Festival di Cannes 2024, parlano Gerwig, Favino e gli altri giurati
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Festival di Cannes 2024, parlano Gerwig, Favino e gli altri giurati

Apputamento d'obbligo, in attesa dell'apertura di questa sera, con la conferenza stampa della Giuria Internazionale che assegnerà la Palma d'Oro e gli altri premi. Una conferenza piena di retorica e buoni sentimenti, con un occhio al cinema e uno alla politica.

Festival di Cannes 2024, parlano Gerwig, Favino e gli altri giurati

Nessuna egemonia morettiana (o non) come lo scorso anno, molta diplomazia, una discreta dose di politica, la voglia di schierarsi dalla parte dei giusti dicendo cose ovvie, condivisibili, nelle quali il buonsenso viene ammantato di quel tanto di studiata naïveté d’artista. Insomma: che noia la conferenza stampa della Giuria Internazionale del Festival di Cannes 2024, l’appuntamento pomeridiano che riempie il pomeriggio altrimenti un po’ vuoto dei cronisti di mezzo mondo, in attesa della prima montée des marches, e della cerimonia inaugurale della serata.

La parte della leonessa, come prevedibile, l’ha fatta la presidente Greta Gerwig (peraltro: ditemi voi se è possibile chiedere a Gerwig di fare la presidente, e a uno come Hirokazu Kore-eda il giurato semplice).
Le sue dichiarazioni però sono zuccherose come il vestito da bomboniera che indossa: “È ancora più di un sogno diventato realtà, mi dò i pizzichi da sola per verificare che non stia sognando”, dice rispetto al ruolo che è stata chiamata a ricoprire. “Una delle cose che mi piacciono di più nella vita è vedere i film e poi discuterne, e farlo qui per 12 giorni, assieme a persone di questo calibro, è fantastico”.
Le persone di questo calibro, oltre al citato Kore-eda, sono le attrici Lily Gladstone e Eva Green, i registi Juan Antonio Bayona e Nadine Labaki, l'attore Omar Sy, e la sceneggiatrice e fotografa turca Ebru Ceylan (moglie di Nuri Bilge). Oltre, ovviamente, al nostro Pierfrancesco Favino, che dal palco si esprime in inglese, con un accento che non sono riuscito a decifrare.

Anche lui, come tantissimi altri suoi colleghi, è d’accordo con Eva Green (d’altronde: come non essere d’accordo con una donna di tale fascino e bellezza?) quando dice che il compito del giurato è difficile, perché “l’arte è soggettiva, ma dobbiamo soprattutto perché un premio a Cannes può cambiare la vita di un cineasta, e dobbiamo agire con grande senso di responsabilità”.
È d’accordo con Green, Favino, anche quando lei dice che, in un film, va “alla ricerca di qualcosa che mi scuota, mi provochi, mi emozioni, che abbia le corde della pancia prima di quelle del cervello”.
Difatti, Favino parla della voglia di “perdersi nelle interpretazioni degli altri, di essere sorpreso e trasportato dalle storie. Spero, vedendo i film del concorso, di dimenticare dove sono e essere trasportato altrove”.

Spera, Favino, anche di “avere la possibilità di condividere pensieri, cambiare idea, imparare qualcosa”, nel corso delle riunioni di giuria, che ha definito in qualche modo uno spazio di libertà (“non solo in senso fisico”) che nel mondo di oggi diventa sempre più raro.
Eccola qui, la politica, la guerra, i conflitti, evocanti anche dalle domande dei giornalisti. “Se posso stare qui a Cannes senza sentirmi in colpa rispetto a quel che succede nel mondo”, dice Favino”, è perché se cerchiamo la bellezza nel cinema, e cercare la bellezza è una delle poche cose cui noi che il cinema lo facciamo di possiamo aggrappare, cerchiamo in qualche modo anche la pace”.
Imagine all the people, sembra di sentire. Specie quando Nadine Labaki rincara la dose: “I film possono scavare in profondità nella natura e nella condizione umana, possono aprirci gli occhi, farci conoscere realtà che non conoscevamo, spingerci a prendere posizione e a entrare in azione di fronte alle ingiustizie”, dice la regista libanese. “Credo al potere delle immagini sul grande schermo, credo che il cinema possa parlarti a livello emotivo, e cambiare davvero le cose”.
Gli altri annuiscono, giurati e giornalisti.

Poi comunque parla quasi sempre Greta Gerwig. La quale, si tratti di domande sul MeToo, sulle proteste dei lavoratori del Festival di Cannes, del film sul giovane Donald Trump, o della presenza di donne in concorso, la prende sempre larghissima: “Le cose si stanno muovendo nella direzione giusta, ci vuole tempo per cambiare le cose”; “sto sempre coi lavoratori e spero in un accordo che soddisfi entrambe le parti”, “quindici anni fa non avrei immaginato ai festival e al cinema ci potessero essere tanti film diretti da donne”, “cerco di vedere ogni film col cuore e con la mente aperta, sperando di essere sorpresa”. 
La conferenza è finita, andate in pace.

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