Napoleone Bonaparte: leader illuminato o tiranno? | National Geographic

Napoleone Bonaparte: leader illuminato o tiranno?

Dopo la morte, così come in vita, Napoleone Bonaparte divide l’opinione pubblica e suscita sentimenti forti in merito alla sua ascesa al potere e alla sua caduta.

DI Jacqueline Charles

pubblicato 29-04-2024

Napoleone Bonaparte: leader illuminato o tiranno?

Napoleone Bonaparte morì il 5 maggio 1821 a Sant’Elena, una lontana isola in mezzo all’oceano Atlantico meridionale, dove viveva in esilio. Aveva 51 anni. Questi oggetti a lui legati sono in mostra nell’abitazione privata di Giovanni Spadolini, ex Presidente del Consiglio italiano, che ha collezionato una grande quantità di libri, documenti e altri manufatti.

FOTOGRAFIA DI Sergio Ramazzotti

Correva l’anno 1802. La più ricca colonia francese, Santo Domingo, sull’isola caraibica di Hispaniola era in rivolta.

Mentre gli ex schiavi lottavano contro i loro padroni francesi, un’alleanza di generali neri e di razza mista combatteva per riportare l’ordine sotto il dominio francese.

Arrivarono poi notizie da Guadalupa, un’altra colonia francese nei Caraibi. I neri affrancati, ribellatesi alle truppe francesi che cercavano di schiavizzarli nuovamente, avevano perso la battaglia.

Il generale e sovrano francese Napoleone Bonaparte era venuto meno a una promessa fatta quello stesso anno: il ripristino della schiavitù nelle colonie francesi avrebbe escluso Guadalupa e gli altri territori in cui i neri erano stati liberati durante la Rivoluzione Francese. Ma gli aspetti economici passarono in primo piano e Napoleone ripristinò a Guadalupa le leggi che erano state revocate quando la Francia aveva abolito la schiavitù nel 1794.

Napoleone Bonaparte: leader illuminato o tiranno?

La baia di Jamestown, capitale dell’isola di Sant’Elena, al tramonto. Napoleone Bonaparte trascorse qui i suoi ultimi giorni, esiliato per la seconda volta, dopo essere stato dichiarato fuorilegge nonché un ostacolo per il ristabilimento della pace dal Congresso di Vienna. 

FOTOGRAFIA DI Sergio Ramazzotti

Dopo otto anni di libertà, i neri a Guadalupa erano di nuovo in catene.

I combattenti neri così come quelli di razza mista – conosciuti come “mulatti” nei Caraibi – si resero presto conto che l’imponente dispiegamento di truppe francesi a Santo Domingo sotto il comando del generale Charles Leclerc, cognato di Napoleone, non era lì semplicemente per ristabilire l’ordine. Il loro compito era reintrodurre la schiavitù e ristabilire il controllo francese sull’intera isola dopo che il leader della rivolta degli schiavi Toussaint Louverture nel 1801 aveva emesso una costituzione con la quale si autoproclamava governatore generale a vita e decretato l’abolizione della schiavitù.

Improvvisamente si infiammò il movimento di resistenza che cominciò nel 1791 con una serie di atti di ribellione da parte degli schiavi dell’isola sebbene minato da conflitti interni, cambi di alleanze e l’arresto e la deportazione di Louverture. Gli accadimenti del 1802 avrebbero dato vita alla prima nazione post-coloniale indipendente guidata da neri: Haiti.

Napoleone Bonaparte: leader illuminato o tiranno?

Un murale raffigurante Napoleone Bonaparte nella piazza principale del piccolo borgo di Marciana Alta sull’isola d’Elba dove il capo militare fu mandato a trascorrere il suo primo esilio dopo le sue conquiste. 

FOTOGRAFIA DI Sergio Ramazzotti

Tali eventi avrebbero inoltre suggellato una pesante eredità per Napoleone Bonaparte, un lascito che, a circa 2 secoli dalla sua morte, rimane fonte di discussione.

“Nel 1802 Napoleone ripristinò la schiavitù e nel 2001 il parlamento francese ha dichiarato che per la legge la schiavitù coloniale fu un crimine contro l’umanità”, afferma Georges Michel, storico haitiano di Port-au-Prince, quindi per il ruolo avuto nel ripristino della schiavitù, Michel considera Napoleone “colpevole di crimini contro l’umanità”.

Michel vede dell’ironia nel modo in cui è morto il più famoso dei francesi: “Napoleone catturò Toussaint Louverture e lo fece prigioniero finendo poi egli stesso la sua vita da prigioniero. I due ebbero lo stesso destino”.

