C’è stato nella musica, in tutta la musica, mondiale e a ogni livello, un prima e dopo Elvis Presley. Il Re, il mito del rock and roll, leggenda intramontabile rivive nel film di Baz Luhrmann in sala a partire dal 22 giugno. A interpretare Elvis è Austin Butler, il “Colonnello” Parker è Tom Hanks, Helen Thomson recita nei panni della madre di Elvis, Gladys; Richard Roxburgh in quelli del padre di Elvis, Vernon, mentre Olivia DeJonge interpreta Priscilla. È l’ennesimo omaggio, racconto, celebrazione di un’icona intramontabile del Novecento.

“Prima di Elvis non c’era niente”, ha detto John Lennon. “Ascoltare Elvis per la prima volta fu come scappare di prigione”, ha confessato Bob Dylan. Il ragazzino di Tupelo esploso a Memphis e diventata stella globale fu una rivoluzione, un cambiamento troppo grande da portare sulle spalle di una persona sola, un tornado che spazzò via tutto, che cambiò le leggi della musica e si impose nella cultura pop. La sua leggenda è immortale: più di un miliardo di dischi venduti in tutto il mondo, 68 singoli nella Top 20 di Billboard tra il 1956 al 1977, unico artista in quattro categorie Hall Of Fame: rock, gospel, country e rockabilly, la sua monumentale residenza Graceland è monumento nazionale e tra i luoghi più visitati degli Stati Uniti. Innumerevoli i fun club a milioni in tutto il mondo. E c’è qualcuno che ancora lo avvista, lo riconosce da qualche parte, che lo vorrebbe in fuga da quella fama e da una vita che divenne un tormento, un vicolo cieco. Effettivamente, in qualche modo, Elvis non se n’è mai andato.

Chi era Elvis Presley

Elvis Aaron nacque a Tupelo, nel Mississippi, l’8 gennaio del 1935. Suo fratello gemello Jessie Garon morì poche ore dopo il parto. Il padre non aveva un lavoro fisso, la madre faceva lavori serali per recuperare qualche soldo. Il Re crebbe in condizioni economiche precarie, nel profondo Sud, nell’America ancora piegata dalle conseguenze della Grande Depressione, in una modesta casa in un quartiere povero, accanto a quello degli afroamericani. I genitori erano molto cattolici e fu in chiesa che il Re del rock scoprì la musica: il gospel. A otto anni si fece regalare una chitarra.

La famiglia si trasferì a Memphis, nel Tennessee. Elvis Aaron da aveva un carattere introverso, comprava i suoi vestiti in Beale Street, nel quartiere nero, e trovò lavoro come camionista per la Crown Electric. Proprio mentre lavorava con un camion della ditta notò sulla Union Avenue un piccolo studio di registrazione, i Sun Studios. Era il 5 luglio 1954. Decise di registrare un disco come regalo di compleanno per la madre. My Happiness, una canzone tradizionale, al costo di un dollaro. Sam Phillips, proprietario dello studio restò colpito già in cabina di regia e lo bloccò subito, convocò i sessionman Scotty Moore alla chitarra e Bill Black al basso. La formazione registrò That’s All Right Mama, un vecchio pezzo country di Artur Crudrup, e la musica cambiò per sempre.

Il 45 giri That’s All Right Mama/Blue Moon Of Kentucky ebbe un successo enorme. Qualche giorno dopo, nel primo concerto all’Overton Park Shell, Elvis si esibì nei suoi movimenti di bacino e di gambe che mandarono in estasi il pubblico e che lo avrebbero reso famoso in tutto il mondo. I singoli successivi confermarono il talento sconfinato del ragazzo e le sue enormi potenzialità. Divenne in pochi giorni una delle stelle musicali più esaltanti degli Stati Uniti. Era solo l’inizio del successo senza precedenti di un idolo.

Con Elvis cambiarono il modo di presentarsi, quello di cantare, quello di interpretare. Fu una rivoluzione di stile e di approccio, selvaticità e carica sensuale sul palco, sia tenerezza che erotismo, la genesi del primo teen idol, un giovane che cantava per i giovani. La Sun Records divenne da piccola casa discografica un punto di riferimento del mondo della musica, fu però costretta a vendere il contratto di Elvis a alla Rca per la cifra record di 35mila dollari. È qui che entra in scena Thomas Andrew Parker, detto “Il Colonnello”, che sarebbe rimasto il suo manager per tutto il resto della carriera del fenomeno di Tupelo.

