La Francia dai Valois ai Borbone in "Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco" - Treccani - Treccani

La Francia dai Valois ai Borbone

Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)

Giulio Sodano
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Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook

Nel Cinquecento, in una Francia territorialmente compatta, si consolida il potere della monarchia dei Valois, che dispone di una struttura amministrativa sempre più efficiente, di risorse finanziarie, di un forte esercito. La diffusione del protestantesimo determina otto guerre di religione, che si risolvono con l’affermazione dell’ugonotto Enrico IV di Borbone, il quale, convertendosi al cattolicesimo, “rifonda la Francia” e instaura un periodo di tolleranza religiosa.

Luigi XII

All’inizio del Cinquecento la Francia si presenta come un Paese forte e compatto territorialmente, guidato dalla monarchia dei Valois. Il Paese si è rafforzato grazie alla guerra dei Cento anni (1337-1453) che, combattuta contro gli Inglesi, ha consentito alla Francia di diventare padrona del proprio territorio, e ai Francesi di acquisire un forte sentimento di identità, per cui essi hanno imparato ad amare il proprio re, a combattere e a sacrificarsi per la dinastia regnante. Le annessioni territoriali della seconda metà del Quattrocento – parte delle Fiandre, l’Artois e l’Aquitania (1475), portate a compimento con la sconfitta degli Inglesi, la Borgogna (1477) e la Bretagna, portata in dote dalla duchessa Anna al re Carlo VIII di Valois – hanno completato il processo di formazione dello Stato. Per il mantenimento della Bretagna, incorporata definitivamente nel 1532 contro le resistenze degli abitanti a difesa della propria autonomia, s’impegna Luigi XII di Valois del ramo degli Orléans, che alla morte senza eredi maschi di Carlo VIII diviene re. In assenza di eredi maschi, Luigi combina il matrimonio tra la figlia Claudia, che eredita la Bretagna dalla madre, e Francesco, conte di Angoulême, che ascende al trono il 1° gennaio 1515 con il nome di Francesco I, rimanendovi fino alla morte, avvenuta il 31 marzo 1547.

Alla lunga crisi del Trecento segue, dalla metà del XV secolo, la ripresa economica che continua per tutto il corso del Cinquecento e favorisce l’incremento demografico. La crescita interessa innanzitutto il settore agricolo con un forte incremento nella produzione cerealicola. La penetrazione del commercio nelle campagne non mina come in Inghilterra la struttura feudale, anche se le conseguenze saranno alla lunga pesanti per l’antica nobiltà, la noblesse d’épée.

Nella seconda metà del XVI secolo, con la crescita della domanda di prodotti cerealicoli, i prezzi aumentano e segnano una forte impennata a Parigi, dove sono decuplicati rispetto al sud, in cui, invece, crescono di cinque o sei volte. Le cause dell’alto prezzo del grano sono esaminate da Jean de Malestroit, maître des comptes, che risponde a una interrogazione del Parlamento di Parigi nel 1566: a suo avviso le cause sono da ricercare nelle fluttuazioni dei raccolti legate al peggioramento del clima, per cui solo il riequilibrio della natura, dovuto all’intervento divino, può correggere la situazione. Jean Bodin, avvocato e giurista, entra in polemica con Malestroit e pubblica due anni dopo la Réponse. Secondo Bodin, le ricchezze sono state accumulate grazie all’esportazione di grano, tele, tessuti, carte, libri, manufatti in genere in Spagna, che paga con i metalli preziosi provenienti dalle colonie americane; all’esportazione di vino, zafferano, prugne secche, sale verso l’Inghilterra, la Scozia, i Paesi nordici, baltici e fiamminghi, molti dei quali possiedono ricche miniere e offrono in cambio metalli; al commercio con il Levante e i Paesi nordafricani, e dalle disponibilità finanziarie procurate dagli ebrei, infine all’apertura della banca di Lione, voluta da Enrico II di Valois-Angoulême, prima ancora di ascendere al trono, che con i tassi d’interesse praticati ha attirato molti mercanti stranieri. Intanto il sovrano, come rimedio, svaluta la moneta. Vi è poi – sempre secondo Bodin – la pratica monopolistica nella definizione dei prezzi da parte dei mercanti, che fanno incetta di grano comprandolo ancora in erba per poi stabilirne il prezzo, degli artigiani e finanche dei giornalieri.

Il deprezzamento della moneta comporta il rafforzamento sociale della monarchia e della borghesia e l’indebolimento della nobiltà e del clero. Il Terzo Stato, che comprende le borghesie degli affari, della finanza, delle professioni, della burocrazia, trova un ampio spazio di affermazione sociale nell’accaparramento degli uffici. Si forma così una nuova nobiltà, la noblesse de robe.