Il professor Andrew Curran, esperto di studi francesi, ha affermato che su Napoleone è stato scritto moltissimo ma spesso si riscontra un’ellissi nella narrazione che omette la rivoluzione haitiana.

“In parte questo è dovuto al fatto che la rivoluzione haitiana, e la perdita di Santo Domingo, sono state un accadimento davvero incredibilmente potente e terribile per i francesi. È l’equivalente del Vietnam per gli americani”, aggiunge Curran, docente presso la Wesleyan University e autore di "The Anatomy of Blackness: Science and Slavery in an Age of Enlightenment" (in italiano, "Anatomia dei neri: scienza e schiavitù durante l’Illuminismo"). “Il fatto che questo grande Paese sia stato clamorosamente sconfitto da una popolazione che non era nemmeno considerata essere alla stessa altezza ha provocato una grande onta che si è trasformata nel razzismo più violento”.

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Longwood House sull’isola di Sant’Elena dove Napoleone Bonaparte trascorse gli ultimi sei anni della sua vita in esilio. La dimora in precedenza era stata la residenza del vice governatore britannico. Napoleone morì nella camera da letto di questa casa, all’età di 51 anni.

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Il primo esilio di Napoleone Bonaparte è avvenuto nel 1814 dopo il fallimento dell’invasione russa. Gli alleati europei ordinarono il suo trasferimento all’Elba, piccola isola al largo della costa toscana. Questa stanza a Villa dei Mulini, diventata poi museo nazionale, fu la residenza principale di Napoleone durante i suoi 300 giorni sull’isola. 

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La stanza a Villa dei Mulini, museo nazionale, fu la residenza principale di Napoleone Bonaparte durante l’esilio nel 1814 sull’Isola d’Elba, al largo della costa toscana.

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Il giardino di Villa dei Mulini, dimora di Napoleone Bonaparte sull’isola d’Elba durante i 10 mesi di esilio nel 1814. 

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Un’eredità ambivalente

Napoleone Bonaparte morì il 5 maggio 1821 in una casa umida e infestata dai topi a Sant’Elena, una lontana isola in mezzo all’oceano Atlantico meridionale dove viveva in esilio. Aveva 51 anni.

Le commemorazioni per il bicentenario della sua morte hanno riaperto vecchie ferite. La sua duplice e controversa eredità di eroe e tiranno riporta alla memoria l’oscuro passato coloniale della Francia che divenne una delle nazioni più ricche d’Europa grazie ai lavori forzati degli africani schiavizzati.

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La via principale di Jamestown, sull’isola di Sant’Elena, vista dalla terrazza del Consulate Hotel.

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Per gli haitiani non ci sono state deposizioni di ghirlande o messe cattoliche, come quelle programmate a Sant’Elena, o rievocazioni della vita di Napoleone, come quelle organizzate sull’isola d’Elba, dove il bicentenario del suo arrivo in esilio sull’isola l’11 aprile 1814 è stato celebrato con le fanfare.

Dopo la morte, così come in vita, Napoleone Bonaparte divide l’opinione pubblica e suscita sentimenti forti in merito alla sua ascesa al potere e alla sua caduta, al suo contributo alla Francia e all’eredità che ha lasciato nei Caraibi, in particolare ad Haiti, dove la sua impronta rimane impressa in una storia sanguinosa.

Napoleone Bonaparte: leader illuminato o tiranno?

Le rievocazioni storiche sull’isola d’Elba, al largo della costa toscana, hanno avuto come protagonisti i sosia di Napoleone Bonaparte, come Franco Giannoni qui nell’immagine, funzionario doganale in pensione. Napoleone trascorse 300 giorni in esilio all’Elba e le tracce della sua presenza rimangono visibili ancora oggi. 

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Leader illuminato o guerrafondaio?

Napoleone Bonaparte è considerato un autocrate illuminato e l’architetto della Francia moderna, dai suoi ammiratori. La creazione delle scuole secondarie statali, conosciute come licei e frequentate da molta dell’élite del Paese, nell’ambito della sua riforma del sistema scolastico, rimane una pietra miliare. Il suo contributo legale che prese forma nel Codice Civile abolì i privilegi feudali, unificò le leggi e gettò le basi per l’attuale diritto civile francese. Organizzò inoltre la Francia con un governo centralizzato e strutturato.