A gennaio 1956 Elvis tenne le prime sessioni ufficiali di registrazioni per la Rca a Nashville, Il Colonnello organizzò un tour di esibizioni nelle principali trasmissioni nazionali. Il 28 gennaio la prima: allo Stage Show di Tommy e Jimmy Dorsey. Heartbreak Hotel/ I Was The One schizzò in testa alle classifiche e l’esibizione di Elvis suscitò sia stupore che scandalo. Il suo modo di ballare gli valse il soprannome di Elvis The Pelvis, qualcosa di indigeribile per l’America puritana e benpensante. Al Toast Of The Town di Ed Sullivan fu censurato dalla cintola in su. Il primo album, Elvis Presley, uscì nel marzo 1956. Fu il primo album rock a superare il milione di copie vendute. Le successive pubblicazioni replicarono il successo mentre la collaborazione con i compositori Jerry Leiber e Mike Stoller divenne tra le più prolifiche della storia della musica.

 

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Elvis Presley (@elvis)

Il fenomeno Elvis

Il fenomeno Elvis era incontenibile: il 19 novembre del 1956 uscì il suo primo film, Love me tender, come uno dei suoi pezzi più noti di sempre, da crooner. I riscontri al botteghino e gli investimenti nel merchandising (t-shirt, rossetti, portafogli e altri gadget) furono anche quelli senza precedenti. La cavalcata fu interrotta dalla chiamata per l’obbligo di leva che arrivò al distretto militare di Memphis il 20 gennaio 1958. Elvis accettò senza polemiche: fu arruolato a Fort Chafee, in Arkansas, trasferito a Fort Hood, in Texas, destinato a Frielberg, in Germania, come autista di jeep e camion.

L’unico privilegio fu la possibilità di vivere fuori dalla caserma, a Bad Nauheim, con il padre, la nonna e altri familiari. Fu l’univa volta che viaggiò in Europa. Fatta eccezione per qualche concerto in Canada, non lasciò mai gli USA. Il servizio del sergente Presley finì il primo marzo del 1960 e il suo ritorno sulle scene fu celebrato in maniera trionfale allo show televisivo di Frank Sinatra. Il 14 agosto del 1959 intanto era cambiata irrimediabilmente la sua vita: la madre Gladys, con la quale aveva un rapporto al limite del morboso, morì per le conseguenze di una grave epatite.

Al ritorno il Re riprese da dove aveva lasciato, consacrando la svolta crooner con successi come It’s now or never, Surrender e Are you lonesome tonight. Conferme arrivarono soprattutto dal cinema con i successi di G.I. Blues, Flaming Star e Blue Hawaii. Dal 1963 al 1966 girò 11 film da protagonista. Le canzoni delle colonne sonore puntualmente decollavano in classifica. Dopo le date della primavera del 1961 scomparve del tutto e per un pezzo la sua attività concertistica. Il 1967 fu un anno di svolta con la pubblicazione di un album completamente estraneo al mondo del cinema, How Great Thou Art, e il matrimonio con Priscilla Beaulieu, figlia di un colonnello della United States Air Force, conosciuta durante il servizio militare in Germania. La coppia si sposò a Las Vegas, in una suite dell’Aladdin Hotel, l’1 maggio 1967. Il primo febbraio 1968 nacque la sua unica figlia, Lisa Marie.

È in questi anni che comincia a crescere l’insoddisfazione del cantante: per le commedie insipide e macchiettistiche e la musica sempre meno seguita. Una scossa arrivò dalle Burbank Sessions registrate a Los Angeles nel giugno 1968: dopo sette anni davanti a una platea il “re del rock and roll” si esibì nei leggendari Elvis ’68: Comeback Special. Lo spettacolo andò in onda il 3 dicembre 1968 e mise d’accordo critica e pubblico con uno share del 42% di telespettatori. Fu una nuova svolta, con l’album From Elvis in Memphis e dell’ultimo film: Change of Habit. Il singolo Suspicious Minds nel settembre 1969 lo riportò in testa alle classifiche dopo oltre dieci anni.