Francesco I

Il rafforzamento amministrativo ed economico assicura grande potere al sovrano, che limita la convocazione degli Stati generali, assemblea rappresentativa degli ordini sociali sanciti dal diritto: il clero, la nobiltà e il Terzo Stato.

Il sovrano governa con il Consiglio del re, nel quale siedono di diritto i principi di sangue e, su nomina regia, grandi dignitari laici ed ecclesiastici, che hanno il compito di assisterlo nel disbrigo degli affari politici e diplomatici. I Parlamenti, tra cui il più importante è quello di Parigi, sono corti giudiziarie, con il compito di trascrivere i decreti regi, che solo dopo questo atto acquistano il vigore di legge. Il Parlamento di Parigi e la Chambre des comptes controllano l’amministrazione della giustizia regia e le entrate fiscali. La frammentazione degli organi giurisdizionali crea spesso conflitti di competenze. La giustizia regia è affiancata da tribunali signorili che amministrano controversie di natura civile e penale sulla base del diritto consuetudinario; pertanto l’attività amministrativa si svolge entro un quadro frammentato.

Migliore è la situazione fiscale. Il re può contare su diverse imposte, come pedaggi, tasse su fiere e mercati, proventi giudiziari, e per due terzi sulla taglia (personale se grava sulle persone fisiche – proprietari terrieri – e reale se grava sui terreni), e sulla gabella (tassa sul sale). La riscossione di tali imposte è data in appalto. Per le contribuzioni straordinarie si ricorre alle quattro generalità, in cui è diviso il regno.

Enrico II

Dal 1494 in Italia è in atto la politica espansionistica intrapresa da Carlo VIII per recuperare il Regno di Napoli in base al diritto ereditato dagli Angioini, e fare di questo territorio la base per l’espansione in Oriente. La spedizione accuratamente preparata da Carlo, che si è voluto garantire, con una serie di accordi e concessioni, la benevola neutralità delle potenze extraitaliane confinanti con la Francia, ha trasformato la questione da italiana in europea e ha messo in luce il formarsi di una vasta area geopolitica in cui si può parlare della presenza di un sistema di Stati.

Anche se profeti e filosofi come Girolamo Savonarola e Marsilio Ficino acclamano Carlo come l’inviato di Dio che può riportare la giustizia, la pace, la purezza della Chiesa, il grande successo del sovrano, che in pochi mesi, senza incontrare resistenza, è giunto a Napoli, ha reso evidente il pericolo per l’autonomia degli Stati italiani. La Francia, con il suo grosso esercito, dotato di armi da fuoco, strategicamente preparato – che tuttavia dovrà cedere ai tercios dell’esercito spagnolo nel corso delle guerre d’Italia (1494-1559) per il controllo di Napoli e di Milano – ha infatti dato inizio a una vera e propria rivoluzione militare. Venezia promuove la lega antifrancese che riunisce Milano e il papa con l’appoggio dell’impero, della Spagna, di Firenze e dell’Inghilterra, la quale vuole controllare i mutamenti del nascente equilibrio continentale. A Fornovo, presso Parma, avviene il 5 luglio 1495 lo scontro campale che non impedisce il transito al re francese. Carlo VIII, che nel corso della spedizione ha contratto il vaiolo e il morbillo, ritorna in Francia con il proposito di ripetere l’impresa, ma è colto da morte nel 1498 per una rovinosa caduta. Il re non lascia eredi. Gli succede il cugino Luigi XII di Valois-Orléans che riprende il progetto di espansione in Italia del defunto sovrano, guardando anche al Ducato di Milano su cui vanta un diritto di successione come erede di Valentina Visconti.

La partita impegna, dopo Luigi XII, Francesco I e poi suo figlio Enrico II (1547-1559). Francesco I dopo la battaglia di Pavia (1525) è fatto prigioniero e condotto a Madrid dal viceré di Napoli, il fiammingo Charles de Lannoy, dove è costretto a firmare una pace umiliante; tuttavia la guerra contro la Spagna continua per tutto il suo regno. Il successore Enrico II prosegue la politica dei predecessori in Italia e convoca gli alleati italiani a Torino, territorio dei Savoia a cui i Valois avevano rivolto mire espansionistiche prima grazie al matrimonio di Carlo di Orléans con Luisa di Savoia, madre di Francesco I, e nel corso delle operazioni belliche del 1543-1544. Il re ha dalla sua parte, e quindi contro la Spagna, il papa Paolo III, cui è stato ucciso nel settembre del 1547 il figlio Pier Luigi Farnese su istigazione del governatore di Milano, Ferrante Gonzaga, uno dei massimi sostenitori di Carlo V in Italia; Ottavio Farnese, che, persa Piacenza e salvata Parma dall’occupazione spagnola, vuole difendere quest’ultima dalle mire annessionistiche del nonno Paolo III, il quale vorrebbe risarcirlo con il Ducato di Camerino; Siena, che non accetta il protettorato spagnolo e teme l’annessione al ducato mediceo.