Persona pragmatica, promosse la scienza e reintrodusse la religione, mettendo sullo stesso piano giudaismo, protestantesimo e cattolicesimo, non perché avesse una fede religiosa ma perché lo ritenne politicamente necessario. Al suo apice portò alla Francia gloria e salvezza finanziaria dopo la confusione della Rivoluzione francese, i cui valori universali — “libertà, uguaglianza, fratellanza” — sono condivisi da molte nazioni, inclusa Haiti, che li ha adottati come motto ufficiale della repubblica. 

“Certo, la gloria di Napoleone si basa sulle sue vittorie militari”, afferma Peter Hicks, storico britannico presso la Fondation Napoléon di Parigi. “Forse non si confà molto al pensiero odierno ma allora era estremamente famoso per l’enorme successo dell’esercito francese e la sua crescita”. 

Napoleone Bonaparte: leader illuminato o tiranno?

Nella biblioteca a casa di Giovanni Spadolini, ex Presidente del Consiglio italiano, a Firenze, ci sono volumi di letteratura legata a Napoleone e un ritratto di Voltaire. Spadolini raccolse un’ampia collezione di libri, documenti e altri manufatti legati a Napoleone.

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Ma con il successo arrivarono anche fallimenti e sofferenza umana. Per i detrattori, Napoleone è stato un guerrafondaio e despota che ha negoziato, manipolato e politicizzato il suo percorso per culminare nel sanguinoso colpo di Stato del 1799. Il leader francese modificò poi la costituzione, tre anni dopo, per nominarsi Primo console a vita.

Napoleone non è associato al concetto di libertà individuale data la sua reintroduzione della schiavitù e il conflitto con Louverture che nella sua costituzione del 1801 dichiarò: “Tutti gli uomini nascono, vivono e muoiono liberi”.

Irritato non solo dal linguaggio della suddetta costituzione ma anche dall’autoproclamazione di governatore a vita di Louverture, Napoleone più tardi scrisse nelle sue memorie che “Toussaint sapeva bene che proclamando la sua costituzione, avrebbe gettato la maschera e sguainato la spada”.

Marlene Daut, professoressa associata di studi sulla diaspora africana presso l’Università della Virginia, afferma che evidenziare i contributi positivi di Napoleone “è come dire che le vite delle persone che lui distrusse in fondo non erano importanti”.

Napoleone Bonaparte: leader illuminato o tiranno?

Un raro puzzle tedesco del 1814 che raffigura l’ascesa e il declino di Napoleone Bonaparte nella Biblioteca della Fondazione Spadolini di Firenze.

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Un ritratto ricamato di Napoleone Bonaparte nella Biblioteca della Fondazione Spadolini di Firenze.

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Un posacenere su Napoleone nell’ufficio di Federico Galantini, storico di Sarzana che colleziona oggetti e documenti sull’ex imperatore.

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Una caricatura di Napoleone pubblicata in Inghilterra dopo il suo esilio a Sant’Elena esposta nella Biblioteca della Fondazione Spadolini di Firenze.

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Il numero totale di vittime civili e militari attribuite a Napoleone non vede concordi gli studiosi: lo storico francese Hippolyte Taine stima 1,7 milioni di morti mentre per altri tale numero non supera 600.000. Daut afferma che altri calcoli variano da tre milioni a sei milioni di persone. Questo è uno dei motivi per cui – continua – è un approccio un po’ strano quello di considerare Napoleone un eroe.

Il dibattito sull’eredità di Napoleone implica un profondo esame di coscienza che va oltre gli Stati Uniti, il razzismo, la discriminazione, il colonialismo e la schiavitù dei neri.

I francesi riconoscono che Napoleone sia stato un personaggio problematico, afferma Daut, ma non sempre riescono ad abbracciare una resa dei conti complessiva. “Ammettere che Napoleone fosse razzista per loro è come estendere questo aspetto a tutti i francesi e non possono farlo”, spiega. “Anche chi è incline ad ammettere i fatti e le azioni commesse — e in effetti gli accadimenti avvenuti non vengono negati — lo fa con estremo disagio per quelle che sono le implicazioni: cosa significa riconoscere la storia in termini del benessere che ha portato al Paese? In termini di prosperità di cui la popolazione gode? Cosa significa per l’identità dei francesi? Significa che tutto questo è stato costruito sulla pelle di innumerevoli vittime, e non solo ad Haiti”.

Napoleone Bonaparte: leader illuminato o tiranno?

Nel piccolo centro di Rio Marina, sull’Elba, l’edificio giallo sulla destra era la casa del governatore. Quando Napoleone visitava Rio Marina per supervisionare le attività di estrazione del ferro – che egli stesso aveva rilanciato – pernottava qui.

