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Ursula a Roma ma non da Giorgia: la coppia che vuole comandare l’Ue ma deve nascondersi

C’è ancora un mese di clandestinità in vista nel rapporto tra Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen. Fino alle europee del 6-9 giugno, la premier italiana non può permettersi nemmeno una photo opportunity con la presidente della Commissione europea. Ed è così che tra poche ore, quando la tedesca arriverà a Roma per la sua tappa italiana di campagna elettorale, le due saranno costrette a non vedersi. Il che è una bestemmia dopo l’affiatamento costruito nell’ultimo anno di incontri, sorrisi, empatia, viaggi in Africa insieme alla ricerca di accordi per fermare il flusso dei migranti nel Mediterraneo

Nella capitale italiana Ursula incontra solo il ministro e vicepremier Antonio Tajani e i candidati di Forza Italia. La sua presenza servirà a dare il via alla campagna del Ppe in Italia in vista del voto di giugno. Appuntamento tutto politico, in cui la tedesca cercherà di vestire solo i panni della candidata dei Popolari a succedere a se stessa alla guida della Commissione europea nella prossima legislatura. E però non è un mistero che l’appoggio di Meloni, leader della famiglia avversaria dei Conservatori e riformisti europei, le sarà prezioso e imprescindibile per superare le forche caudine al tavolo dei leader post voto e uscirne come la papabile per la nomina da sottoporre al voto dell’Europarlamento, dove gli eurodeputati meloniani, stando ai sondaggi una trentina, saranno a loro volta fondamentali per la ratifica della plenaria di Strasburgo a settembre.

Von der Leyen ha bisogno di Meloni più di quanto la premier italiana abbia bisogno di lei. “La combinazione tra l’ambiziosa e sfuggente Meloni e una von der Leyen dipendente e bisognosa è potenzialmente pericolosa per l’Europa”, scriveva il Guardian qualche giorno fa, facendo notare che l’accoppiata della tedesca e dell’italiana sta portando “a destra” l’Europa e riconoscendo allo stesso tempo che “è il momento di Meloni”, “diventata ‘il leader necessario per l’Europa’” con “un’influenza destinata ad espandersi il mese prossimo, quando fino a 450 milioni di elettori aventi diritto in 27 paesi sceglieranno un nuovo Parlamento europeo. I partiti nazionalisti-populisti di estrema destra, tra cui Fratelli d’Italia, sono pronti a ottenere ampi guadagni a scapito della sinistra e dei verdi”.

Il piano è quasi perfetto, costruito passo dopo passo con il cedimento di tutto il Ppe alle tesi di Meloni sui migranti e il Green deal, malgrado l’agenda verde fosse la bandiera di von der Leyen quando ha avviato il primo mandato alla presidenza della Commissione cinque anni fa. Ma Ursula non ha avuto difficoltà riposizionarsi a favore del vento montante di destra in tutto il continente. Da parte sua, Meloni si è aperta le porte del potere in un paese centrale della geopolitica occidentale come l’Italia prendendo le distanze da Putin e schierandosi con la Nato e l’Ucraina. Rispetto al cancelliere Olaf Scholz, che con la sua Spd soffre la rimonta della Cdu in Germania e l’avanzata dell’estrema destra dell’Afd, e rispetto al presidente francese Emmanuel Macron, che in Francia deve fronteggiare il 30 per cento dei consensi che i sondaggi assegnano a Marine Le Pen, di certo Meloni è posizionata meglio nella trattativa sulle cariche apicali dell’Ue per la prossima legislatura. 

A meno che Francia e Germania non giochino di sponda con la Polonia per isolare la premier italiana, approfittando del fatto che a Varsavia non governano più i sovranisti del Pis, partito alleato di Meloni nei Conservatori e riformisti europei, ma il Ppe di Donald Tusk. Ad ogni modo, il Ppe tedesco non dà alcun segnale di voler prendere le distanze da Meloni. Anzi. È di qualche giorno fa la visita a Roma di Markus Soeder, presidente della Baviera e leader della Csu, alleata della Cdu dai tempi di Angela Merkel. Ora anche lui non fa che parlare bene di Meloni, dopo averla criticata per mesi e dopo aver ingaggiato scontri diretti con il presidente dei Popolari europei, il bavarese Manfred Weber, proprio per la sua scelta di aprire alla leader italiana. 