Enrico II costringe l’imperatore ad accettare la tregua in Lombardia e a desistere dall’assedio di Siena. Il sovrano francese ottiene altri successi con l’appoggio del nuovo pontefice Giulio III e con aiuti turchi sottrae la Corsica a Genova nel 1553, ma non riesce a difendere Siena dall’attacco mediceo-imperiale. Nel 1557 la Francia combatte la guerra contro Filippo II di Spagna al fianco del pontefice Paolo IV, mentre un esercito guidato da Francesco duca di Guisa tenta inutilmente di riconquistare il Regno di Napoli.

La guerra tra Francia e Spagna si risolve nei Paesi Bassi, dove i Francesi sono sconfitti a San Quintino. Enrico II, ormai sull’orlo del disastro finanziario come il suo rivale, Filippo II, firma la pace di Cateau-Cambrésis (1559) con la quale rinuncia ai territori italiani di Milano e Napoli, per cui ha combattuto, ma conserva Metz, Toul e Verdun, che ampliano il confine orientale, e alcune piazzeforti in Piemonte, che grazie all’eroe di San Quintino, Emanuele Filiberto di Savoia, riacquista la propria indipendenza.

Francesco II

Singolari, nel corso delle guerre, sono state alcune decisioni di Francesco I e di suo figlio, Enrico II. I re di fede cristiana, con grande spregiudicatezza, hanno infatti concluso alleanze con i luterani contro l’imperatore Carlo V che combatte in difesa dell’unità della Chiesa e della monarchia assoluta, e con i Turchi, che continuano a minacciare con reiterati assalti l’area balcanica e le coste della Spagna. L’alleanza di Enrico II con i principi protestanti ha favorito la diffusione del protestantesimo in Francia (i protestanti francesi sono chiamati ugonotti, dal termine tedesco Eidgenossen, confederati) dai centri propulsori di Strasburgo, Basilea e Ginevra, che con Calvino è diventata la Roma del nord.

Malgrado il sovrano si sia impegnato a reprimere l’eresia, nel 1559 a Parigi si riunisce un sinodo che adotta una costituzione ecclesiastica e una confessione di fede, dettate da Calvino, per tutte le comunità della Francia. A Parigi si formano gruppi ristretti di riformati che trovano protezione in Margherita di Angoulême, sorella di Francesco I, poi regina di Navarra.

Il re non prende inizialmente posizione, mentre la Sorbona e il Parlamento di Parigi difendono l’ortodossia. Durante la prigionia di Francesco I a Madrid, dopo la sconfitta di Pavia (1525), iniziano le persecuzioni antiprotestanti, che colpiscono inizialmente persone di modesta condizione. La persecuzione, appoggiata dal sovrano dal 1528, raggiunge il culmine nel 1534 allorché nella capitale e in numerose città del regno sono affissi manifesti (placards) contro la messa e l’eucarestia. Fuggono molti protestanti, tra cui Calvino; altri dissimulano, ma l’alleanza con i luterani rinvigorisce il movimento.

La morte prematura di Enrico II, ferito mortalmente in un torneo nel luglio del 1559, apre in Francia una crisi dinastica determinata dalla minorità dei figli, e provoca la rottura dell’ordine politico con lo scontro tra le fazioni nobiliari per il controllo del potere. Francesco II (1559-1560) è proclamato sovrano all’età di quindici anni e sposa la diciassettenne regina di Scozia Maria Stuart. Il potere è di fatto esercitato dagli zii, Francesco di Guisa e il cardinale di Lorena. Costoro s’impegnano a combattere gli ugonotti, ma si trovano di fronte anche i Borbone, principi di sangue, il connestabile Anne Montmorency, l’ammiraglio Coligny, che si vedono esclusi dal potere. Nel 1559 la regina Caterina de’ Medici conclude un’importante alleanza con la Spagna cementata dal matrimonio di sua figlia Elisabetta con Filippo II d’Asburgo. Elisabetta morirà nel 1568, lasciando – secondo il desiderio paterno – i suoi diritti alla figlia Isabella Clara.