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La vita in esilio 

In esilio, la vita di Napoleone cambiò radicalmente. Come condottiero militare, portò a termine con successo numerose imprese durante le guerre rivoluzionarie e napoleoniche francesi, si auto-incoronò imperatore e sopravvisse a decine di tentativi di assassinio.

Ma alla fine perse tutti i suoi sostenitori e finì per essere bandito per ben due volte, prima all’Elba e poi a Sant’Elena.

Il suo primo esilio gli venne inflitto nel 1814 dopo il fallimento dell’invasione russa. Gli alleati europei lo costrinsero ad abdicare e lo spedirono all’Elba dove governò sui 12.000 abitanti della piccola isola al largo della costa toscana. Gli venne promesso del denaro che non arrivò mai dalla Francia in bancarotta e trascorse i suoi 300 giorni sull’isola riformandone l’amministrazione e l’economia, supervisionando la costruzione di strade e altri progetti.

Napoleone, che dichiarava di voler vivere “come un giudice della pace” era libero di muoversi. Non c’erano guardie a controllarlo, né navi intorno all’isola che ne impedissero la fuga. Ma quest’uomo che aveva condotto eserciti e aveva portato la corona dell’imperatore, diventava sempre più irrequieto.

Napoleone Bonaparte: leader illuminato o tiranno?

Le persone si radunano davanti alla White Horse Tavern di Jamestown, uno dei tre pub dell’isola di Sant’Elena.

FOTOGRAFIA DI Sergio Ramazzotti

Puntando tutto sulle forze armate francesi, che credeva ancora a lui fedeli, scappa e torna in patria, dove un gruppo di soldati lo sostiene nel tentativo di riconquistare il potere. Quell’impresa durò un centinaio di giorni.

“L’Europa era incredula, il mondo intero era incredulo”, racconta Hicks della Fondation Napoléon. “Quei cento giorni furono un evento straordinario. La gente era sbalordita, pensava: “Wow, e ce l’ha fatta? E la Francia non ha reagito, né in negativo né in positivo”.

Al tempo della fuga di Napoleone dall’Elba, nel febbraio 1815, i leader europei si trovavano riuniti al Congresso di Vienna, per riorganizzare l’assetto dell’Europa a seguito delle conquiste napoleoniche. Seppero della sua evasione e il 13 marzo, una settimana prima del suo arrivo a Parigi, Napoleone fu dichiarato un fuorilegge.

I britannici, suoi acerrimi nemici, avevano cercato senza riuscirci di bandire la schiavitù. In segno di spregio, e per apparire un sovrano liberale dopo il suo arrivo a Parigi, Napoleone dichiarò l’abolizione della schiavitù in Francia — per la seconda volta (ci vorranno oltre tre decenni perché i neri nei territori francesi vedano un reale cambiamento delle loro condizioni di schiavitù; nel 1848, la Francia diventa l’unico Paese ad aver abolito la schiavitù per tre volte, lottando tra interessi economici e razzisti e diritti umani).

Napoleone Bonaparte: leader illuminato o tiranno?

Quando Napoleone morì in esilio a Sant’Elena, il suo corpo venne deposto non in una bensì in quattro bare, messe una dentro l’altra: la prima fatta di stagno, due di mogano, e l’ultima in piombo. Fu sepolto in una tomba scavata nella terra a 3 metri di profondità.

FOTOGRAFIA DI Sergio Ramazzotti

Considerandolo un ostacolo al ristabilimento della pace, gli eserciti di Russia, Austria e Gran Bretagna a giugno si unirono un’ultima volta contro Napoleone e circondarono la Francia. I tre giorni della battaglia di Waterloo videro alla fine la sconfitta di Napoleone. Non riuscendo a fuggire in America, dovette infine arrendersi ai britannici.

Fu esiliato a Sant’Elena, uno scoglio brullo e battuto dai venti, remoto avamposto britannico al largo dalla costa africana. La colonia penale si trova nel mezzo dell’Atlantico meridionale a 1200 miglia dalla costa più vicina. Napoleone trascorse i suoi giorni curando il suo giardino e riscrivendo la storia nelle sue memorie.

Quando sopraggiunse la morte, sei anni dopo – apparentemente per un cancro allo stomaco – il corpo di Napoleone fu deposto non in una ma in quattro bare: la prima, quella che conteneva il corpo, di stagno, due di mogano e una di piombo. Fu sepolto sotto un salice in una tomba scavata a 3 metri di profondità. 

