Si fa presto a chiamarli ‘biscotti’, i savoiardi, senza pensare che in realtà si tratta esattamente della loro nemesi. Una volta dimenticate le versioni asciutte e ‘sbriciolose’ delle versioni industriali (quelle comprate al supermercato per sbrigarsi col tiramisù) si apre il racconto di ricette antichissime, che danno dolci soffici e ariosi la cui preparazione è tutto fuorché banale. Mentre nel nome dichiarano una netta discendenza italo-francese — è anche un po’ merito loro se i Savoia hanno ‘fatto carriera’ —, i dolcetti oblunghi si trovano in diverse altre enclave sparse per il paese. A ricordare come politica, storia e gastronomia abbiano sempre molto a che vedere le une con le altre. Queste le origini e gli sviluppi dei savoiardi, insieme ai consigli su dove assaggiarne di fatti davvero bene.
Le origini dei savoiardi: una storia ‘reale'
Nel 1348 (o forse 1365) Amedeo IV di Savoia era un giovane conte di grandi ambizioni. Viveva a Chambery, nel pieno del territorio tra Italia, Francia e Svizzera che ha dato il nome alla sua casata. Al passaggio di Carlo di Lussemburgo, il futuro imperatore Carlo IV, fece preparare al cuoco di corte uno scenografico dolce a forma di castello, circondato da montagne e sormontato dallo stemma imperiale. Il quale era costruito — pare — proprio con i ‘biscotti’ di sole ‘uova, zucaro e farina’ che conosciamo oggi. In seguito il regnante si ricordò di quell’atto di vassallaggio, nominando il Savoia vicario imperiale e spianando alla famiglia la strada prima verso il titolo ducale e in seguito reale. L’impasto poi è evoluto nei secoli, diffondendosi da quelle parti e poi diventando popolare in Europa grazie alla trascrizione di Alexandre Dumas (sì, l’autore de Il Conte di Montecristo) di due ricette dei biscuit de Savoie nel Grande Dictionnaire de la Cuisine, pubblicato postumo nel 1873.
Le varianti regionali dei savoiardi, tra Piemonte, Sardegna e Sicilia
Amati dagli esponenti di tutte le età, i Savoia hanno portato il dolcetto con sé laddove il regno (o influenza politica) si è allargato. Naturalmente in Piemonte, dove c’è chi lo chiama ancora el biscotìn, e poi in Sardegna. Lì è diventato una specialità di Fonni, ma i pistoccus de caffei si preparano un po’ ovunque, un po’ più larghi e soffici rispetto alle versioni moderne. In Liguria i caporali dimostrano una diretta discendenza, mentre in Sicilia ce ne sono molte versioni: dai saviarda trapanesi ai biscuttina di Enna, per arrivare ai raffioli di Caltanissetta, dove si vendono direttamente sulla carta da forno sulla quale sono poggiati in cottura.
Apprezzati, sì, ma ‘con riserva’: “Ora tutti Savoiardi sono! Ma io, i Savoiardi me li mangio col caffè, io!”, esclamava un esasperato Don Ciccio Tumeo nel Gattopardo. Sono arrivati poi anche in Molise col nome di prestofatti e godono di buona popolarità anche all’estero. In Gran Bretagna, imprescindibili per la torta Charlotte, li chiamano ladyfingers; in Francia invece la loro forma ‘a cucchiaio’ ha suggerito biscuits à la cuillère.
Dove assaggiare i migliori savoiardi artigianali
Va da sé, quindi, che gli artigiani competenti in materia si trovino in svariate zone. A Torino consigliamo quelli de Alla Vecchia Maniera, una pasticceria al lavoro del 1978 che li fa classici, ma anche con ricette più estrose agli agrumi siciliani, al cioccolato e cocco, al pistacchio, all’alchermes e alle mandorle e caffè. Molto famosi, a Bra, anche quelli del Bar Pasticceria Gelateria Converso. Un Locale Storico d’Italia che adotta una ricetta del 1838 e ne sforna di particolarmente soffici, dentro apposti stampini.
Nel nuorese, e in particolare — appunto — nella città di Fonni, c’è il biscottificio artigianale di Giovanni Moro, apprezzato per i suoi ‘SavoSardi’, mentre a Dorgali Esca Dolciaria, che dagli Anni Settanta produce tipicità, tra pane carasau, torrone sardo e biscotti. Per andare sul sicuro, online si possono ordinare e far arrivare un po’ ovunque i savoiardi del maestro Iginio Massari, in una versione impreziosita da bacche di vaniglia e profumo di limone. Un peccato pensarci solo per il tiramisù.
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