Art. 1425 codice civile: Incapacità delle parti | La Legge per tutti

Codice civile Aggiornato il 16 Gennaio 2015

Art. 1425 codice civile: Incapacità delle parti

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Codice civile Aggiornato il 16 Gennaio 2015



Il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente incapace di contrattare (1).

E’ parimenti annullabile, quando ricorrono le condizioni stabilite dall’art. 428, il contratto stipulato da persona incapace d’intendere o di volere (2).

Commento

Incapacità di intendere o di volere: cd. incapacità naturale [v. 428]; è uno stato temporaneo di deficit delle facoltà psichiche dovuta a qualsiasi causa (ubriachezza, suggestione ipnotica etc.) durante il quale il soggetto pone in essere un negozio giuridico. L’incapacità di intendere indica l’incapacità del soggetto a rendersi conto del significato delle proprie azioni; l’incapacità di volere, invece, indica l’incapacità di autodeterminarsi liberamente. .

 

(1) Legalmente incapaci di contrattare sono i minori [v. 2], i soggetti interdetti [v. 414] e i soggetti inabilitati [v. 415].

 

(2) Nel caso di incapacità naturale, si pone l’esigenza di tutelare l’affidamento delle persone che hanno confidato nella validità dell’atto. Infatti, il contratto stipulato dal soggetto incapace di intendere e di volere è annullabile quando sussiste la malafede dell’altra parte contraente.

 

 

Giurisprudenza annotata

Obbligazioni e contratti

L'esercizio dell'azione di annullamento del contratto per incapacità di intendere e volere di uno dei contraenti, che sia successivamente deceduto, sebbene possa compiersi da parte di uno solo dei coeredi, anche in contrasto con gli altri, implica tuttavia il litisconsorzio necessario di tutti, giacché, come la sentenza di annullamento deve investire l'atto negoziale ma nella sua interezza, non potendo esso essere contemporaneamente valido per un soggetto e invalido per un altro, così anche l'eventuale restituzione non può avvenire "pro quota". Rigetta, App. di Trento sez. dist. Bolzano, 14/10/2006

Cassazione civile sez. II  18 novembre 2013 n. 25810  

 

L'art. 1426 c.c., il quale stabilisce la non annullabilità del contratto concluso dal minore, che con raggiri abbia occultato la sua minore età, costituisce una norma di carattere eccezionale. Ne consegue che detta deroga al regime dell'annullabilità per incapacità legale non può essere estesa all'ipotesi del malizioso occultamento del proprio stato da parte dell'interdetto o dell'inabilitato, sia perché la condizione di questi ultimi non è equiparabile a quella del minore, il quale può essere naturalmente capace di intendere e di volere e dimostrare per la sua precocità una particolare astuzia, sia perché tale malizioso occultamento appare difficilmente conciliabile con la situazione di incapacità in cui l'interdetto e l'inabilitato versano, trattandosi di condotta che postula la lucida rappresentazione del proprio stato e la consapevole volontà diretta a mascherarlo.

Cassazione civile sez. II  04 luglio 2012 n. 11191  

 

Mentre l'art. 427 c.c. stabilisce i presupposti in presenza dei quali possono essere annullati gli atti di straordinaria amministrazione posti in essere dall'interdetto e dall'inabilitato, l'art. 1425 c.c. stabilisce l'annullabilità dei contratti conclusi in stato di incapacità legale (e di incapacità naturale) nel caso in cui ricorrano le condizioni sancite dagli art. 427 e 428 c.c. Il successivo art. 1426 c.c., ancora, stabilisce che non è annullabile il contratto concluso dal minore che con raggiri abbia occultato la sua minore età. Tale ultima disposizione, stabilendo una deroga all'annullabilità per incapacità legale esclusivamente con riferimento al minore che con raggiri abbia dolosamente occultato l'età è norma di carattere eccezionale ed è - perciò - di stretta applicazione sì che non può essere estesa ad altre ipotesi non previste dalla norma. (Nella specie il ricorrente invocava l'applicazione della disposizione in questione assumendo che l'inabilitato aveva occultato il proprio stato d'incapacità esibendo una falsa copia della sentenza della Corte di appello di revoca dell'inabilitazione nonché falsa copia apparentemente rilasciata dalla madre di rinuncia a proporre ricorso per cassazione, avverso la revoca dell'inabilitazione).

Cassazione civile sez. II  04 luglio 2012 n. 11191  

 

Chi sottoscrive un contratto non può invocarne l'invalidità adducendo di non averlo letto, perché chi immette dichiarazioni nel traffico giuridico ne deve subire le conseguenze, in virtù del principio dell'autoresponsabilità, a meno che non provi che la propria volontà si sia formata in modo viziato. Ne consegue che, in difetto di tale prova, il notaio il quale abbia ritualmente rogato un atto pubblico non può essere ritenuto responsabile del fatto che esso non abbia rispecchiato gli accordi preliminari intercorsi tra le parti.

Cassazione civile sez. III  05 aprile 2012 n. 5535  

 

Ai fini dell'annullamento del contratto per incapacità di intendere e di volere, ai sensi dell'art. 428, comma 2, c.c., non è richiesta, a differenza dell'ipotesi del comma 1, la sussistenza di un grave pregiudizio, che, invece, costituisce indizio rivelatore dell'essenziale requisito della mala fede dell'altro contraente; quest' ultima risulta o dal pregiudizio anche solo potenziale, derivato all'incapace, o dalla natura e qualità del contratto, e consiste nella consapevolezza che l'altro contraente abbia avuto della menomazione della sfera intellettiva o volitiva del contraente. Peraltro, la prova dell'incapacità deve essere rigorosa e precisa ed il suo apprezzamento, riservato al giudice del merito, non è censurabile in sede di legittimità tranne che per vizi logici o errori di diritto.

Cassazione civile sez. II  26 febbraio 2009 n. 4677  

 

 

Comuni e provincie

Nel caso di cessione di quote azionarie di società comunale la capacità della p.a. di stipulare il relativo contratto, correlata alla soggettività giuridica ad essa riconosciuta dall'art. 11 c.c. "secondo le leggi e gli usi osservati come diritto pubblico", sussiste solo quando sia esercitata conformemente alle procedure definite dal legislatore per il perseguimento di finalità di pubblico interesse, né la mancanza di capacità dell'Amministrazione può essere giudicata alla stregua di una causa di annullamento del contratto ai sensi dell'art. 1425 c.c., poiché il minor rigore con il quale l'ordinamento giudica la causa di invalidità, in ragione della necessità di preservare l'apprezzamento discrezionale del contraente privato portatore dell'interesse leso, non ricorre nel caso in cui l'assenza di capacità del soggetto pubblico dipenda dalla violazione di norme dettate a tutela dell'ordine pubblico economico; segue da ciò che la violazione di norme imperative finalizzate ad assicurare i valori di buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 cost., comportando il difetto della capacità di agire dell'Amministrazione, denota il vizio genetico della formazione della volontà e della scelta del contraente, in un ambito che attiene pur sempre all'assolvimento di funzioni amministrative, riflettendosi sulla validità dell'atto di alienazione, con le conseguenze di cui all'art. 1418 comma 1, c.c. (Conferma Tar Lazio, Roma, sez. II, nn. 3347 e 7119 del 2007).

Consiglio di Stato sez. V  01 marzo 2010 n. 1156  



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