La paura di rappresaglie da parte dei fedeli a Napoleone e di possibili disordini in una Francia politicamente fragile tennero il leader di origini corse in esilio anche dopo la morte — sarebbero passati 19 anni prima che i suoi resti venissero riportati in patria. Al ritorno del suo corpo, folle di curiosi riempirono le strade per vedere il feretro trainato dai cavalli. I resti di Napoleone oggi sono conservati in un monumento nel complesso di Les Invalides a Parigi.

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Vista aerea dal mare di Portoferraio, il porto principale dell’Isola d’Elba. Questa veduta deve essere stata piuttosto familiare a Napoleone che trascorse 10 mesi in esilio sull’isola.

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Il retaggio di una rivolta di schiavi

Se il ripristino della schiavitù a Guadalupa nel 1802 fu un punto di svolta nella rivoluzione haitiana, la stessa funzione ebbe la cattura del suo leader, Louverture, che morì in solitudine in una fredda prigione francese.  

In quanto colonia francese, Santo Domingo aveva la più grande popolazione di schiavi dei Caraibi, molti dei quali subivano brutali pestaggi e altri atti di violenza. C’erano anche persone di razza mista e neri liberi che, pur non essendo in stato di schiavitù, erano soggetti a un rigido sistema di caste e subivano i soprusi dei leader bianchi dell’isola che gli negavano la cittadinanza. I tumulti furono aggravati dalla Rivoluzione francese, e nel 1793, per sedare i conflitti, la Francia pose fine alla schiavitù nella colonia. L’anno seguente la schiavitù fu abolita in tutti i territori francesi.

L’idea di riportare Santo Domingo allo stato di colonia in cui i neri venivano nuovamente ridotti in prigionia e le persone di origine mista assoggettate a un sistema di caste — come a Guadalupa e Martinica che erano appena tornate dal dominio britannico a quello francese — era impensabile.

“La missione di Napoleone, attraverso l’azione di Leclerc, era di riportare Santo Domingo al suo stato precedente al 1794, prima dell’inizio della rivoluzione”, racconta Pierre Buteau, storico e autore haitiano. “Decisero che l’unico modo per ristabilire il controllo a Santo Domingo sarebbe stato eliminare tutti i principali leader rivoluzionari”.

Ma l’obiettivo non erano solo i leader. In una lettera a Napoleone, Leclerc scrive che il movimento di abolizione è così potente che la riaffermazione del potere a Santo Domingo avrebbe richiesto una mossa drastica: eliminare l’intera popolazione nera adulta, inclusi i bambini di età superiore ai 12 anni.

“Stava per avere luogo una guerra di sterminio che avrebbe però portato alla Battaglia di Vertières”, afferma Buteau parlando dell’ultima grande battaglia della rivoluzione che determinò la cacciata definitiva della Francia dall’isola.

La repressione divenne brutale. Leclerc e il suo secondo in comando, il generale Donatien Marie-Joseph de Vimeur de Rochambeau, sguinzagliarono feroci cani addestrati per uccidere, annegarono i neri in mare ed esibirono in processione le teste dei ribelli morti in segno di avvertimento.

“La maggior parte delle immagini della rivoluzione haitiana del XVIII e XIX secolo mostrano neri con la testa di bianchi”, afferma Daut. “È molto strano perché in realtà era proprio il contrario”.  

“Presero esempio dai coloni bianchi perché questa era una loro abitudine”, continua: “qualunque persona libera che combattesse per i propri diritti o si lamentasse a causa di pregiudizi veniva punita con la decapitazione, la sua testa veniva poi messa su un palo e portata in processione per la città”.

Alcuni studiosi sostengono che la rivoluzione haitiana che rimane l’unica rivolta di schiavi che ebbe successo nella storia non dovrebbe essere considerata una delle sconfitte di Napoleone perché lui non era presente e l’esercito che mandò in spedizione era guidato da generali.

Altri affermano che è troppo tardi per Paesi a predominanza bianca come la Francia e la Gran Bretagna, che hanno un passato schiavista, per raccontare con trasparenza il passato dei propri imperi.

Napoleone dispiegò oltre 60.000 soldati sull’isola e ciononostante fu sconfitto. La rivolta inoltre arrestò i puoi piani di espansione a ovest, verso gli Stati Uniti, il che portò all’Acquisto della Louisiana, una mossa che costò alla Francia il principale gioiello della corona pur essendo un impero che si estendeva fino all’Africa e ai Caraibi.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato in lingua inglese su nationalgeographic.com.