Se questa è la cornice, è difficile per tutti gli altri aggirare Meloni, soprattutto in prospettiva di una eventuale vittoria di Donald Trump alle presidenziali Usa a fine anno. Una volta sciolti i nodi tra Mosca e Kiev, a favore della seconda, la premier italiana è entrata anche nel cuore del democratico Joe Biden, ma si sa che nel suo partito adorano il Tycoon e se ‘The Donald’ tornasse alla Casa Bianca anche i cuori di Fdi ricomincerebbero a palpitare per Washington. Per Meloni, tra l’altro, potrebbe essere il momento della verità: con Trump, che vorrebbe ritirare l’impegno militare Usa al fianco dell’Ucraina, o con l’Ue che proprio al vertice Nato del prossimo luglio a Washington tenterà di assicurare il sostegno atlantico per il futuro indipendentemente da Trump? Ad ogni modo, Giorgia si è messa in maniera tale da cavarsela in entrambi i casi. Ultimamente, con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, ha anche avviato un percorso di rigore sui conti per sgonfiare anzitempo il caso - già annunciato - della procedura Ue per disavanzo eccessivo (a giugno) e per aprire la strada ad un maggiore contributo italiano per la Nato, come chiedono gli Usa di Biden ma anche quelli di Trump. Complicato, ma lei sta evitando il frontale con gli interlocutori europei e americani su questi temi. Furba. 

Da ottima sponda americana in Europa, con l’elmetto a Kiev quando è servito, von der Leyen è ben conscia della necessità di continuare a ingraziarsi la premier italiana per conquistare il bis a Palazzo Berlaymont. Tanto che quando gliel’hanno chiesto, al confronto con gli altri candidati organizzato da politico.eu lo scorso 30 aprile, la tedesca non ha escluso la possibilità di accordi con la destra di Meloni. No a intese con Identità e democrazia, il gruppo di Le Pen, Salvini, l’Afd. Ma con i Conservatori e riformisti europei, e Fratelli d’Italia nello specifico, il calcolo è diverso. “Molto dipende dalla composizione del Parlamento e da chi fa parte di quale gruppo”, sono le parole di von der Leyen che lasciano a bocca aperta il commissario Nicolas Schmidt, candidato per i socialisti alla presidenza della Commissione, nonché il Verde  Bas Eickhout. 

Ora, proprio a Berlino, socialisti, Verdi e liberali hanno firmato una dichiarazione comune di intenti che chiude a eventuali accordi con le destre al Parlamento europeo. Ma il Ppe non ha voluto firmare, lasciandosi aperte tutte le porte, finanche eventuali collaborazioni con l’Afd e Identità e democrazia. “Non voteranno mai il nostro candidato alla presidenza ma se dimostrassero di voler collaborare, perché no?”, ci dice l’eurodeputato di Forza Italia Massimiliano Salini, candidato anche per la prossima legislatura.

Insomma, benché la sua candidatura non sia stata decisa da un plebiscito al congresso del Ppe a Bucarest a marzo, benché un minuto dopo la nomina sia stata bersagliata dalle critiche della sua possibile maggioranza futura (macroniani e socialisti), von der Leyen è colpita ma non affondata. E soprattutto, per farcela, continua a tenere più di un filo di collegamento con la ‘l’influencer’ Meloni. Ma entrambe sono costrette a mantenere le distanze ora. La tedesca per non innervosire ulteriormente gli altri partner, dai liberali ai socialisti, di cui non potrà fare a meno per la rielezione. Loro a loro volta potranno superare i problemi sul campo contrattando sulle altre cariche a disposizione. L’italiana per non provocare Salvini, che non perde occasione per attaccare la linea governista della premier nei rapporti con la burocrazia di Bruxelles. Meloni avrebbe voluto uno Spitzenkandidat tutto suo cui aggrapparsi, una figura dei Conservatori e riformisti europei, ma non è riuscita nell’impresa che le è stata bloccata proprio dai suoi alleati polacchi, il solito Pis, che invece, ora che è all’opposizione, ha idee più bellicose sulla campagna elettorale: più attacco contro l’Ue, che governo insieme all’Ue. E allora è rimasta Giorgia, anche sulla scheda per accecare chi mai potesse notare l’assenza di un candidato Conservatore utile a smarcarsi da Ursula. C’è la tedesca, l’importante è ‘amarsi’ a distanza, di nascosto dalle telecamere, fino alle elezioni. 

 

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