Nel 1560 Francesco II muore. Gli succede il fratello Carlo IX ancora minore, pertanto la reggenza viene assunta dalla regina-madre, Caterina de’ Medici. Donna intelligente e scaltra, ma poco amata dai sudditi perché straniera, Caterina media tra le opposte fazioni dei cattolici e degli ugonotti per conservare il potere e difendere la monarchia. Su consiglio del cancelliere Michel de l’Hôpital, erasmiano di formazione e cattolico moderato, tenta un accordo convocando a Poissy (9 settembre - 14 ottobre 1561) rappresentanti cattolici e ugonotti. La pratica del colloquio, già vanamente sperimentata in Germania da Carlo V, non dà risultati, perché entrambe le parti hanno ormai fissato dottrina e istituzioni. Il cancelliere consiglia quindi alla sovrana di adottare la pratica della tolleranza; e con l’editto di Saint-Germain (17 gennaio 1562) è concessa agli ugonotti una limitata libertà di culto, da esercitare fuori le mura delle città. Ma la tensione resta forte. Il 1° marzo 1562 un gruppo di ugonotti è sorpreso dal duca di Guisa mentre celebra il culto a Vassy, nella Champagne, ed è disperso dalla sua scorta che finisce con l’usare gli archibugi. Ha così inizio la guerra civile: dal 1562 al 1594, con brevi periodi di tregua, la Francia è insanguinata da otto guerre di religione. E il conflitto si internazionalizza con le truppe spagnole inviate a sostegno dei cattolici da Filippo II, che vuole controllare la Francia, e i soldati inglesi, svizzeri e tedeschi in aiuto agli ugonotti, che mirano all’affermazione della Riforma.

La ferocia e la barbarie dimostrate nelle guerre di religione sono denunciate all’inizio degli anni ottanta da Michel de Montaigne nei suoi Saggi. Lo stesso Carlo IX si macchia dell’efferato massacro degli ugonotti della strage di San Bartolomeo (23-24 agosto 1572) e dopo l’eccidio si assume davanti al Parlamento la responsabilità di quanto è accaduto; revoca poi la libertà di culto in tutto il Paese e fa smantellare le piazzeforti degli ugonotti, tranne La Rochelle.

Carlo IX

Nel 1573 gli ambasciatori polacchi offrono la corona al fratello del re di Francia, Enrico di Valois, che accetta. Da quel momento Enrico s’impegna a “mantenere la pace fra religioni diverse”. È la salvezza di La Rochelle, liberata dall’assedio con l’Editto di Boulogne (luglio del 1573), che garantisce libertà di culto anche a Nîmes e Montauban. Alla morte di Carlo IX nella primavera del 1574, il successore è lo stesso Enrico, duca d’Angiò e re di Polonia. A Parigi è incoronato come Enrico III. Il sovrano deve fronteggiare il partito dei politiques – che realizza la saldatura di quanti, calvinisti e cattolici, ritengono di doversi impegnare per la pace, anteponendo la fedeltà politica al proprio Paese alla fedeltà al proprio credo religioso – a capo del quale si mette l’ambizioso Francesco di Valois, duca d’Alençon, fratello minore del re, che stabilisce relazioni con gli ugonotti. La divisione domina ovunque, anche a corte. Enrico di Borbone, re di Navarra, dopo la forzata conversione al cattolicesimo nella notte di San Bartolomeo, torna al calvinismo e si unisce alle forze ugonotte. Enrico I, duca di Guisa, al comando dell’esercito regio, riporta vittorie non risolutive. Il re, geloso del Guisa, si avvicina agli ugonotti, cementando l’alleanza con il trattato di Beaulieu (1576) che concede loro libertà di culto in tutta la Francia con l’esclusione di Parigi.

L’avvicinamento del re agli ugonotti determina la reazione dei cattolici, che costituiscono la Lega Santa con a capo Enrico di Guisa. Il re, per scongiurare il pericolo, deve spostarsi dalla parte dei cattolici e revocare il trattato di Beaulieu. Ne derivano la sesta guerra di religione (1576-1577), conclusa con la pace di Bergerac, e poi la settima (1579-1580), conclusa con la pace di Fleix. La regina-madre, Caterina de’ Medici, nel 1578-1579, ormai sessantenne, percorre tutta la Francia per pacificare il Paese. Questo progetto di mediazione e di equilibrio tra le forze politiche prevede anche il matrimonio tra suo figlio Francesco, duca d’Alençon, e la regina Elisabetta I d’Inghilterra. Bodin si reca in Inghilterra, ma ancora una volta Elisabetta respinge una proposta di matrimonio. La missione si risolve comunque favorevolmente da un punto di vista diplomatico, perché ottiene la copertura inglese alle ambizioni dell’Alençon sulle Fiandre. Francesco è ufficialmente designato duca dei Belgi nel 1581 da parte degli Stati del Brabante. Riceve truppe francesi, grazie all’intervento della madre Caterina, ma il tentativo della città di Anversa d’insignorirsi nel 1583 fallisce e il duca deve tornare in Francia. La morte del duca d’Alençon nel 1584 priva il Paese dell’erede al trono, perché Enrico III non ha figli, ma priva anche i cattolici e i protestanti moderati di una possibile guida.

