L’autonomia differenziata spacca l’Italia? Meno male. Non è un leghista della prim’ora duro e puro a esprimersi. Sono i neoborbonici, che hanno fondato un movimento, un sito web, un giornale on line ed elencano con orgoglio quanto hanno già ottenuto per la riscossa del Sud e la sua emancipazione dal Nord: a Rometta, 6500 abitanti nella città metropolitana di Messina, la toponomastica è stata drasticamente rivista e sono stati cancellati Giuseppe Garibaldi (da una piazza, al suo posto Andrea Camilleri) e Nino Bixio (da una strada, ora intitolata alle Vittime dell’eccidio di Bronte), ma Bixio è stato sfrattato anche da una piazza a Biccari, 3mila abitanti in provincia di Foggia, per far posto al nuovo nome (piazza Martiri di Pontelandolfo), mentre a Casalduni, 1200 abitanti in provincia di Benevento, una strada è stata intitolata alle Vittime dell’Unità d’Italia e ancora ad Ercolano, 49mila abitanti in provincia di Napoli, lo spazio antistante il Parco archeologico è diventato piazza Carlo di Borbone e in prima fila, a festeggiare, accanto al sindaco con fascia tricolore, c’era lui, Gennaro De Crescenzo, presidente di questa sorte di Lega del Sud che è il Movimento Neoborbonico: «È nato per ricostruire la storia del Sud e con essa l’orgoglio di essere meridionali. Le bandiere del Regno delle Due Sicilie, i gigli d’oro borbonici, le coccarde rosse dei briganti, e l’inno nazionale di Paisiello sono il supporto culturale di tutte le azioni del Movimento: con i Borbone, per l’ultima volta, i Meridionali sono stati un popolo amato, rispettato e temuto in tutto il mondo. Per troppo tempo sui libri delle scuole elementari come delle università è stata raccontata una storia falsa e mistificata cancellando i nomi di chi, da Francesco II di Borbone all’ultimo dei briganti, ha creduto negli ideali di un’altra storia, stando dalla difficile parte dei vinti e non da quella assai conveniente dei vincitori».
De Crescenzo è napoletano, ha 60 anni, laurea in lettere, docente di italiano e storia nelle scuole superiori. Tra i suoi libri: Storie di orgoglio meridionale. Con l’autonomia differenziata che avanza (a fatica) i neoborbonici hanno incominciato a cavalcare il dissenso del Sud, ovvero se il Nord se ne vuole andare, si accomodi: «La "secessione dei ricchi" – dice De Crescenzo-con varie competenze affidate alle regioni e spese gestite sul territorio ma, per ora, senza finanziamenti per assicurare pari diritti nei servizi ai meridionali potrebbe essere il colpo definitivo per un Sud che da 160 anni ha meno diritti e servizi del resto dei cittadini italiani. Nell'assenza di classi dirigenti adeguate, consapevoli e fiere (se pensiamo che molti politici del Sud hanno sostenuto e votato la legge), i meridionali sono chiamati a una battagli non contro il Nord ma per il Sud».
I neoborbonici si sono ritrovati a Gaeta tra slogan e stendard
I neoborbonici si sono ritrovati a Gaeta tra slogan e stendardi: Forza briganti, Non arrendiamoci mai, Viva il Regno delle Due Sicilie, Garibaldi, nemico del Sud. Con un occhio di riguardo per Netflix e una severa reprimenda verso il giornalista del Corriere della Sera, Aldo Cazzullo. Netflix infatti ha messo in catalogo Briganti, fiction che propone la vicenda di Giuseppe Schiavone, detto Sparviero. Per la leggenda popolare fu una sorta di Robin Hood, nella realtà si macchiò di omicidi ed estorsioni. Il filmato minimizza queste forti riserve storiche sulle azioni del bandito, così De Crescenzo può lodare Netflix per la produzione (realizzata col contributo del ministero della Cultura): «Non si tratta di un film storico ma la storia che fa da sfondo ai personaggi contiene molte delle tesi che spesso vengono definite neoborboniche: i sabaudi invasori e oppressori, il Sud tutt'altro che povero (e i conseguenti saccheggi), i massacri, le deportazioni, la crudeltà degli ufficiali piemontesi e l'eroismo dei briganti che combattevano per la loro terra e per la libertà».
Aldo Cazzullo ha criticato il movimento: «La rivalutazione dei Borbone rappresenta il più gigantesco falso storico degli ultimi vent’anni». È così diventato un nemico: «Come altri abili a rotolarsi nel politically correct della cronaca e della storia, si diverte a maramaldeggiare su questo povero Sud e la sua storia». Ma la rivisitazione dei Borboni è criticata anche dagli studiosi. Dice Andrea Mammone (università di Roma): «In un’epoca caratterizzata da crisi economiche e identitarie e stereotipizzazione del Sud queste riletture della storia italiana pur mirando principalmente, almeno culturalmente, alla delegittimazione completa del Risorgimento, svolgono implicitamente una serie di funzioni quasi salvifiche: assolvono, glorificano, amplificano e individuano un facile nemico esterno. In una regione affetta da alti tassi di emigrazione, oltre che da disoccupazione giovanile, impiego precario soprattutto per le donne e rilevante povertà, poco sorprende che queste narrazioni storiche suscitino anche oggi un certo fascino».
Aggiunge Andrea Bagalà, studioso del Risorgimento: «Il neoborbonismo deve essere immerso nel variopinto panorama di revisionismi storiografici, accelerati negli ultimi tempi dalla propaganda sui social network, dalle fake news e dalla pseudostoria, tenendo però in considerazione il fatto che abbia origini profonde nella spaccatura prodotta dal concitato e violento processo di unificazione italiana».
I neoborbonici non vogliono però sentire ragioni. Hanno addirittura messo in piedi il parlamento del Sud: «un laboratorio di idee e progetti -è scritto nell’atto di presentazione- che si è riunito per la prima volta nel Maschio Angioino e in seguito nei luoghi simbolo di Palermo e Gaeta, nel quale oltre 150 meridionali di tutte le antiche province del Regno sono chiamati ad una vera e propria palestra-sfida da classe dirigente».
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