Il declino

All’International Hotel di Las Vegas tenne una serie di concerti le cui registrazioni finirono in From Memphis To Vegas/From Vegas To Memphis. La sua attività live divenne sempre più fitta. Non è stato mai chiarito perché Elvis non volle fare tournée mondiali, in Europa, da dove arrivavano tantissime richieste. Restò nella storia il suo incontro nel dicembre 1970 con il Presidente Richard Nixon nel quale in un colloquio privato dichiarò il suo patriottismo e il ripudio della cultura hippie delle droghe. L’lp del giugno 1970 Elvis Country (I’m 10,000 Years Old) è ancora oggi considerato uno dei suoi album più riusciti.

Il documentario Elvis On Tour, della Metro Goldwin Meyer, vinse il Golden Globe per il Miglior Documentario. L’ultima volta ai vertici della top ten, con Burning Love, fu nel giugno del 1972. Era intanto entrata in crisi la sua relazione coniugale: la separazione da Priscilla era arrivata nel febbraio del 1972, dopo che la moglie aveva confessato una relazione con Mike Stone, l’insegnante di karate consigliatole dallo stesso Elvis. Lui invece aveva avuto una relazione con Joyce Bova, ex-impiegata alla Casa Bianca, e dopo il divorzio con Linda Thompson, ex-reginetta di bellezza di Memphis. Proprio in questo tormentato periodo tenne a Honolulu lo show Elvis: Aloa From Hawaii, che venne trasmesso in mondovisione e visto da un pubblico stimato in un miliardo di telespettatori in quaranta Paesi.

Era però cominciato il tramonto. Dopo l’aggressione di un fan, sventata grazie alla sua conoscenza delle arti marziali, si isolò progressivamente, protetto da un entourage che divenne noto come la “Memphis Mafia”. Depressione, abuso di farmaci, barbiturici, tranquillanti e anfetamine peggiorarono sempre più la sua salute psicofisica. Ingrassò notevolmente, assunse atteggiamenti maniacali e instabili. Era un’altra persona quella che partiva per gli ultimi tour. La sua ultima volta in studio di registrazione fu nel marzo del 1975 per registrare Today!. A maggio 1976 From Elvis Presley Boulevard, Memphis, Tennesse fu pubblicato dopo essere stato registrato interamente a Graceland.

Com’è morto Elvis Presley

Ai problemi fisici si aggiunsero quelli finanziari che lo costrinsero a tour sempre più estenuanti. Gli spettacoli divennero sempre più scadenti. Spesso Elvis non si presentava sul palco, dimenticava le parole. Soffriva di glaucoma, pressione alta, colite spastica e problemi epatici. E abusava di droghe. La sua ultima apparizione dal vivo fu il 26 giugno del 1977 alla Market Square Arena di Indianapolis. L’ultimo album fu pubblicato nel luglio 1977, Moody Blue, ricavato dalle sessioni a Graceland. La mattina del 16 agosto, mentre si preparava il nuovo tour che sarebbe partito da Portland, la nuova compagna Ginger Alden trovò Elvis Presley riverso sul pavimento del bagno. La notte prima si era intrattenuto con l’entourage e cantò per l’ultima volta un brano, Blue eyes crying in the rain. Non riuscendo a dormire assunse un’ulteriore dose di barbiturici. La compagna lo ritrovò introno alle 13:30.

Il comunicato recitava un generico: arresto cardiaco. Alle 15:30 fu dichiarato morto, aveva 42 anni. La notizia fece il giro del mondo. Ai cancelli di Graceland arrivarono 80mila persone. I fiorai di Memphis non riuscivano a stare dietro alle richieste. I funerali del 18 agosto furono tramessi in diretta televisiva da milioni di persone. Il carro funebre, nella calca, uccise due donne e ne ferì una terza. Il corpo del mito fu inumato accanto a quello della madre ma a causa di un tentativo di furto nell’ottobre del 1978 venne trasmesso nel Meditation Garden di Graceland. I pellegrinaggi alla villa del Re da tutto il mondo non si sono mai fermati.

 

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Elvis Presley (@elvis)

Avatar photo

Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.