KUNG FUSION - Spietati - Recensioni e Novità sui Film
Azione, Commedia, Recensione

KUNG FUSION

Titolo OriginaleKung Fu Hustle
NazioneCina/ HongKong
Anno Produzione2004
Durata95'
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

La feroce ghenga delle asce domina la città, del tutto inaspettatamente, per una serie di coincidenze, deve vedersela con i maestri di kung fu che si nascondono nel quartiere più disgraziato.

RECENSIONI

Kung Fusion è un incredibile delirio di intertestualità, un frullato inesorabile di riferimenti culturali e cinematografici orientali e occidentali con l’adorabile dote della coerenza.  Pochi ed inaccettabili sarebbero i paragoni con prodotti di piena marca occidentale, se anche vengono alla mente campioni della commedia postmoderna alla Landis o Z.A.Z abbiamo qui a che fare con un film che, è vero, integra e remixa un patrimonio vastissimo, non fatto solo di film, ma propone anche invenzioni schiette e stupefacenti. La caratterizzazione dei personaggi (il sarto maestro omosessuale e oggetto di scherno) si scinde con “rigore” tutto orientale tra demenzialità e lucido rimando tradizionale (il kung fu che sorge dai mestieri e dalla fatica quotidiana, la leggenda come luogo del maestro) e convive con invenzioni originali (i coltelli piantati nelle spalle usati come retrovisori nell’inseguimento alla road runner, l’ombra del gatto affettato, la rigenerazione, le fiamme che avvolgono Chow in picchiata) e calchi cinematografici (Gangs of New York, C’era una volta in America (e Once Upona a Time in China), Dark Water, il finale è Dune, e decine di altri, ne sono certo). Il disegno complessivo è chiaro e anche tradizionale, il percorso d’agnizione, il recupero del passato e tutto quanto lo schema della commedia ma con una vitalità inventiva (basti pensare agli effetti digitali brutti in modo inverecondo) che ha pochi paragoni. Questa volta il film di Stephen Chow non arriva nelle sale dopo il passaparola e gli home(made) video né in periodo di stanca come invece avvenne a Shaolin Soccer. Il successo di quest’ultimo, acquistato dalla Columbia per la distribuzione, rimasterizzato e sparato nel globo ha fatto il suo dovere, dopo la già discreta eco di King of Comedy, ha aperto la strada al regista. Lo stupro del doppiaggio è sempre a livelli sconsiderati, le voci di Caterina Guzzanti e Marco Mazzocca dialettizzano e storpiano (ai distributori sembra inconcepibile che il pubblico possa preferire un doppiaggio piano ad una resa così sciocca delle cadenze originali), una surreale mancanza di rispetto verso la maestosa follia di mr. Chow.