumani, con cui instaurò una relazione sentimentale: nel 1939 nascerà Alessandro. Sempre nel 1936 Quasimodo pubblicò la sua quarta raccolta, Erato e Apòllìon, per la quale valgono le considerazioni già fatte per il libro precedente.

Alla Mondadori

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Con Montale, Ungaretti, Mondadori, Tofanelli, Messina e Guttuso

Nel 1938 Salvatore Quasimodo si dimise dal Genio civile per accettare, su proposta di Cesare Zavattini, un impiego presso Mondadori, come redattore del settimanale «Tempo», lavoro che svolgerà fino al 1940. Sempre nel 1938 uscì la quinta raccolta di Quasimodo: Poesie, dove più che altrove, forse, la singola parola viene assolutizzata, mitizzata, assumendo valore in sé, al di là del proprio significato.  

Nel 1941 Quasimodo venne nominato per chiara fama professore di Letteratura italiana al Conservatorio «Giuseppe Verdi» di Milano, dove insegnerà fino al 1968. Nel 1942 uscì Ed è subito sera, la sua sesta – e forse più celebre – raccolta. Il libro, che contiene alcune poesie dedicate a Maria Cumani, segna l’avvio del passaggio dall’astrazione alla realtà. Il ritmo delle poesie di Quasimodo diventa più disteso, grazie anche all’uso dell’endecasillabo; inoltre, pur rimanendo vivo il ricordo della Sicilia, è presente anche il desiderio nel poeta di fare i conti con i luoghi e le persone della sua vita attuale a Milano.

Nel 1945, finita la guerra, Quasimodo si iscrisse al PCI, dove militerà per una breve stagione. In quel periodo pubblicò alcune traduzioni sulle quali aveva lavorato durante la guerra: brani dell’Odissea, una scelta di carmina catulliani e Il Vangelo secondo Giovanni.

Le poesie sulla guerra

Nel 1946 Quasimodo pubblicò la sua settima raccolta poetica, Con il piede straniero sopra il cuore, dominata dal tema della guerra. Quasimodo, sebbene evitò come soldato entrambe le guerre mondiali, visse la seconda da civile. A Milano aveva vissuto i bombardamenti, l’occupazione tedesca e l’amministrazione alleata. Il libro segna una svolta in Quasimodo: i caduti della Seconda guerra mondiale prendono il posto dei morti senza tempo, degli antenati ch’erano i protagonisti delle prime poesie di Quasimodo; il linguaggio più comprensibile, dai ritmi più ampi e distesi, prende il posto dei versi rarefatti delle prime raccolte.

Nel 1948, morta due anni prima la moglie Bice Donetti, Quasimodo sposò Maria Cumani (dalla quale si separerà nel 1960) e riconobbe entrambi i figli. Si trasferì con la famiglia in un appartamento di corso Garibaldi, sempre a Milano. Nel 1949 Quasimodo pubblicò la sua ottava raccolta, La vita non è sogno. Un libro che fin dal titolo segna la rottura dalla precedente stagione ermetica.

Nel 1954 uscì la sua nona raccolta, Il falso e il vero verde. Un libro in cui il poeta racconta la sua Sicilia, ma anche la sofferenza nel campo di concentramento di Auschwitz. Quasimodo è ormai un fautore della poesia civile, una poesia che parla del mondo reale. 

Altra raccolta (la decima) nel 1958, La terra impareggiabile. Nel libro Quasimodo, sempre più poeta civile, si sofferma sulla sua Sicilia, luogo mitizzato ma anche terra di atroci sofferenze come quelle legate al terremoto di Messina del 1908; racconta anche Milano con le sue contraddizioni.

Salvatore Quasimodo e la celebrità

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Premio Nobel per la Letteratura

Già nel 1950 Quasimodo aveva vinto il premio San Babila, mentre nel 1953 aveva ricevuto il premio Etna-Taormina. Nel 1958 vinse anche il premio Viareggio per La terra impareggiabile. Fu però il premio Nobel per la Letteratura, ricevuto («per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi») il 10 dicembre del 1959, a consolidare definitivamente la sua fama.

Le poesie di Quasimodo vennero tradotte in molte lingue e il poeta ricevette numerosi inviti all’estero, in Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Inghilterra, Irlanda, Jugoslavia, Messico, Norvegia, Spagna e Stati Uniti. A quegli onori s’aggiunse il premio il Sileno d’oro per la poesia nel 1964 e il conferimento d’un paio di lauree honoris causa ricevute dalle Università di Messina (1960) e di Oxford (1967). Nel frattempo, nel 1966, pubblicava un’altra raccolta di poesie, Dare e avere. Quasimodo nel suo ultimo libro stila un bilancio della propria vita, miscelando impressioni di viaggio, riflessioni esistenziali e il tema della morte, sentita ormai vicina. Salvatore Quasimodo morì a Napoli il 14 giugno 1968.     

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