Per evitare che salga al trono Enrico di Borbone e al fine di impadronirsi della corona, Enrico di Guisa, capo del partito cattolico, stabilisce accordi con Filippo II, re di Spagna, il quale tra il 1559, anno del suo matrimonio, e il 1589 gode di numerosi privilegi in Francia, per esempio quello di utilizzare le sue strade per i servizi di posta con la Franca Contea e le Fiandre. L’Asburgo è favorevole alla soluzione proposta dal Guisa, anche se ritiene che debba avere la precedenza l’anziano cardinale di Lorena, cui succederà il Guisa stesso.

Enrico III

Il papa Sisto V, dal canto suo, scomunica Enrico di Borbone, dichiarandolo decaduto dai suoi diritti di successione. Ma l’ingerenza del papa negli affari francesi determina la reazione della Chiesa gallicana, gelosa custode della propria indipendenza. A questo punto scoppia la guerra tra i tre Enrichi: è l’ottava guerra di religione (1585-1589), che mette di fronte il sovrano e i leader delle due fazioni in lotta. Enrico III fa assassinare il troppo potente Enrico di Guisa (1588), ed è pronto ad allearsi con gli ugonotti e con Enrico di Borbone, suo cognato, ma il 31 luglio 1589 è pugnalato da un frate domenicano, Gustave Clément. Tuttavia prima di morire designa come erede Enrico di Borbone, re di Navarra, che diventa Enrico IV.

Alla successione si oppongono i cattolici intransigenti, guidati dal duca di Mayenne, un Guisa, sostenuto da Filippo II. Il Borbone è sostenuto da parte del Parlamento di Parigi, dai robins, quei titolari degli uffici che rappresentano l’ossatura dello Stato e che come giuristi e come pratici sono legislatori e garanti delle leggi, e dalla Chiesa gallicana che rifiuta l’alleanza tra la Chiesa romana e la Spagna, una potenza straniera.

Il nuovo pontefice, Clemente VIII Aldobrandini, appartenente a una famiglia toscana filofrancese, eletto nel gennaio del 1592, non vuole permettere che, a causa della successione di un Borbone protestante, la corona francese diventi scismatica e auspica il ritorno della Francia al cattolicesimo anche per bilanciare lo strapotere della Spagna. Enrico di Borbone, non ancora riconosciuto dalla Lega Cattolica, che rappresenta la maggioranza del Paese fedele alla Chiesa romana, abiura allora al protestantesimo nel 1593 e si converte alla fede cattolica. Il 27 febbraio 1594 è incoronato solennemente nell’antica cattedrale di Chartres. A Roma trova molte simpatie, e nel dicembre del 1595 ottiene l’assoluzione che legittima da un punto di vista religioso la sua ascesa al trono. Enrico IV riconquista così le province che hanno aderito alla lega, grazie anche all’appoggio dei contadini, che dopo insurrezioni e scontri aperti con i feudatari aderiscono decisamente allo schieramento monarchico.

Il re risolve poi la questione religiosa con l’editto di Nantes (13 aprile 1598), che, ripetendo gran parte delle disposizioni contenute negli editti precedenti, garantisce agli ugonotti i diritti politici e la libertà di culto pubblico in tutta la Francia, con l’esclusione di Parigi.

Diversamente dai suoi predecessori, Enrico IV si è imposto con la forza ai suoi nemici e ha pacificato il Regno con leggi e trattati, ma per far fronte alle esigenze finanziarie dà un forte impulso alla vendita degli uffici, che per Bodin significa “vendere lo Stato”, e nel 1604 con la paulette, un diritto annuale, ne riconosce la trasmissione ereditaria: gli uffici diventano così un bene patrimoniale delle famiglie e si formano dinastie di burocrati legate da uno spirito di corpo. Anche sul piano internazionale i conflitti si placano: la pace con la Spagna è stabilita a Vervins nel 1598, quella con il duca di Savoia nel 1601 con il trattato di Lione per il quale la Francia perdeva il Marchesato di Saluzzo in cambio di alcuni territori transalpini.

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